Non entro nel merito delle accuse rivolte al giudice Polcari che lo hanno portato, anticipando i tempi della sua proposta di trasferimento in corso di decisione al Consiglio Superiore della Magistratura, a richiedere lui stesso di essere spostato in altra sede. Il tempo, come al solito, sarà galantuomo nel consentire a tutti (anche al giudice Capuano) di dimostrare la propria innocenza/estraneità, ovvero di pagarla per gli errori commessi. Lascio i commenti in stile “si è sempre saputo” oppure “ma quanto mi è antipatico”, insieme alle dicerie su certe condotte decisamente poco edificanti, a chi è abituato a vivere di congetture e non certo di fatti concreti. Ho una mia idea e, per stile, la tengo per me.

Quel che non mi va giù, invece, sono certe valutazioni sul conto della nostra Isola, che nella sua indiscutibile bellezza resta, sul piano delle relazioni umane, un ambiente difficile e notoriamente litigioso. Lo hanno raccontano perfettamente gli scrittori George Berkeley, Giuseppe D’Ascia e anche Benedetto Valentino nei loro validissimi scritti di epoche diverse. Ma di lì a sostenere che le “condizioni ambientali” in cui lavora un magistrato sull’isola d’Ischia siano tali al punto da farlo uscire irrimediabilmente fuori dal seminato del corretto operare mi sembra un offesa bella, buona e insostenibile.

Quanto relazionato al CSM dalla Presidente del Tribunale di Napoli, dott.ssa Garzo, andrebbe innanzitutto verificato nella sua interezza, proprio per essere certi che non si tratti di frasi estrapolate da un contesto più ampio e, quindi, prive del loro senso compiuto. Ma se ciò corrispondesse al vero, si sarebbe calpestata la memoria di tanti altri giudici, residenti e non su questo scoglio che poi così maledetto non è, che hanno onorato nel migliore dei modi il pur delicatissimo ruolo rivestito: primo tra tutti, mi viene in mente quel galantuomo di Angelo Di Salvo e, perché no, anche Mario Parente, che ad Ischia ha sempre vissuto e a lungo lavorato.