C’era una volta Salini. D’ora in avanti si parla invece di WeBuild, che in inglese significa “Noi costruiamo”. Il numero uno italiano delle costruzioni, 35 mila dipendenti, cambia nome e spinge in avanti Progetto Italia, l’operazione di sistema che vede l’ormai ex Salini-Impregilo (www.salini-impregilo.com) al centro di un processo di aggregazione di altre importanti realtà italiane per creare un gruppo capace di realizzare le grandi opere infrastrutturali di cui ha bisogno il nostro Paese e che allo stesso tempo abbia le dimensioni e la solidità per battere la concorrenza internazionale sui mercati di tutto il mondo.
WeBuild, il nome scelto dal consiglio di amministrazione e che ora va approvato dagli azionisti, nasce con obiettivi ambiziosi. Presto perfezionerà l’acquisizione di Astaldi per poi proseguire con ulteriori ampliamenti del perimetro, con l’obiettivo di arrivare a un giro d’affari di 14 miliardi di euro con un portafoglio ordini di oltre 60 miliardi. Valori ormai prossimi ai livelli dei principali big internazionali, e che certo rappresentano una dimensione sufficiente per essere competitivi nei cinque continenti, nei quali peraltro Salini-Impregilo lascia a WeBuild un’eredità di assoluta rilevanza: quasi un quarto del fatturato si sviluppa oggi dalle commesse negli Stati Uniti, che sono il primo mercato in assoluto, mentre il 28% del giro d’affari è assicurato dai Paesi del Medio Oriente, il 18% dall’Italia, il 12% da Asia e Australia.
Il cambio di nome da Salini a WeBuild rimarca anche i nuovi assetti azionari, dato che il recente aumento di capitale da 600 milioni di euro ha portato a un assetto diverso. La famiglia continua a controllare la società con una partecipazione del 44%, ma nel libro soci – oltre ai nomi di importanti investitori istituzionali stranieri – ci sono ora anche quelli di Cassa Depositi e Prestiti, azionista con il 18%, e delle tre principali banche italiane, Intesa Sanpaolo, Unicredit e Banco Bpm, alle quali congiuntamente fa capo circa l’11% di WeBuild.