Una vicenda familiare dai contorni drammatici si è trasformata in un caso che solleva interrogativi su giustizia, etica, verità processuale e diritti umani. A Casamicciola un giovane padre è stato buttato fuori letteralmente, dal proprio genitore, nonostante vivesse con un figlio di appena nove mesi e una compagna in condizioni di salute precarie e certificate da specialisti.

Al centro della vicenda c’è un’abitazione di famiglia. L’immobile era stato in precedenza affidato all’ex moglie del proprietario, ma, una volta rientrato in possesso dell’appartamento, il padre ha deciso di dar corso allo sfratto nei confronti del figlio, che nel frattempo vi abitava con la sua nuova famiglia. Una scelta che ha spezzato gli equilibri familiari e si è trasformata in un episodio ad alta tensione.
L’esecuzione dello sfratto è avvenuta in modo forzato, con un imponente dispiegamento di forze dell’ordine. Sul posto sono stati fatti arrivare oltre all’ufficiale giudiziario, la Polizia di Stato del commissariato di Ischia, personale sanitario del 118 e assistenti sociali. Una presenza massiccia, che ha conferito alla vicenda i toni di un’operazione di emergenza, nonostante la delicatezza del contesto familiare.
Secondo quanto appreso, la gestione dell’operazione avrebbe visto l’intervento diretto e attivo di una persona non appartenente ufficialmente agli organi preposti, che avrebbe redatto i verbali al posto dell’ufficiale giudiziario e raccolto personalmente i dati sensibili degli agenti presenti, comprese le generalità e i numeri di tesserino. Un comportamento anomalo, già riscontrato in altre occasioni, che potrebbe ora essere oggetto di approfondimenti legali.
La richiesta di una breve proroga – fino alle ore 14 – per consentire alla famiglia di organizzare il trasferimento sarebbe stata rifiutata. L’ordine di procedere è stato impartito senza mediazioni, mentre la madre del bambino, visibilmente provata, ha accusato un malore durante le fasi dello sgombero. Ciò nondimeno un medico, dopo averle misurato la pressione le ha detto “alzati e cammina”. L’operazione è proseguita senza interruzioni.
Il padre del minore avrebbe inoltre ricevuto avvertimenti o velate, sussurrate, minacce, circa potenziali conseguenze con il tribunale dei minori e possibili ripercussioni sul piano lavorativo.
In questa sede, tuttavia, non entriamo nelle dinamiche familiari specifiche. Ma pensare che un divorzio possa provocare ferite tanto profonde da condurre uno dei due coniugi, anni dopo, a sfrattare il proprio figlio e il proprio nipotino, ci restituisce un’immagine di una recrudescenza di cui parlano solo i salotti alla tele di pomeriggio. L’immagine di una società che perde pezzi, che smarrisce il senso di solidarietà più intimo, quello che dovrebbe resistere anche nei conflitti più aspri: i legami familiari.
Un episodio che non lascia indifferenti e che impone una riflessione: può davvero la legge agire senza tenere conto dell’umanità? E, soprattutto, cosa ci sta dicendo questo episodio sullo stato delle nostre relazioni e del nostro tessuto sociale?
