venerdì, Luglio 11, 2025

Procida riscopre la memoria viva dell’ex carcere: oggi l’inaugurazione del progetto “Non ho aspettato altro che il giorno pieno”

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Ci sono luoghi che sembrano addormentati, silenziosi, ridotti a rovine. E poi ci sono luoghi che, anche nel silenzio, continuano a parlare. Palazzo d’Avalos a Procida è uno di questi. Ed è proprio qui che oggi, prende vita il progetto “Non ho aspettato altro che il giorno pieno”, a cura di Alberta Romano con Aurora Riviezzo: un intervento artistico e curatoriale che intende restituire voce, forma e memoria a un passato frammentato ma ancora pulsante.

Il progetto si inserisce nel più ampio programma Ecosistema Palazzo d’Avalos, un processo di rigenerazione culturale e sociale promosso dalla Cooperativa Immaginaria Onlus con il sostegno della Fondazione CDP e in collaborazione con il Comune di Procida. L’intervento è stato realizzato con il supporto dello studio di architettura AIDNA e rappresenta una delle tappe fondamentali nel percorso di valorizzazione dell’ex carcere borbonico, oggi epicentro di una nuova narrazione collettiva.

Palazzo d’Avalos non è solo un edificio affacciato sul mare. È un archivio vivente di storie, stratificazioni, vite intrecciate. Costruito nel Cinquecento come residenza nobiliare, divenuto scuola militare, poi carcere borbonico e infine struttura abbandonata, questo luogo custodisce memorie che non vogliono restare sepolte.

Durante la sua lunga storia carceraria, soprattutto a partire dal 1850 sotto la gestione dei Gesuiti, il carcere si trasformò in un centro di produzione artigianale. Con l’introduzione di macchinari tessili, nacquero le celebri Tele di Procida, tessuti prodotti dai detenuti che resero noto il laboratorio penitenziario anche al di fuori dell’isola. Accanto ai telai trovarono spazio tintorie, sartorie, falegnamerie e officine del ferro. Per un periodo vi fu anche una corderia: un vero e proprio microcosmo manifatturiero dietro le sbarre.

Il cuore del progetto curato da Romano e Riviezzo non è però una celebrazione del lavoro come strumento di redenzione, ma un’indagine sulla capacità umana di generare bellezza anche nella costrizione. Attraverso fotografie d’epoca, oggetti dimenticati, racconti orali, lenzuola tessute a mano, giocattoli in miniatura e mobili lignei, il progetto ricostruisce una genealogia invisibile della creatività quotidiana che ha attraversato le celle dell’ex carcere.

Il titolo stesso, Non ho aspettato altro che il giorno pieno, è tratto da L’isola di Arturo, celebre romanzo di Elsa Morante ambientato a Procida. Una frase che suona come una promessa sospesa, un’attesa che continua, un giorno pieno che tarda ad arrivare ma che si manifesta nei gesti minimi, nei segni lasciati su un legno, nei fili intrecciati delle tele, nella materia trasformata.

Il progetto prende ispirazione dalle Mostre Mercato che si tenevano in carcere: eventi pubblici in cui i detenuti esponevano i propri lavori artigianali. Questo modello diventa oggi il riferimento per una nuova forma espositiva che dà spazio a quello che gli autori definiscono un’“archeologia del possibile”. Il carcere, da luogo di reclusione, si rivela nella sua dimensione relazionale, come spazio poroso e denso di umanità.

L’allestimento, pensato come un corpo architettonico verticale, si snoda attraverso pannelli, fessure, elementi specchianti e dispositivi sensibili che intercettano le tracce del passato. Una vera e propria drammaturgia dello spazio, dove l’architettura si fa racconto e memoria, amplificando ciò che è rimasto depositato sulle pareti e nei corridoi del Palazzo.

Ad arricchire ulteriormente il percorso espositivo, è tornato a Procida l’opera “Letto per i giorni e le notti” di Francesco Arena, realizzata a partire da un vecchio giaciglio ritrovato tra le celle. L’opera, già presentata nel 2022 nella mostra Sprigionarti, nell’ambito di Procida Capitale Italiana della Cultura, è stata acquisita dal Comune di Procida grazie al sostegno del PAC – Piano per l’Arte Contemporanea 2024 della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.

Ora stabilmente installata al piano superiore del complesso, l’opera di Arena diventa un segno tangibile della volontà di integrare l’arte contemporanea nella narrazione di un passato collettivo.

Con l’inaugurazione di oggi, Palazzo d’Avalos torna a essere un luogo vivo, non più solo monumento alla memoria, ma laboratorio culturale aperto alla cittadinanza e ai visitatori. Il programma Ecosistema Palazzo d’Avalos, diretto da Marco Lauro e Valentina Schiano Lo Moriello, prevede iniziative future come la catalogazione sistematica del patrimonio, laboratori di storytelling, percorsi didattici e performance teatrali site-specific.

Procida, con il suo passato spesso dimenticato, si riconferma così come un crocevia di sperimentazione artistica e partecipazione civile. E Palazzo d’Avalos, da architettura abbandonata, torna a essere spazio di relazione, memoria e possibilità.

Autore

  • Leonardo Pugliese

    Leo Pugliese, nasce a Napoli ma vive e risiede a Procida. Giornalista da oltre 20 anni, è laureato in Scienze Politiche ed è stato giovane Ricercatore Universitario. Ha collaborato con diverse testate giornalistiche, diverse TV e programmi televisivi. E' padre di Michela, la gioia della sua vita.

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