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venerdì, Marzo 29, 2024

Vincenzo Acunto: “Serrara: una campagna elettorale di un paese senza speranze”

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Uno degli argomenti che in questi giorni caratterizza il tempo che corre sulla nostra isola, sono i preparativi elettorali che fervono alle falde dell’Epomeo ove, senza eruttazioni vulcaniche, i protagonisti che da vent’anni calcano il palcoscenico della politica locale, non avendo avversari con cui confrontarsi, hanno pensato (sia in maggioranza che in minoranza) di litigare tra di loro e, diversamente miscelandosi, si stanno organizzando per il confronto elettorale.

Uno spettacolo che non riesco a qualificare adeguatamente, se non per la sua tragica comicità, della quale ho già parlato in diversi interventi (del 18/4, del 23/5 e del 30/5) rinvenibili nella pagina Facebook “dillo tu…”. Da un lato Cesare Mattera e dall’altro Rosario Caruso. Due sedicenti leader che se le stanno dando di santa ragione in una cornice di compartecipi che, pur di “darsi un tono”, manifestano interventi strategici per la soluzione finale della contesa.

Anche chi scrive è stato inserito nella “short list” degli aspiranti sindaci. Tranquillizzo tutti non essendo stato ancora raggiunto da propositi suicidi. Tentare di arginare la deriva che assorbe il mio paese è un’impresa titanica che richiede un team di persone competenti, coraggiose ed economicamente appagate che, allo stato, non si materializzano all’orizzonte. Lo scenario si presta, come non mai, per un’osservazione ilare adatta alla mia penna quello che nell’ultima settimana ha stimolato ricordi di piacevole ilarità; l’intervista che la signorina Tilde Trofa ha concesso al quotidiano “Il Dispari” lasciando pubblicare uno scritto (che non è farina del suo sacco).
La conosco dal 1980 quando entrambi, poco più che giovanetti, partecipammo alla consultazione elettorale di quel tempo, nella stessa lista. Doveva fare un comizio per presentarsi al pubblico e, non avendo dimestichezza mi offrii di prepararle “il papello” poiché non sapeva cosa dire. I comizi dell’epoca si caratterizzavano di espressioni forti e ad effetto che non lesinai ad inserire nel papello che la Tilde, con la sua voce stridula (alla Rosa Russo Iervolino), lesse sulla piazza di Fontana con particolare veemenza.
Le contestazioni agli avversari, abbastanza pesanti, stimolarono la reazione di un altro campione “del circo elettorale serrarese”, tal Davide Mattera che, pur non avendo particolare duttilità con la lingua italiana, indirizzò alla Tilde un aforisma meraviglioso che è rimasto impresso nella memoria e che ho già utilizzato in altre occasioni “non dir di me quel che di me non sai, pensa di te e poi di me dirai”.

Anche da avversario non potetti non applaudire l’oratore che, pur candidato tra i socialisti, invitava il popolo a votare per “lo scudo”. Cioè quello della D.C. in cui io e la Tilde eravamo candidati. Tilde è sicuramente una donna sensibile e generosa nei cui confronti nutro sincera simpatia per la sua disponibilità verso il prossimo. Politicamente è una frana pericolosa (anche perché non in grado di mettere all’incasso i favori che rende) e non ha valenza elettorale, pur se la stessa manifesta sicurezza con una supponente pretenziosità e col suo passo battente da “calco equestre”.
E’ dal 1980 che si aggira sulla scena politica serrarese ove, non potendo essere da meno di Cesare Mattera (che detesta perché gli ruba la scena nella metropoli fontanese), ha fatto vari salti “quaglieschi”. Nel periodo 1992 – 1998 ricopre il ruolo di “attaches” di Luigi Iacono verso il quale pativa una sorta di “sindrome di Stoccolma platonica” per le sussunte capacità del leader che, a dire il vero, salvo che per essa, restarono celate all’ombra di interessi di terzi. Da ultimo la si trova cinque anni fa candidata contro il duo Caruso/Cesare in una lista nominale dal roboante logo “Con Tilde nel paese che vorrei”. Nome confezionato appositamente per la sua pretenziosità rappresentativa.

