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giovedì, Aprile 25, 2024

SANZIONE PENALE. Fotografia, senza ipocrisie o pregiudizi, sull’emergenza demolizioni. Dopo “casa De Siano” a Forio, e prima di “casa Ambrosino” a Procida

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GINO DI MEGLIO | Gentile direttore,
Le invio un articolo sull’urgenza di un pronto intervento legislativo sulla questione urbanistica della Campania.
Premetto che un corretto approccio per la comprensione del problema del fenomeno dell’abusivismo edilizio deve essere scevro da ipocrisie o pregiudizi ideologici, che purtroppo hanno caratterizzato per lunghi anni, non solo l’opinione comune – in questo favorita anche da larga parte dei maggiori media nazionali – ma anche la Politica.

Va immediatamente chiarito che moltissimi territori del Sud d’Italia, per colpevole omissione dei Pubblici Amministratori, sono ancora sprovvisti degli strumenti di pianificazione e regolamentazione comunale.
Basti pensare che sull’Isola d’Ischia, il Comune di Barano d’Ischia ha uno strumento adottato ma non approvato ed è ormai scaduto il termine triennale per la definitiva approvazione; il Comune di Forio ha, soltanto a gennaio di quest’anno, completato l’iter per l’approvazione del Piano Urbanistico Territoriale, ed attualmente tale strumento è sub iudice in quanto al vaglio dei Giudici Amministrativi per una serie di ricorsi presentati dai cittadini.

In situazioni non diverse versano molti altri territori del nostro Meridione.
Nel corso degli ultimi 36 anni si sono succeduti ben tre condoni edilizi, il primo dei quali preannunciato con larghissimo anticipo rispetto alla sua definitiva approvazione, e l’ultimo dei quali che non trova applicazione nella Regione Campania, a causa di quel pregiudizio ideologico di cui ho fatto cenno sopra e che inquina l’agire di una certa parte politica.
E così, spesso con il complice comportamento silenzioso del Pubblico Amministratore, si è sviluppato il fenomeno dell’abusivismo edilizio, connesso, nella maggior parte dei casi, alla primaria ed insopprimibile esigenza abitativa dei singoli.
A tanto va aggiunto che la politica di edilizia economica e popolare e/o di edilizia economica convenzionale, latita da tempo, e gli ultimi interventi sono ormai risalenti.
Negli uffici comunali dei territori maggiormente interessati dal fenomeno giacciono migliaia di domande di condono edilizio in attesa ancora di definizione!

Secondo i dati Istat dell’ultimo rapporto Bes (benessere equo e sostenibile), l’abusivismo edilizio in Italia ha raggiunto la cifra del 19,7%. Nell’arco di dieci anni a partire dal 2005, il numero di costruzioni realizzate illegalmente per 100 costruzioni autorizzate dai Comuni è quasi raddoppiato. Se nel 2005 raggiungeva l’11,9%, nel 2015 toccava il 19,7%.
In questo contesto si innesta l’attività della Procura della Repubblica di Napoli, unica in Italia, che lungi dal regolamentare il fenomeno, pone in esecuzione sentenze di condanna e/o di applicazione di pena su richiesta (c.d. patteggiamento, art. 444 c.p.p.) che prevedono la sanzione della demolizione.
Si tratta di una modalità di applicazione della giustizia che nulla a che vedere con il diritto e con la repressione del fenomeno. Si tratta infatti di una giustizia a macchia di leopardo che colpisce soltanto il cosiddetto “caprio espiatorio”.
La questione è divenuta di scottante attualità per l’esecuzione di una demolizione della casa di abitazione della famiglia DE SIANO, eseguita alcuni giorni fa nel Comune di Forio, ad opera della Procura della Repubblica di Napoli, e di quella che si sta eseguendo in queste ora a Procida.

In entrambi i casi due prime abitazioni realizzate la prima oltre 20 anni fa e la seconda nel 1990.
La Procura ha ritenuto di dare corso all’esecuzione della demolizione nonostante la grave crisi determinata dalla pandemia e nonostante l’intero territorio campano sia stato inserito tra le “Zone Rosse”, e, peraltro, in alcuni casi, in “zona rossa” per effetto degli eventi sismici!
Basti pensare che soltanto nella Regione Campania le R.E.S.A., cioè gli ordini di demolizione che vengono adottati dalla procura della Repubblica a seguito di sentenze di condanna e/o di applicazione pena ex art. 444 c.p.p. (c.d. patteggiamento) sono oltre 70.000!

Peraltro fino ad oggi è capitato che le demolizioni eseguite hanno riguardato quasi esclusivamente fabbricati destinati a prima abitazione.
Con la conseguente creazione di nuove sacche di emergenza abitativa.
Alla luce di ciò appare non rispondente a criteri di giustizia, oltre che ai principi sovranazionali più volte ribaditi dalla Corte Europea, illogico ed irrazionale consentire l’esecuzione delle R.E.S.A anche ad oltre venti anni dalla sentenza di condanna e/o di patteggiamento.
Le R.E.S.A. che si stanno eseguendo in questi giorni nella Regione Campania, afferiscono, quasi tutte, a sentenze di oltre 15 o 20 anni fa, e senza rispettare il criterio della gradualità che pure era stato previsto dal c.d. “protocollo Riello”.
Tale atto, ritenuto purtroppo “atto interno” dalla Suprema Corte di Cassazione, che prende il nome dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Napoli Dott. Luigi Riello, prevedeva una serie di criteri per la individuazione degli immobili da demolire, secondo un ordine di decrescente priorità.

