In alcuni momenti provo a fare un salto indietro nel tempo, ripercorrendo la mia vita nei suoi attimi salienti e valutando, passo dopo passo, cosa ripeterei e cos’altro, invece, eviterei in assoluto in una seconda esistenza.
Naturalmente la valutazione non è delle più semplici, perché la maturità è un valore che, almeno sulla carta, cresce in ciascuno di noi con l’avanzare dell’età; ne consegue che il senno di poi può apparire del tutto inutile, alla luce del fatto che un adolescente si comporta come tale e non certo alla luce dell’esperienza acquisita non solo con gli anni che passano ma anche sulla base della propria condizione personale: single, fidanzato, sposato, genitore e, per i più fortunati, nonno.
La trasmissione di tale esperienza ai posteri, ovviamente, è un’opera altrettanto complicata, perché ciascuno di loro ritiene di essere già pronto a decidere per sé da sé anche in età non ancora maturissima, senza alcuna necessità di usufruire del tuo aiuto, magari chiedendolo a gran voce soltanto dopo aver fatto, come si suol dire, “capa e muro” e non avendo altra via d’uscita. Quando ho avuto l’opportunità di elargire un consiglio ai miei figli, ad esempio, ho suggerito loro: “Avete cento euro in tasca? Fermatevi un attimo, valutate pure di divertirvi al massimo, magari alla salute di chi ve li ha elargiti o alla vostra per averli guadagnati. Tuttavia, divoratevene settanta e trenta metteteli da parte: vedrete che, un po’ per volta, vi ritroverete un gruzzoletto a mo’ di “astìpete ‘u milo pe quanno te vene ‘a sete”.
E se è vero che “’u bene se chiagne quanno se perde”, oggi uno come me può essere testimone di quando, alla morte di una persona cara, in alcune occasioni rimpiangi amaramente quella possibilità ormai svanita di consultarti con lei e chiederle consiglio, o semplicemente rifugiarsi in una conversazione salvifica rispetto ai dubbi e alle incertezze proprie dell’uomo.
Fate come me! Credete nella vita, ma sul serio. E subito.