Parlo del mio amico di banco al geometra: lo ricorderò come un giovane che mi fu tanto caro, insieme a tutti gli altri compagni, in quella classe in cui fui l’unica donna. Peppe era nato a Ischia nel febbraio del 1951, ultimo di quattro figli — Lucia, Giovanni e Caterina — da Margherita Latorella e Achille Sollino. Era un giovane molto studioso, ma con uno studio curioso: consultava, approfondiva e spaziava tra gli argomenti.
Ci accorgemmo subito, durante le ore del professor Vezzuto che ci insegnò Scienze in prima e seconda, che Peppe privileggiava quella materia e in particolare la botanica. Anch’io mi appassionai insieme a lui e spesso andavo a casa sua a studiare. In quinta decidemmo di prepararci insieme per l’esame di Estimo, la materia in cui eravamo più bravi; ma pochi giorni prima dell’esame ci cambiarono la prova e ci assegnarono Costruzioni. Fu una botta terribile: da aprile stavamo studiando Italiano ed Estimo.
Decidemmo di alzarci la mattina alle sei e studiare nella sua cantina, fresca e tranquilla. Ricordo che, tornando a piedi da Via delle Vigne, dove abitavo, qualche muratore mi chiedeva: «Signò, a quest’ora vai a scuola?» Ci diplomammo e poi cominciammo l’università. Ero amica di Tina Cardone, che frequentava gli stessi corsi universitari; un giorno andammo a studiare da Peppe e da allora, piano piano, nacque la loro storia d’amore. Io ero fidanzata con Alfredo e lui con Tina: ci volevamo un bene che faccio fatica a definire. Le nostre madri, la mamma di Peppe e la mia, erano cresciute insieme, e così anche noi.
Il tempo passò e io mi sposai presto, ma ci sentivamo sempre. Anche Peppe e Tina si sposarono alcuni anni dopo e andarono a vivere a San Ciro. Nacquero Margherita e Angelica; nel frattempo entrambi insegnavano — Tina con me alla Scuola Media Scotti e Peppe al Mattei. Fu un professore amato dagli alunni, che non solo lo stimavano ma nutrivano per lui grande affetto.
Peppe voleva altro: amava la natura, gli alberi, la macchia mediterranea. Cominciò a studiare di più e a raccogliere in piccoli quaderni i suoi appunti e le sue osservazioni. Tutti erano affascinati dal suo sapere e dal modo con cui lo trasmetteva. Lo studio degli alberi e delle loro malattie gli assorbiva gran parte del tempo libero; teneva conferenze, presentava libri e portava gli alunni a vedere dal vivo la nostra flora. Ricordo una volta, alla Scotti, quando tenni una conferenza sulla clonazione: vederlo seduto tra i primi banchi, a sorridermi, mi riempì di orgoglio e mi riportò ai giorni in cui sedevo al suo fianco.
Caro Peppe, eri diventato un punto di riferimento nel tuo campo, ma eri rimasto semplice: il mio amico che non si vendeva per cento lire quando qualcun altro della classe scherzava chiedendoti «Ti do cento lire, mi fai sedere vicino a Sandra?». Tu ti limitavi a sorridere senza nemmeno rispondere. Cara Tina, amica mia: da te ho imparato tante cose. Insieme abbiamo camminato per Napoli sicure, aspettando un’altra lezione; da te ho imparato l’ordine in casa, i lavori a mano, e quanto fossero preziosi i momenti trascorsi insieme a casa tua. Margherita e Angelica siete state l’orgoglio del vostro papà: vi ha amato con quel modo antico che parlava di presenza, di affetto, di esserci sempre.
Ho voluto ricordare il mio amico fraterno Peppe senza elencare qui i suoi grandi traguardi scientifici, perché per me era rimasto soprattutto il compagno di banco per due anni in una classe così unita. Insieme scoprimmo che fare gruppo ci aiutava: arrivammo persino a sbagliare tutti e ventuno lo stesso esercizio nell’esame scritto di Costruzioni.
Ma Peppe, il 30 aprile 2022, ci lasciò per sempre: se n’è andato sul divano, con il suo giornale, in pochi minuti, quando nulla faceva presagire quel gesto estremo. Non potevo crederci: lui, salutista e uomo dei piccoli e sobri piaceri, se n’è andato come aveva vissuto, con riservatezza. Pur essendo diventato una personalità nel suo campo, privilegiava l’umiltà, come fanno i grandi.
Peppe vive nei suoi studi, nella pineta Mirtina, dove il sindaco Enzo Ferrandino — che era stato suo alunno — gli ha dedicato una targa. Vive in tutto ciò che vogliamo imparare sulle nostre pinete; non se n’è mai andato, è nei ricordi della sua famiglia e nei nostri.
Sono commossa: lui era un amico fraterno e la nostra classe del geometra lo ha accolto con sorpresa e dolore. Non era un uomo come tanti: era colmo di sapere, curioso, amava osservare, consultare e mettere in pratica. Caro Peppe, da tanto volevo ricordarti ma non ci riuscivo. Stasera ho messo insieme queste righe in pochi minuti; non mi sono fermata per paura di cominciare a piangere e non poter continuare. Tina, Margherita e Angelica: questa è una sorpresa per voi. L’ho fatto per affetto, senza chiedere nulla a nessuno. Vi voglio tanto bene.









