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venerdì, Marzo 29, 2024

Un thanksgiving day all’ischitana

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4ward di Davide Conte

 

davide-188x80Ieri negli Stati Uniti d’America, come ogni quarto giovedì di novembre dal 1621 ad oggi, è stato celebrato il Giorno del Ringraziamento, quello che il popolo a stelle e strisce definisce “Thanksgiving Day”. Questa festa molto sentita dagli statunitensi trae origine dallo stato del Massachusetts, quando i contadini dell’epoca, di fortissima estrazione cattolica, ritennero di dover scegliere una giornata all’anno per ringraziare Dio della provvidenza donata loro in termini di fertilità della terra, di raccolto e di conseguente benessere.

Tutti collegano questa giornata alla preparazione culinaria del tacchino; qualcuno grida anche allo scandalo perché sono oltre quaranta milioni i tacchini infornati in altrettante famiglie americane in questo week-end di festa. Ma anche se dalle nostre parti c’è ben poco di cui scandalizzarsi, se consideriamo che sulla nostra Isola, ogni domenica, con tutta probabilità almeno cinquemila conigli passano tra pentole e tegami di creta, la sua visione come semplice happening gastronomico è assolutamente distorta.

E’ vero che il popolo americano, sotto il profilo “festa, farina, forca” è abbastanza “napoletano”; forse potremmo addirittura pensare, a giusta ragione, che la contaminazione italiana e partenopea in particolare abbiano inciso non poco nella sua formazione caratteriale-tipo. Tuttavia, ci sono risvolti indubbiamente piacevoli del thanksgiving, oltre a quelli religiosi e conviviali. Ad esempio, oggi il ringraziamento che un tempo si fondava sul mero sostentamento derivante dalla terra è diventato un vero e proprio momento di riconoscenza incondizionata verso il Signore, ma soprattutto l’occasione giusta per estendere il proprio benessere a chi ne ha più bisogno, coinvolgendo nei pranzi di famiglia o, comunque, attraverso la più ampia condivisione, le famiglie e i soggetti meno fortunati.

Gli USA corrono alla velocità della luce e la loro gente, al pari della maggior parte delle popolazioni metropolitane, è inquadrata in uno stile di vita che per certi versi si presenta estremamente schematico: si lavora, si mangia prevalentemente fuori e si cucina poco, il tempo libero è sacro e va condiviso per lo più con i propri cari. Difficile esulare da questi standard, così come violarli. Eppure, il senso di patria e di rispetto della propria storia maturato da questa gente, parte integrante di una civiltà decisamente recente e quasi del tutto induttiva, è molto ma molto più alto del nostro. Se ci pensiamo, al di là dei risvolti consumistici pur ravvisabili oltreoceano, noi in Italia non abbiamo una giornata di festa nazionale che sentiamo realmente nostra: il 25 aprile o il 2 giugno, ad esempio, vengono celebrati più che altro per il piacere di “fare ponte”, non certo per il significato intrinseco della giornata per il nostro Paese. Con tutta probabilità, almeno tre italiani su dieci, interrogati su cosa si celebra in tali giorni, non saprebbero neppure rispondere correttamente. Ciò che conta, è “fare festa”.

Pensavo proprio poco fa, riflettendo sui contenuti di questo 4WARD, che anche ad Ischia bisognerebbe celebrare una specie di Giorno del Ringraziamento. Proprio così: noi Ischitani dovremmo ogni giorno ringraziare il Buon Dio per il dono di aver concesso a noi e ai nostri cari la vita su questo autentico angolo di paradiso, per la ricchezza di essere circondati da un pezzo di creato che tutti ci invidiano, per il benessere di poterne trarre sostentamento attraverso la gioiosa presenza di tanti e mai troppo onorati turisti da ogni parte del mondo. Un thanksgiving all’ischitana, quindi, almeno una volta l’anno sarebbe quasi un atto dovuto. E soprattutto, dovrebbe essere anche un forgiving day, cioè un giorno del perdono, in cui chiedere al Creatore di chiudere un occhio (o forse entrambi) rispetto a tutto quanto, quotidianamente, riusciamo a fare per disonorare questa splendida terra.

In quella giornata, tutti noi Ischitani potremmo scontare ad esempio la dolce penitenza di girare in lungo e in largo la nostra Isola: giovani e anziani, padri e figli, fratelli e sorelle, laici e religiosi, tutti insieme pronti a scoprire o riscoprire fino alla noia ogni angolo di Ischia, anche quelli più reconditi ma che, ciascuno a modo proprio, ne compongono la grandezza e l’unicità. Una volta l’anno, in quella giornata, non dovrebbero esserci altre attività al di fuori di questa: immagino ristoranti e negozi chiusi, uffici pubblici del tutto fermi, celebrazioni religiose sospese, bancomat fuori servizio, cellulari senza segnale e linee internet del tutto out of order, per un salto nel passato che, rinunciando alle abitudini del presente, ponga solo Ischia al centro delle nostre attenzioni. Per un solo giorno l’anno!

Se ci riflettiamo, Ischia dovrebbe essere SEMPRE “al centro” di ogni nostra attenzione, azione, pensiero, scelta, decisione. Eppure, quante volte riusciamo facilmente a dimenticare il diritto-dovere –più che l’obbligo- di tutelarla ad ogni costo, calpestandola inesorabilmente con comportamenti incivili, inaccettabili e rispondenti solo alla logica della nostra più becera convenienza?

Un Thanksgiving day all’ischitana potrebbe essere, nei miei pensieri di eterno sognatore ed amante dello “scoglio” più bello al mondo, un’occasione propizia per recuperare fratellanza, genuinità ed attaccamento al nostro territorio. Vado a letto contento, perché un pensiero da gioioso e positivo fa sempre bene. Perché peraltro, alla fine, sognare è gratis.

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