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martedì, Aprile 16, 2024

Vescovo Lagnese: “Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore”

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l nostro Vescovo Pietro fa dono alla Diocesi di Ischia di un suo messaggio per questo tempo di epidemia dal titolo «Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore». Il Vescovo chiede pure di unirci alla preghiera di tutti i cristiani d’Italia che, su invito del Santo Padre e dell’Episcopato Italiano, sono chiamati questa sera alle ore 21:00 a pregare insieme il Santo Rosario per la fine dell’epidemia e per tutti coloro che stanno soffrendo.

IL MESSAGGIO

Carissimi fratelli e sorelle, il Signore vi dia Pace!
Sì, Pace: è ciò che chiedo per me e per voi in queste ore di grande apprensione e di ansia per la nostra vita, per la sorte dei nostri cari, dell’Italia e del mondo. Insieme a voi voglio domandarla al Signore Gesù, in modo particolare per tutti coloro che stanno soffrendo. Egli ci ha detto: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore” (Gv 14, 27). Quanto ci fa bene ascoltare questa Parola di Gesù!

Custodiamola nel nostro cuore e ne gusteremo tutta la forza. Vi scrivo in un momento certamente non facile per tutti noi e per l’intero Paese e in una circostanza sicuramente delicata per la nostra Isola, in ansia in queste ore per alcune persone risultate positive al coronavirus e per le tante altre alle quali è chiesto di entrare in quarantena.

Lo faccio nel giorno in cui la Chiesa guarda a San Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria e Patrono della Chiesa universale, e si rivolge a lui per invocare la sua protezione. Lo faccio, nella festa del papà, come padre dell’intera comunità diocesana di Ischia che la bontà del Signore mi ha voluto affidare, consapevole che mio compito è starvi accanto, condividere con voi questo momento, invitarvi alla speranza, sostenere l’Isola con la mia preghiera che, continuamente, in questi giorni, per tutti sto elevando al Signore.

Penso in questo momento a tutti i papà che, insieme alle loro spose, sono in ansia per la salute dei figli; ai papà che, a causa dell’emergenza sanitaria, vedono messo in discussione il loro lavoro; a quelli che, in particolare, già preoccupati per la loro famiglia, perché segnata da disagi, si vedono costretti a fare i conti con difficoltà in questo momento ancora più grandi. A loro e alle loro famiglie tutto il mio affetto e la mia vicinanza. Penso anche ai nostri sacerdoti, che vivamente ringrazio per lo zelo e la sollecitudine che stanno mostrando nel servire le loro comunità in ogni modo e con ogni mezzo. Pur non potendo radunare il popolo loro affidato continuano il loro servizio di sentinelle, raggiungendo la gente e pregando e celebrando ogni giorno l’Eucaristia per la Chiesa e per il mondo. Il Signore dia loro gioia e forza perché possano continuare a farsi dono ed essere sempre più pane spezzato per la nostra gente.

L’epidemia da coronavirus cresce e, per questo motivo, siamo stati tutti invitati ad entrare in una sorta di quarantena generale, a ridurre al minimo le relazioni sociali, a rimanere in casa il più possibile, a rinunciare addirittura alla partecipazione alla Santa Messa, anche di Domenica. Quest’ultima decisione, accolta in spirito di collaborazione per la tutela della salute pubblica, ci ha realmente addolorato e non poco, tutti: pastori, sacerdoti, fedeli laici. Si tratta di un’esperienza, per la maggior parte di noi, mai fatta prima. I più anziani ricorderanno i terribili tempi della guerra e il suono delle sirene che indicavano l’inizio del coprifuoco ma, per tanti, è questa un’ora realmente mai vissuta. E purtroppo un’ora dolorosa: un’ora nella quale avvertiamo tutti una grande inquietudine, una persistente paura, un senso diffuso di impotenza e precarietà. Dal nostro cuore sgorga, spontanea e decisa, innanzitutto una domanda e insieme un’invocazione: “Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra” (Sal 120, 1-2). E avvertiamo che in questo momento ciò che possiamo e dobbiamo fare è, prima di ogni cosa, pregare. E farlo con fiducia; con la consapevolezza che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio (Rm 8, 28), e con la certezza che il Signore non ci abbandona, mai! È lo stesso Gesù che ci invita a farlo, come abbiamo ascoltato all’inizio di questo Tempo: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra? E se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono!” (Mt 7, 7-11).

