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giovedì, Aprile 18, 2024

Questione di potere. Per tutti

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4WARD di Davide Conte

Non c’è nulla da fare: il potere logora chi non ce l’ha. E quando si assapora quello vero, quello da grande leader, esso omologa anche i meglio predisposti ed armati (almeno apparentemente) dei più limpidi buoni propositi ai soliti, tradizionali metodi di captatio benevolentiae di stampo elettoralistico.

Matteo Renzi, già Presidente della Provincia e Sindaco di Firenze, oggi Presidente del Consiglio dei Ministri assurto a tale ruolo senza dubbio con grandi meriti della sua abilità personale, ma principalmente per grazia ricevuta dall’emerito Napolitano, continua con i suoi tentativi di proporre agli Italiani un sedicente nuovo modello di nazione, che partendo dalle riforme costituzionali di cui tanto si discute già da mesi, consenta finalmente al Paese di abbandonare le vecchie logiche e svoltare verso il futuro. Peccato che poi, in vista del referendum del 4 dicembre, alle cui sorti è legato il prosieguo della sua esperienza di governo e delle sue prospettive politiche, egli abbia cominciato ad abbindolare gli Italiani con promessucole fritte e rifritte: prima tra tutte, la garanzia della crescita del PIL all’1% a partire dal 2017, salvo poi vedersi sbugiardare elegantemente ma con decisione dal Governatore della Banca d’Italia; oppure proporre una riforma previdenziale-lampo per anticipare l’età pensionabile, ma i cui contenuti, alla fine, non hanno convinto proprio nessuno; o ancora, quintessenza dell’extrema ratio, ricorrere addirittura al rispolvero del progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, utile a recuperare voti in un meridione quanto mai orientato verso il NO, per poi rifugiarsi quarantott’ore dopo in un prudente dietrofront, certamente impostogli dagli alleati che non avevano alcuna voglia di “assomigliare” a Berlusconi. Mi ritorna in mente il famoso pecunia non olet di vespasiana memoria, per definire questo genere di comportamenti in stile “consenso a tutti i costi”, ma pur non essendo un renziano, ne resto profondamente deluso. Nel bene o nel male, il giovane premier aveva tutta l’aria di poter incarnare novità e cambiamento, ma prima del previsto sembra essersi fatto inghiottire dal sistema, assomigliando sempre di più a chi lo ha preceduto.

Scendiamo di un livello. Sul piano regionale, il Presidente della Giunta campana Vincenzo De Luca, dopo i notevoli successi ottenuti da Sindaco di Salerno, ha impiegato due tentativi prima di assurgere a Palazzo Santa Lucia. E rispetto alla campagna elettorale pressoché inerte del predecessore ed antagonista Stefano Caldoro, lo “sceriffo” ha impiegato tutta la sua capacità persuasiva, sfruttando la notevole verve che gli è propria per convincere la maggioranza degli elettori a propendere per il cambiamento in luogo della riconferma. La speranza, supportata dall’indiscutibile autorevolezza del candidato, era quella di una non meglio definita discontinuità col passato e in tantissimi ci hanno creduto, premiandolo. Ma è bastato poco per capire che anche in questo caso, poco o nulla stava cambiando: il proclama della rimozione delle ecoballe, o quello della rinascita del turismo, dei trasporti e della sanità, si sono rivelati molto presto in tutta la loro inconsistenza. In particolare per la sanità, avendo avocato a sé la relativa delega (scelta foriera del rientro del solito catto-trasformista, pronto al cambio di casacca pur di restare con le mani in pasta in quel settore), oggi le responsabilità del Presidente sono facilmente riscontrabili e proprio noi Ischitani, da pochi mesi a questa parte, ne siamo ottimi testimoni. Il neo-direttore della ASL Napoli 2 Nord, con buona pace di De Luca, è venuto meno a tutti i presupposti (chiamateli, se volete, promesse) che in campagna elettorale intendevano riconoscere la giusta dignità all’isola d’Ischia, al suo ospedale e, soprattutto, alla sua gente, in materia di sanità: non starò qui a ripetere tutto quanto abbiamo già rischiato e subìto, ma è opportuno ricordare che alle rassicurazioni successive alla manifestazione popolare di luglio scorso, ha fatto seguito una recente, crudissima riconferma delle inaccettabili intenzioni, in termini di programmazione, che l’hanno scaturita, a cominciare dal rischio di soppressione dell’UTIC (Unità di Terapia Intensiva Cardiologica). E sulla svolta annunciata in campagna elettorale da De Luca in materia di trasporti, beh… meglio stendere un velo pietoso, sia via mare, sia su gomma. Ma lui procede spedito, come se niente fosse e, manco a dirlo, lasciando facilmente intendere a tutti che nulla è cambiato. Basta conservare e gestire il potere: il resto è parva materia!

