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venerdì, Marzo 29, 2024

Condono illegittimo al confinante della coop Argo, il Tar annulla tutto!

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Il fabbricato abusivo ha arrecato danni agli assegnatari degli alloggi, in particolare a causa di una rampa da cui defluiscono le acque piovane. Nella istanza di sanatoria in base alla legge del 1985 si sosteneva che l’immobile fosse stato realizzato nel 1976, ma senza fornire alcuna prova. Eppure gli uffici comunali hanno preso per buone quelle dichiarazioni. Solo il ricorso ha consentito di ricostruire la verità

Il Comune di Ischia e la Cooperativa Argo di Campagnano si ritrovano continuamente contrapposti in contenziosi dinanzi ai giudici civili (per la nota questione delle aree contese) o amministrativi. Come in quest’ultimo caso, in cui il Tar Campania ha annullato il permesso di costruire in sanatoria rilasciato nel novembre del 2017 a un confinante della cooperativa. Bocciando di fatto l’operato degli uffici comunali.
A ricorrere al Tribunale amministrativo regionale è stata la legale rappresentante della Argo e assegnataria di uno degli alloggi, a difesa degli interessi propri e della cooperativa. Chiamando in causa il Comune, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e il confinante beneficiario della sanatoria di cui chiedeva l’annullamento, in uno con l’autorizzazione paesaggistica. Tutti costituiti in giudizio.

La ricorrente tra l’altro ha subito precisato di essere venuta a conoscenza, occasionalmente, del rilascio del condono solo ad aprile 2018.
In definitiva, il solito contenzioso tra confinanti, che coinvolge il Comune e che in questo caso si inserisce in un contesto già “turbolento”. La coop Argo, come è noto, è assegnataria del diritto di superficie per la realizzazione di alloggi di edilizia convenzionata sin dal 1979. Ebbene, «Tali edifici sarebbero stati pregiudicati dalla realizzazione di un vicino fabbricato costruito, senza titolo edilizio, oggetto degli atti impugnati, anche per effetto della realizzazione di una rampa abusiva sulle aree in concessione alla cooperativa ricorrente, rampa dalla quale durante le piogge provenivano grandi quantità di acque di scolo, ed attraverso cui viene esercitato un transito continuo di auto, anche per l’accesso al fabbricato oggetto degli atti impugnati, recante pregiudizio a causa di emissioni di rumori e gas di scarico a tutti gli assegnatari degli immobili della società cooperativa ricorrente ed alla ricorrente».
Contro quella occupazione abusiva la Argo era già ricorsa al giudice civile, che aveva condannato il confinante alla rimozione. Quanto alla istanza di sanatoria edilizia presentata nel 1986 (primo condono), la legale rappresentante della cooperativa era intervenuta nel procedimento, «denunciando la dolosa ed infedele formulazione della domanda di condono, nonché i vizi della integrazione documentale». Dal Comune avevano risposto che in fase di istruttoria avrebbero tenuto conto dell’esposto. Circostanza mai verificatasi, tanto che solo per caso la ricorrente era poi venuta a conoscenza del rilascio della sanatoria.

IL RICORSO

Un provvedimento – si evidenzia nel ricorso – illegittimo per tutta una serie di motivi. Innanzitutto «il fabbricato non sarebbe stato realizzato nel 1976, come dichiarato dall’interessato, in quanto non riportato in una foto aerea del 1979, in possesso dell’Utc, e nemmeno riportato nella denuncia di successione del 1982 del defunto (nel 1970) genitore, dante causa del deducente, mancando inoltre la prova della realizzazione dell’opera entro la data dell’1.10.1983; la domanda sarebbe quindi dolosamente infedele; il permesso di costruire in sanatoria sarebbe stato rilasciato, non solo per il fabbricato, ma anche per superfici e volumi realizzati successivamente e non rientranti nella domanda di condono; il fabbricato ricadrebbe in zona F2 (Verde pubblico) del vigente PRG, assoggettata a vincolo di inedificabilità assoluta; alla domanda di condono non sarebbe stata allegata, all’epoca della presentazione, dichiarazione sullo stato dei lavori con documentazione fotografica; il certificato di idoneità statica sarebbe stato redatto da tecnico (geometra) non abilitato, in quanto privo della necessaria competenza professionale, ed in assenza di verifica sismica; l’autorizzazione paesaggistica, con i pareri di Soprintendenza e Commissione Locale del Paesaggio, pur non conosciuti, sarebbe illegittima in quanto priva di motivazione».