Preghiamo dunque perché si fermi l’epidemia. Preghiamo per quanti sono morti a causa del coronavirus, per i loro cari e per quanti stanno lottando con la malattia; per i medici, gli infermieri e il personale sanitario; per quanti governano il Paese e le nostre città; per i tanti volontari e gli operatori della carità; per quanti, a nome dello Stato, sono affianco di tutti i cittadini. Preghiamo per i piccoli, gli anziani, le persone sole, per quanti vivono nella paura questo momento così difficile per tutto il mondo.

Carissimi, chi avrebbe immaginato di dover vivere così quest’anno la Quaresima! Chi avrebbe pensato di doverci preparare in questo modo alla Pasqua! Ma il Signore ci chiama ad “un’altra Quaresima”: più intensa e, se lo vorremo, più feconda. Un’altra Quaresima per vivere un’altra Pasqua: una Pasqua più vera!

È prevedibile – si dice da più parti – che per molti, passata la bufera, nulla sarà più come prima. Ad alcuni la cosa potrebbe suonare quasi una minaccia; per altri, forse, apparirà soltanto una constatazione: una previsione oggettiva, dati alla mano, di ciò che di fatto ci attende. Ma potrebbe anche, chissà, essere un auspicio, un augurio, una speranza: nulla sarà come prima? Nulla dev’essere come prima! Sì, nulla sia come prima!

“Tu hai stabilito per i tuoi figli un tempo di rinnovamento spirituale, perché si convertano a te con tutto il cuore” (Prefazio Quaresima II): così prega la Chiesa in questi giorni. Come fare perché sia veramente così anche “questa” Quaresima? Come fare perché questa Quaresima sia un tempo fruttuoso, una vera occasione di rinnovamento spirituale, nel quale convertirci a Lui con tutto il cuore? Come provare, in definitiva, a vivere bene questo tempo? Innanzitutto facendoci uno con quelli che soffrono: quanti sono stati colpiti dal coronavirus, le loro famiglie, quanti piangono i loro morti; chi è solo, benché vicino a noi; ma anche tutti i malati, e poi i poveri, quanti fanno i conti con la stupidità della guerra, i migranti, i profughi, i bambini sotto le bombe, chi muore per la fame e per il freddo; quanti vivono a contatto con la paura giorno e notte e non sanno che ne sarà del loro domani. Fermiamo dunque il dilagare del virus dell’indifferenza: non lasciamoci vincere dalla freddezza del cuore! Ritroviamo la voglia di compassione. Ritorniamo a compiere gesti di tenerezza, a incominciare dalle persone che ci sono più vicine. Anche per questa via passa la conversione!

Da questa epidemia speriamo anche di uscire tutti un po’ più umili: con un maggiore senso del nostro limite e la consapevolezza che non tutto è possibile programmare, preventivare, gestire e che, al contrario, ci sono cose più grandi di noi con le quali dobbiamo fare i conti e dinanzi alle quali siamo chiamati a mettere da parte ogni delirio di onnipotenza e ogni pretesa di autosufficienza. La vita ci è donata, ma non ci appartiene: non ne siamo i padroni. Siamo creature: siamo deboli, fragili, mortali; siamo polvere, terra, argilla: ricordarcelo quanto ci bene fa! “Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità: tutto è vanità” (Qo 1, 2). Mettiamo da parte ogni forma di orgoglio e di vanagloria. Rinunciamo alla superbia e alla presunzione. Anche per questa via passa la conversione!

Benché deboli, fragili, mortali, siamo però creature amate da Dio; ce lo diceva, proprio nel giorno delle Ceneri, Papa Francesco: “siamo polvere amata da Dio. Il Signore ha amato raccogliere la nostra polvere tra le mani e soffiarvi il suo alito di vita (cfr Gen 2, 7). Siamo polvere preziosa, destinata a vivere per sempre. Siamo la terra su cui Dio ha riversato il suo cielo, la polvere che contiene i suoi sogni. Siamo la speranza di Dio, il suo tesoro, la sua gloria”. Sì, siamo destinati a vivere per sempre! Siamo fatti per l’eternità. Nel Figlio di Dio, fattosi uomo per noi uomini e per la nostra salvezza, ci è stata data in dono la vita eterna. In Cristo, morto e risorto, la morte è stata vinta per sempre e il Cielo ci è stato offerto come nostra Casa definitiva. Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa!