Purtroppo nella pratica tale atto è stato del tutto disatteso ed il più delle volte le ruspe hanno demolito proprio manufatti ultimati da tempo, di modeste dimensioni plano-volumetriche, e destinati a prima ed unica casa di nuclei familiari.
È giusto che coloro che si sono posti contra legem ne sopportino le conseguenze, ma è altrettanto giusto, anzi sacrosanto, che la sanzione della demolizione venga eseguita entro un lasso temporale ragionevole dalla sentenza che l’ha prevista!
Purtroppo l’evoluzione giurisprudenziale che si è venuta formando negli ultimi anni, in assenza di esplicita e chiara disposizione legislativa, ha qualificato la sanzione della demolizione quale sanzione amministrativa, in netto contrasto con i principi affermati dalla Corte Europea (per tutte cfr. sentenza del 27 febbraio 2008 – Hamer c. Belgio), nella quale si sottolinea, appunto, che “l’ordine di demolizione per un abuso edilizio costituisce sanzione penale”.

Militano nei sensi di cui sopra, numerosi interventi della Corte sovranazionale oltre che principi di logica e giustizia sostanziale.
In Italia purtroppo la Corte di Cassazione richiamando i precedenti giurisprudenziali in materia, ha più volte affermato che l’ordine di demolizione del manufatto abusivo, avendo natura di sanzione amministrativa di carattere ripristinatorio, non è soggetto alla prescrizione stabilita dall’art. 173 cod. pen. per le sanzioni penali, né alla prescrizione stabilita dall’art. 28 della legge 24 novembre 1981, n. 689, che riguarda unicamente le sanzioni pecuniarie con finalità punitiva. Gli Ermellini ritengono infatti che la demolizione impartita con una sentenza di condanna e/o di applicazione pena su richiesta, ha natura di sanzione amministrativa, assolve ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, configura un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del territorio, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, producendo effetti sul soggetto che è in rapporto con il bene, indipendentemente dall’essere stato o meno quest’ultimo l’autore dell’abuso. Per tali sue caratteristiche la demolizione non può ritenersi una «pena» nel senso individuato dalla giurisprudenza della Corte EDU e non è soggetta alla prescrizione stabilita dall’art. 173 cod. pen. (per tutte cfr: Cass. III Sez. 23.02.2017 n.8879).
Opinabile orientamento, che non sembra superare i principi che invece in precedenza la stessa Corte aveva stabilito in tema di ordine di demolizione.
La vexata questio ha visto negli anni, infatti, orientamenti diversi e contrastanti con i principi che si sono invece venuti affermando con i più recenti arresti della Corte nomofilattica.

La sanzione della demolizione, specie quando eseguita a distanza di anni dal passaggio in giudicato della sentenza, ha indubbiamente natura penale.
La Politica dunque non può restare silente dinanzi ad un problema che ha gravi ripercussioni sul tessuto economico e sociale del Paese.
Si consideri che in caso di demolizione del manufatto, l’esecutato ha diritto ad ottenere il rimborso degli importi versati a titolo di oblazione e di oneri di urbanizzazione, oltre gli interessi.
La questione del rimborso è stata di recente decisa dal Tribunale di Napoli, che ha condannato il Ministero dell’Economa e delle Finanze al pagamento degli importi versati a titolo di oblazione in favore di un cittadino che pur avendo presentato la domanda di condono edilizio non ancora esitata, è stato raggiunto dall’ordine di demolizione per una sentenza di condanna riportata oltre 15 anni fa (Tribunale Napoli, X sez. civile n. 480/2020 del 16.01.2020 – D’Orta c/Ministero dell’Economia e delle Finanze).
Infine una ulteriore considerazione è doverosa: ho notato che non tutte le Procure d’Italia seguono un criterio unanime nel porre in esecuzione gli ordini di demolizioni. E ciò rappresenta un ulteriore discrasia del Sistema che impone un deciso intervento legislativo.
Il Ministro della Giustizia alcuni giorni fa intervenendo al question time in risposta all’interrogazione dell’On.Le Carlo Sarro ha testualmente: riferito: “è nell’ambito della procedura esecutiva che debbono assumere rilievo le istanze di carattere individuale, come per esempio quelle delle persone sprovviste di alloggio alternativo, che dovranno essere valutate accuratamente dall’Autorità giudiziaria, caso per caso. E’ infatti dall’analisi delle singole, specifiche situazioni che possono emergere situazioni di insuperabile necessità a cui dovrà essere dato adeguato rilievo, individuando di volta in volta le soluzioni appropriate”.

Pochi giorni dopo tale dichiarazione un PM della Procura partenopea ha proceduto nel territorio campano ad alcune demolizioni, una in particolare ha riguardato l’unica casa di abitazione di un nucleo familiare composto anche da una minorenne, che già era stato duramente colpito negli affetti per un evento sismico di alcuni anni fa. Ciò è accaduto pochi giorni prima di Pasqua.

Auspico quindi che la Politica intervenga ed il Legislatore voglia approvare le seguenti disposizioni, che forniscano l’interpretazione autentica dell’art. 31, comma 9, del DPR 380/2001 (ordine di demolizione) e dall’art. 181 del d.lgs. n. 42/04 (ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi), chiarendo finalmente che l’ordine di demolizione E’ SANZIONE PENALE e come tale può essere messo in esecuzione nel quinquennio dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna e/o di patteggiamento.
La modifica auspicata non è certamente un “condono edilizio tombale” o “mascherato”. Gli abusi edilizi saranno comunque e sempre perseguiti, ma nel rispetto del limite temporale dei cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna e/o di patteggiamento.

La politica su questo deve intervenire per ridare credibilità e fiducia nelle Istituzioni e nello Stato.
Qualora alla Politica dovesse mancare il coraggio, o preferisse ancora privilegiare un ipocrita pregiudizio ideologico, spero che almeno voglia attivarsi perché vengano adottate disposizioni per dare gradualità alle demolizioni.

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