LA DIFESA DEL CONTROINTERESSATO

A contestare le tesi della ricorrente è stato principalmente il diretto interessato, ovvero il proprietario del fabbricato oggetto della sanatoria. Eccependo innanzitutto la tardività della presentazione del ricorso. Contestando inoltre il difetto di legittimazione e carenza di interesse da parte della Argo, «sia perché non risulta dimostrata la prova del danno, ossia il pregiudizio subito da parte della Cooperativa dal rilascio dei provvedimenti impugnati, sia perché non risulta sussistente il requisito della “vicinitas”». Nella memoria difensiva si sostiene che la sua proprietà e il fabbricato in contestazione non confinano con la cooperativa; che la rampa non è di sua esclusiva proprietà; che la sanatoria rilasciata riguardava il solo fabbricato. Per dimostrare la realizzazione entro i termini stabiliti dalla legge 47/85 (primo condono) ha fatto riferimento ad «un atto formato da pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni (certificato di residenza storico cittadino redatto dall’Ufficiale d’Anagrafe del Comune di Ischia), con il quale si attesta che risiede, nel fabbricato di cui al permesso di costruire in sanatoria impugnato, fin dal 5 febbraio 1983 e, pertanto, fin da epoca antecedente a quella di approvazione del PRG». Ribattendo anche sulla zona in cui ricade l’immobile, non la F2, bensì la E (Agricola).

LE COLPE DEL COMUNE

Il collegio della Sesta Sezione del Tar ha respinto tutte le tesi del controinteressato. Specificando subito che il ricorso della Argo non è tardivo, considerata la partecipazione al procedimento; di conseguenza «aveva quindi un interesse differenziato alla conoscenza del provvedimento finale, per cui il permesso di costruire in sanatoria – quale atto conclusivo del procedimento – le andava necessariamente comunicato. E in un passaggio si rileva come il procedimento amministrativo per quel condono fosse «rimasto in piedi per ben 31 anni». Una delle tante pratiche prima “ammuffite” e poi evase… Sta di fatto che della conclusione di quell’annoso procedimento «il Comune di Ischia non ha mai, colpevolmente, dato notizia». Questa è la responsabilità dell’Ente, di aver ignorato l’esposto e aver preso per buone le dichiarazioni contenute nell’istanza di sanatoria. Ledendo la posizione della cooperativa. E qui arriva una ulteriore bacchettata agli uffici del palazzo di via Iasolino: «Tale situazione, determinata dal comportamento negligente dell’Amministrazione, non può determinare conseguenze negative per il privato diligente, posto che ragionando in senso opposto si consentirebbe all’Amministrazione di avvalersi, in fase processuale, di un errore o omissione da essa stessa commessi nella fase procedimentale».

Quanto alla vicinanza tra la Argo e il fabbricato illegittimamente condonato, per i giudici c’è tutta, così come i danni causati dagli interventi edilizi abusivi. Richiamando la sentenza del giudice della sezione distaccata di Ischia sulla rimozione della rampa: «Tale pronuncia dimostra l’esistenza del rapporto di vicinitas che ha legittimato e legittima – anche sotto il profilo dell’interesse al ricorso – la ricorrente, sia nella qualità di soggetto privato sia nella qualità di rappresentante della Argo (concessionaria dei suoli limitrofi) a dolersi del rilascio di un permesso di costruire in sanatoria avente ad oggetto un edificio confinante, e al quale la parte controinteressata ha accesso proprio tramite la suddetta rampa.Di fatto, l’urbanizzazione asseritamente illecita dell’area agricola, costituita dal fondo, legittima il ricorso della ricorrente». Giudicata pregnante anche la perizia di parte, dalla quale «si evince lo stato dei luoghi della zona nell’anno 1988. Nella foto è visibile anche il fondo del controinteressato in tutta la sua estensione, in cui è compresa la rampa di accesso carrabile che confina direttamente con le aree in concessione alla Argo. Tale stato di cose è confermato anche da una foto aerea del Geoportale Nazionale datata 1988, che riporta fedelmente la rampa realizzata, che confina materialmente con le aree in concessione alla Coop. Argo». Rampa che peraltro compare anche nella integrazione della pratica di condono… Ciò nonostante al Comune di Ischia ancora una volta hanno sbagliato.