Alimentiamo allora la vita del Cielo in noi. Accresciamola nella fede, certi della parola stessa di Gesù che ci ha detto: “vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi” (Gv 14, 3). Anzi, proviamo a sperimentarla e a testimoniarla già qui sulla terra e sproniamoci a vicenda – come ci dice l’Apostolo Paolo – nel cercare le cose di Lassù e nel pensare alle cose del Cielo (cfr. Col 3, 1-2). E nei momenti di dubbio e di scoraggiamento diciamo al Signore: “aumenta la nostra fede!” (Lc 17, 6). Diciamogli pure: “Credo, aiutami nella mia incredulità!” (Mt 9, 24). Anche per questa via passa la conversione!

Vivere la fede significa vivere la comunione con il Signore, e la comunione con Lui la si nutre innanzitutto con la partecipazione all’Eucaristia, con l’ascolto della Parola di Dio e la preghiera personale. Il digiuno eucaristico imposto, in questi giorni, a tutti i fedeli, ci faccia ritrovare la nostalgia di Dio; ci aiuti a ritornare al Signore e a riconoscere che senza di Lui non possiamo far nulla (cfr Gv 15, 5); ci spinga pure a riscoprirlo, vivo e presente, nella Sua Chiesa e nella grazia dei Sacramenti. La nostra Santa Restituta, patrona dell’Isola, con i martiri di Abitene, ci ricorda: sine Dominico non possumus: senza la Domenica non possiamo vivere! Impegniamoci, appena usciremo da questa epidemia, a vivere con zelo il Giorno del Signore, a partecipare con gioia alla Santa Messa, ad accostarci con cuore pronto alla Santissima Eucaristia. Abbiamo bisogno di nutrirci della Carne di Cristo, Pane dei pellegrini e Farmaco d’immortalità, e di sperimentare la Sua reale Presenza; abbiamo bisogno di riconoscere, in ogni istante, che non siamo soli, che Gesù è al nostro fianco, sempre, e ci dice: “non abbiate paura!” (Mt 14, 27). Intanto in questo tempo di restrizioni a causa del coronavirus, riscopriamo la preghiera in famiglia. Gesù ci ha detto: “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18, 20). Certi della Sua presenza in mezzo a noi, riprendiamo la bella abitudine di pregare insieme come famiglia, ascoltando la Parola di Dio, facendo nostra la preghiera dei Salmi, recitando il Santo Rosario e altre preghiere di devozione. Ritorniamo a dare del tempo a Dio. Ritorniamo alla preghiera. Anche per questa via passa la conversione!

In questo tempo tutto particolare ci viene chiesto di essere prudenti nelle nostre relazioni, di stare tra noi a debita distanza, di evitare le normali manifestazioni di affetto e soprattutto di rimanere a casa il più possibile. Sono limitazioni, di certo fastidiose, che ci chiamano a rivedere i nostri stili di vita, ma potrebbero costituire per ognuno di noi anche un’opportunità. Innanzitutto potrebbero far rinascere in noi la consapevolezza di quanto siano importanti le relazioni nella nostra vita e farci riscoprire che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che la vita è relazione e, soprattutto, che siamo fatti per amare. Sì, la nostra vocazione è l’amore! Lavoriamo allora per la comunione! Diamoci da fare perché cresca la fraternità. Restituiamo vita ai nostri rapporti; diamoci da fare per realizzare amicizie più autentiche, dedichiamo tempo e spazio per costruire rapporti più belli, più veri, più forti. Domani, quando sarà finita quest’avventura, portiamo questa aspirazione nei posti dove stiamo, sui luoghi di lavoro, nelle nostre realtà ecclesiali, in ogni nostra frequentazione. In particolare mettiamo tutto il nostro impegno nelle relazioni domestiche. Riscopriamo la grazia di essere famiglia, ritorniamo a dedicare tempo ai figli. Diciamo no a fare delle nostre abitazioni delle piazzole di servizio e ritroviamo il gusto di stare in casa insieme. Non alimentiamo il virus della divisione. Non lasciamoci contagiare dall’egoismo. Non diamola vinta alla sindrome dell’individualismo e dell’isolamento. Anche per questa via passa la conversione!

