Ovunque si trovi in questo momento, il buon Carlo Aze(g)lio Ciampi starà certamente ridacchiando, da buon sornione livornese, della magra rimediata ieri in Campidoglio con l’erronea omissione della G sulla targa col suo nome da scoprire nell’intitolazione di un largo del Lungotevere. Una gaffe bella e buona che ha costretto tutti gli illustri ospiti dell’evento, Presidente Mattarella in primis, a lasciare il luogo della cerimonia senza che questa potesse svolgersi come da programma.
Ulteriore bocciatura senza appello alla povera sindaca Raggi, alla quale -diciamolo con sincerità- non ne va bene manco una. I livelli di degrado e abbandono raggiunti da Roma nei suoi cinque anni di mandato sono sotto gli occhi di tutti e non trovano attenuanti sufficienti, emergenza Covid compresa. Perché se come diciamo a Napoli “è ‘a varca ca chiamma ‘e marenare”, anche quest’ultima dimostrazione di palese disorganizzazione è la testimonianza vivente e inappellabile che la prima cittadina pentastellata capitolina, sin dal suo insediamento, non sia riuscita a circondarsi del fior fiore delle specchiate competenze disponibili in giro. A differenza sua c’è chi, come il collega parmense Pizzarotti, è ancora saldamente in carica dopo aver sonoramente e da anni mandato a quel paese i suoi sponsor politici.
E a proposito di “cinque stelle”, anche Voi -come me- trovate patetica questa guerra tra poveri tra Casaleggio-Rousseau e i grillini, questi ultimi facenti capo a “Giuseppi” Conte incaricato da Grillo di rifondare il movimento? Siamo al lancio degli stracci, in cui vengono rivendicati anche i debiti da saldare, dopo che il Garante per la Privacy ha imposto al co-fondatore dissidente di fornire alla controparte l’elenco degli iscritti. L’ex premier, dal canto suo, ancora crede alla favola che “ci sono tanti cittadini a cui ridare voce”. Intanto, qualcuno ridia la G al buon Ciampi, magari togliendone una delle tre a Virginia Raggi. Insieme alla poltrona.