Il 2 novembre è la classica ricorrenza da calendario che si rispetta più per consuetudine che per sentirla propria al cento per cento; sembra quasi l’occasione giusta per discolparci del disinteresse che la routine quotidiana impone a molti di noi, tenendoci lontani da un culto dei defunti che dovrebbe essere costante, anche se non presenzialista a tutti i costi.
Tuttavia, credo valga la pena, proprio oggi, di parlare dello stato pietoso in cui i nostri cimiteri versano ormai da anni. Quello di Ischia, in particolare, sta calpestando ogni benché minima forma di dignità dei nostri cari estinti, costringendo il Comune ad autorizzare sempre maggiori interramenti al di fuori dei cosiddetti “giardini”, talvolta senza alcuna distanza logica tra una tomba e l’altra e rendendo estremamente difficile destreggiarsi tra di esse senza calpestarle.
L’amministrazione in carica, manco a dirlo, non intende inimicarsi in alcun modo i propri elettori (o potenziali tali), assumendo anche in questo settore quei provvedimenti impopolari che potrebbero affrontare (non dico risolvere) il problema, in attesa che la coscienza civica locale riesca finalmente ad accettare la cremazione come un obbligo e non più quale semplice facoltà. In Germania, giusto per ricordarlo, dopo venticinque o trent’anni dall’interramento, integrale o cinerario che sia, i resti mortali vengono rimossi d’ufficio e smaltiti, lasciando “il posto ai posteri”.
E visto che ci siamo, non guasterebbe installare finalmente un sistema di videosorveglianza che debelli il più recente dei nuovi e deprecabili sport preferiti dagli ischitani: il furto continuato di fiori e lumini dalle tombe altrui. Succede ogni giorno, ma nonostante gli sforzi di responsabili e necrofori, continua quasi indisturbato!