L’epidemia da coronavirus ci costringe a prendere coscienza che stiamo tutti sulla stessa barca, che la Terra è davvero la Casa comune e che o ci salveremo insieme o non ci salveremo. Pur distanti, ci accorgiamo di essere tutti più vicini; tutti connessi e tutti collegati, nel bene e nel male; e comprendiamo che non valgono a molto i confini. L’impegno poi a ridurre al minimo gli spostamenti, a mettere da parte tutto ciò che non è indispensabile, a fare soltanto ciò che è veramente necessario, ci spinga pure a vivere tutti con maggiore semplicità.

Riscopriamo le cose essenziali, le cose davvero importanti, ciò che conta realmente. Uno stile di maggiore sobrietà ci renderà più solidali con chi è povero veramente e tante cose non le ha. Proviamo a privarci un po’ di più di ciò che abbiamo – che a volte è tanto e avanza – e impariamo l’arte del dono e della condivisione. Anche per questa via passa la conversione!

Carissimi, continuiamo a pregare senza stancarci. Come Gesù nel Getsemani, preghiamo uniti in quest’ora della prova. Preghiamo gli uni per gli altri. La preghiera, specie quella d’intercessione – ci ripete spesso Papa Francesco – commuove il cuore di Dio. Quando Dio vede che preghiamo per un altro, che ci coinvolgiamo, lottiamo, digiuniamo, Dio si commuove e ci ascolta. Così fece con Abramo, con Mosè e con tanti uomini e donne della storia del popolo di Israele; così con tanti santi e sante che lungo i secoli, credendo alla parola del Vangelo, sperimentarono l’intervento provvidente di Dio e la Sua pronta risposta. Carissimi, nel tempo in cui ci è chiesto di astenerci dagli abbracci (cfr Qo 3, 5) ce n’è uno certamente non pericoloso: è l’abbraccio della Madre, di Maria, la Madre del Signore e nostra. Nei momenti di paura i piccoli, per nascondersi e ottenere protezione, cercano l’abbraccio della mamma. E in quell’abbraccio trovano sicurezza e consolazione. Chissà quante volte anche il Bambino Gesù avrà fatto la stessa esperienza; chissà quante volte si sarà lanciato tra le braccia della Mamma in momenti di pericolo e di paura! Vogliamo cercare anche noi quell’Abbraccio. Vogliamo affidarci a Lei, alla Madre della Misericordia, il Rifugio dei peccatori e la Consolatrice degli Afflitti. Lei, la Madre della Tenerezza, pregherà per noi e con noi. E ci dirà – come una mamma che insegna ai propri piccoli a “dire le preghiere” – di affidarci al Signore e ripetere insieme a Lei: “Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze. Io sono tranquillo e sereno, come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l’anima mia“ (Sal 131,1-2).

Nel Signore Gesù vi saluto e vi benedico.

Il vostro vescovo

3 COMMENTS

  1. Glielo dico dal profondo del cuore, signor vescovo, invece di farci dono di messaggi chilometrici che nessuno legge perché necessiterebbe una cinquantena, faccia con urgenza altro tipo di dono al nostro ospedale!
    Questo è il momento di aiutare il prossimo con i fatti… Se resterà del tempo, potrà dire tutte le preghiere che più le potranno piacere.

  2. Caccia li sordiiiii…..invece di spendere migliaia d’euro per abbellire il tuo sfarzoso castello……questa è la chiesa

  3. … e le dico un’altra, signor vescovo, quanto sta accadendo insegni in primis a lei, che si sente pastore di gregge, che d’ora in poi l’umiltà varrà quanto lo stesso carisma del quale lei ne è povero, poiché linfa vitale di ognuno… impari a fare la sua parte al pari di un “semplice” imbianchino capace di dipingere tutte le pareti con la mano del cuore e, non con la presunzione di essere un maestro tinteggiatore.

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