Oggi, per il reflusso gastrico che da sempre gli provoca Cesare, ha rotto i legami (di fave e ventresca) con l’Umberto e con il suo gruppo di minoranza (ove molto composti furono i suoi silenzi per l’intera consiliatura) e, divenuta come Santa Vittoria “vergine di Cristo” e si offre martire contro il connubio etilico postale; dichiarandosi sostenitrice di Irene Iacono candidata alla carica di sindaco. Ma candidata da chi? Tralascio il testo dell’intervista, che spero non sia stato letto al di fuori del perimetro fontanese, sia per il lessico che per certe inappropriate infarciture di tecnica giuridica che, non essendo farina del sacco della Tilde, lascio ad altrui considerazioni.
Quel che appare opportuno considerare è che Cesare Mattera, dopo la “stupidaggine etilica” che ha portato all’arrivo del commissario (che già tiene sott’occhio carte scottanti), s’è chiuso in un silenzio intelligente. Assecondato in questo dallo stratega post/telegrafonico che, rinverdendo la sua antica passione poetica verso il leader (indimenticabile fu la sua “Ode a Cesare” del 2001) e non potendo più condividere con la Tilde la “ventresca con le fave”, è rimasto con suo favino in mano annusando odori poco gradevoli per il futuro dei suoi business.

Caruso, che è un fortunato a prescindere, nel terrore di non poter più frequentare le stanze del municipio, ove per ritornare deve cercarsi le preferenze, continua a fare errori marchiani collezionando gaffe a ripetizione. Dopo aver, pur se sconsigliato, sottratto le deleghe a Cesare era precipitato al minimo delle possibilità elettorali. Dopo la stupidaggine di Cesare s’è ringalluzzito e, senza ascoltare il territorio, gli umori della gente e di qualche vicino collaboratore, fa serpeggiare la voce che il prossimo candidato sindaco, per la sua coalizione, sarà Irene Iacono. Lo dice a Tilde che, pur di battere un colpo di presenza, consegna alle stampe il cicaleggio ricevuto.
Conseguenze: Irene Iacono, donna mite e sicuramente affascinante, è già corsa dal sarto per confezionare il vestito della festa (anche se elettoralmente vale qualcosa meno della Tilde), non rendendosi conto che la sortita della Tilde ha riconsegnato a Cesare la supponenza serena della vittoria elettorale. Tanto è vero che con la sua macchinina sfreccia per le strade del paese (di giorno e di notte) a stringere mani e a offrire i prodotti del suo orto. Appare diffuso il convincimento che Caruso abbia perso la bussola e, a prescindere dalle applicazioni ecologiche di facciata elettorale, pian piano, (come pronosticato dai suoi vecchi amici di bisbocce politiche) sta perdendo i possibili candidati, non volendosi rendere conto che il seggio che determinerà la vittoria (a lui o a Cesare) è quello di S.Angelo ove la gente, alle prese con problemi finanziari enormi, non tollererà più che le due massime espressioni di giunta restino (come da 25 anni) di appannaggio alle frazioni alte.

Allo stato dell’arte (che poi si potrà confrontare sul campo) per dissipare la confusione che regna nel gruppo di Caruso (che ripeto, nel panorama umano che si impegna per l’abbisogna, è stato un buon sindaco per Serrara) sarebbe auspicabile che facesse un passo indietro lasciando candidare la sua signora (donna minuta e sveglia) che, non nascondo, mi sta particolarmente simpatica per la sua vivacità, intelligenza e intraprendenza. Con un giusto collage di persone, avrebbe buone “chance” di vittoria.
Assumerebbe, nel suo staff, il marito divenuto capace nelle attività amministrative e tutto filerebbe liscio anche perché i funzionari (quasi tutti di fede cesarina per il sopravvento che riescono ad avere su di lui), remano oggi contro Caruso. Si renderebbe senz’altro un buon servigio alla collettività aprendosi un futuro diverso con un sindaco donna. Fantapolitica? No. Semplice constatazione da esterno che, attento, scruta, ascolta e riflette senza alcun desiderio suicida di candidatura.

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