ISTANZA INFEDELE E DOLOSA

Ed infatti, come detto, il Tar ha accolto il ricorso annullando permesso di costruire in sanatoria e relativa autorizzazione paesaggistica. A prevalere su tutto è stata la «infedele e dolosa presentazione della domanda di condono edilizio ex lege 47/85», essendo stata presentata oltre il termine stabilito. In proposito il collegio richiama la giurisprudenza in materia, che «ha costantemente affermato che costituisce domanda dolosamente infedele, tale quindi da comportare il diniego di condono edilizio, quella che “presenti inesattezze ed omissioni tali da configurare un’opera completamente diversa per dimensione, natura e modalità dell’abuso dall’esistente, purché tale difformità risulti preordinata a trarre in errore il Comune su elementi essenziali dell’abuso”». E venendo al caso in esame, «la ricorrente, attraverso i documenti depositati e la relazione del tecnico ha fornito elementi univoci in ordine alla prospettata tesi di inesistenza del fabbricato che lo controinteressato nella domanda, afferma esistere dal 1976. Tale data non può essere veritiera, in quanto dalla foto aerea della società Aerofototecnica sas su concessione dell’Alisud del 10.09.1979 si evince che l’immobile non esisteva; anche nella carta aerofotogrammetrica con ricognizione eseguita sui luoghi dall’IGM (Istituto Geografico Militare) negli anni 1980-1981, l’aera su cui esiste oggi l’immobile risulta libera da ogni tipo di costruzione.
In entrambi i documenti la zona interessata è stata cerchiata in rosso e non mostra la presenza di alcun manufatto».

FOTO ELOQUENTI

Elementi ritenuti fondanti: «Questo Tribunale e la giurisprudenza amministrativa hanno sempre attribuito rilevanza alle aerofotogrammetrie, anche ai fini della reiezione dell’istanza di condono, laddove il privato non fornisca inconfutabili atti, documenti o elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto abusivo.
L’onere della prova dell’ultimazione entro una certa data di un’opera edilizia abusiva, allo scopo di dimostrare che essa rientra fra quelle per le quali si può ottenere una sanatoria speciale incombe in linea generale sul privato a ciò interessato, unico soggetto ad essere nella disponibilità di documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con ragionevole certezza l’epoca di realizzazione del manufatto».

Prove non fornite dal controinteressato, considerato che la documentazione fotografica è datata 2007, come anche la planimetria. Quanto al certificato storico di residenza, «che indica la data del 5.2.1983 come data dalla quale il controinteressato risulta risiedere nel fabbricato di cui alla domanda di condono, tale circostanza non prova nulla: il certificato di residenza è stato rilasciato dall’ufficio protocollo solo in data 29.1.1987 ed integrato solo dopo la richiesta da parte del Comune di Ischia del 27.01.1987 notificata in pari data». Dunque non è plausibile «che detto certificato fosse allegato alla istanza originaria (pur essendo in essa indicato), anche perché altrimenti opinando la richiesta di integrazione da parte del Comune non avrebbe senso. Quand’anche il fabbricato fosse stato terminato nel febbraio 1983 (giustificando così la residenza da tale data), esso non dimostra affatto che l’edificio fosse stato costruito nel 1976».
L’aspetto grave è che l’ufficio comunale aveva preso per buone tutte queste prove “fasulle” e senza il ricorso della Argo, quel fabbricato sarebbe stato illegittimamente condonato e in sostanza sarebbe stato “sanato” anche l’errore commesso dall’Ente. Tuttavia, alla luce della complessità del giudizio, il Tar ha compensato le spese ponendo a carico del Comune il contributo unificato.

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