E se volessimo scendere ancora di un gradino? Vi prego, non aspettateVi che adesso mi metta a regalare l’ennesima parentesi di visibilità a Giosi Ferrandino, al suo vicesindaco Enzo o a chiunque altro della disastrosa amministrazione in carica al Comune di Ischia. Sono veramente esausto e, in tutta onestà, sarebbe troppo facile il parallelo, ovviamente in negativo, con le due figure politiche che ho appena finito di descrivere e che, guarda caso, sono associabili a loro anche per l’appartenenza partitica: sarebbe come sparare alla Croce Rossa. Per tutti e tre, ciò che ha contato e continua a contare di più era vincere, guadagnare il consenso e tenerlo stretto per raggiungere quella condizione di potere a cui ambivano più d’ogni altra cosa al mondo. Inutile biasimarli, credetemi. Piuttosto, basterebbe poco per capire che la causa di tutto questo siamo noi, noi che continuiamo a favorire questo genere di becero arrivismo attraverso una credulità popolare che oggi non ha più ragione d’esistere e che, nonostante i tantissimi problemi che circondano l’Italia a tutti i livelli, resta alla base di ogni nostra decisione al momento di conferire il consenso. Perché, se ci riflettiamo, mentre certi uomini pubblici sono logorati dalla mancanza del potere, la nostra bramosia di promesse, raccomandazioni e privilegi rappresenta il vero potere a cui proprio non sappiamo rinunciare e la forza che conferiamo a chi, pur di raggiungere i propri insani obiettivi, non esita a conferircelo.

Un popolo sovrano che si rispetti ha il dovere di svegliarsi e cambiare registro. E qui mi fermo, lasciando a Voi ogni altra riflessione.

 

1 COMMENT

  1. Il potere logora…..chi vorrebbe averlo, più che altri. La maggioranza delle persone, semmai, è logorata per gli effetti di quel “potere” mal riposto. E su questo punto si potrebbe aprire una sana discussione partendo proprio dalla sintesi di tutta la Tua riflessione che trovo racchiusa in questo enunciato:
    “….. il giovane premier aveva tutta l’aria di poter incarnare novità e cambiamento, ma prima del previsto sembra essersi fatto inghiottire dal sistema, assomigliando sempre di più a chi lo ha preceduto.”
    Per quanto mi riguarda lo trovo vero nella sua interezza ed ha una valenza generale ai vari livelli politici. Le parole chiave: giovane – cambiamento – sistema, dicono tutta la speranza di cambiamento riposta nei giovani e la delusione conseguente per la loro totale adesione al sistema. Ovvero il giovane che assomiglia al vecchio. Orbene, tenuto conto di quanto detto, quali potrebbero essere le soluzioni? Il ritorno alla logica dell’alternanza? A quello che Tu stesso, implicitamente, ritieni inefficace? (“…assomigliando sempre più a chi lo ha preceduto”). Non ritieni che gli elettori stiano dimostrando di essere pronti a “svegliarsi e cambiare registro”? Non trovi che ci sia una risposta inadeguata, della partitocrazia, alla richiesta di cambiamento proveniente dall’elettorato in genere? Nonostante gli stimoli provenienti dai movimenti?
    Il successo di De Magistris a Napoli , movimento arancione; Accorinti a Messina, movimento No Ponte; Raggi a Roma, movimento 5 Stelle, i tanti sindaci del Movimento No Tav, solo per citarne alcuni , ci dice che la gente non ha più fiducia della politica dei partiti tradizionali. Il cittadino non si sente rappresentato, ha capito che aggregandosi qualcosa succede: il potere non è nel politico ma ovunque ci si organizzi. Un numero considerevole e sempre crescente di elettori si aggrega in movimenti collettivi, ritenendoli veri garanti del cambiamento e della discontinuità con il sistema. Questa realtà non ti fa sentire inopportuna e impertinente la chiosa al tuo post: “Un popolo sovrano che si rispetti ha il dovere di svegliarsi e cambiare registro. E qui mi fermo, lasciando a Voi ogni altra riflessione” .
    Mi piacerebbe conoscere la conseguenza logica della Tua lucida riflessione che lasci, invece inspiegabilmente sospesa.

    NB. Se, come spero, risponderai a questo post cerca di non far uso del concetto di “populismo” tanto caro ai politici a cui incomincia a mancare il terreno sotto i piedi. E’ un termine inadeguato a qualunque movimento che abbia la sua genesi nella disperazione di un popolo democratico che vede inascoltate esigenze comuni e di buon senso e che abbia la visione e la speranza di un altro “mondo possibile”.

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