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giovedì, Aprile 25, 2024

Omicidio colposo, sentenza assolutoria per il dott. Carmine Barile

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Il caso. Il non luogo a procedere è stato richiesto dal pubblico ministero di udienza e dagli avvocati Molinaro e Vignola

Paolo Mosè | Concordemente alle richieste conclusive del pubblico ministero e dei difensori dell’imputato, il giudice dell’udienza preliminare Sarno ha emesso sentenza di non luogo a procedere per non aver commesso il fatto nei confronti del dott. Carmine Barile. Lo stesso pubblico ministero ha quindi disconosciuto la richiesta di rinvio a giudizio che era stata formulata dal collega del suo ufficio alcuni mesi fa. Al termine di una indagine per scoprire se vi fossero responsabilità in ordine al decesso dell’insegnante Restituta Rumore. Deceduta a seguito di un infarto avvenuto nel maggio del 2020. Un anno e un mese fa. Una vicenda travagliata, anche per le difficoltà che si appalesavano nell’ambito della sanità trovandoci in quel periodo in piena pandemia.

Una decisione che è stata raggiunta per la determinazione degli avvocati Giovanbattista Vignola e Bruno Molinaro, che hanno difeso il dott. Barile. Sviscerando per intero il percorso che è stata costretta a subire la paziente. Con una superficialità molto marcata dei medici dell’ospedale “Anna Rizzoli”, ove si era recata la mattina dopo essere stata per tutta la notte attanagliata da un dolore al petto. Preoccupatasi per il malessere, la donna era stata accompagnata dal marito al nosocomio per sottoporsi ad una visita quantomeno cardiologica per scongiurare eventuali problemi al cuore. E come racconta il coniuge, la donna era rimasta poco tempo all’ingresso del pronto soccorso e un medico l’aveva rassicurata. Escludendo un possibile infarto. Invitandola a ritornare a casa e di sottoporsi ad una visita e controllo del medico curante. Per la formula adottata dal giudice di proscioglimento, il gup già nel dispositivo appalesa che vi è una certa responsabilità dei medici del nosocomio pubblico. E questo aspetto era stato già evidenziato dal pubblico ministero nella discussione. Escludendo qualsiasi colpa dell’imputato, il quale con i mezzi che ha a disposizione un medico di famiglia non avrebbe mai potuto diagnosticare una forma di problema cardiaco di quelle dimensioni e che non si appalesa in modo evidente. E solo con una coronarografia si ha la possibilità di avere un quadro più chiaro, ma in alcuni casi anche questo tipo di ricerca si dimostra inefficace. E come hanno anche sottolineato i consulenti del pubblico ministero, quel tipo di infarto che ha stroncato la vita del Rumore al settanta per cento porta irrimediabilmente alla morte istantanea.

IL CAPO D’ACCUSA
Prima di affrontare le questioni che sono state sollevate in udienza preliminare, è giusto porre al centro la contestazione che il pubblico ministero ha formalizzato nel dicembre scorso al dott. Barile: «Perché in qualità di medico curante di Rumore Restituta, per colpa consistita in negligenza imprudenza ed imperizia, ed in particolare nella violazione delle regole dell’ars medica, contattato telefonicamente dalla persona offesa, al quale rappresentava di sentire un forte dolore al petto, allo stomaco fino alla gola e con le condotte di seguito meglio descritte: omettendo di verificare la presenza di patologie cardiache della paziente, già affetta da un forte dolore toracico, ed in particolare omettendo di prescrivere l’effettuazione di un esame elettrocardiografico e di analisi ematochimiche, inclusive specificamente degli enzimi cardiaci (troponina e CPK), limitandosi invece a prescrivere un mero esame ecografico alla tiroide ed un prelievo ematico generico; cagionava la morte di Rumore Restituta, deceduta a causa di un infarto miocardico acuto transmurale della parete posterolaterale del ventricolo sinistro, provocato da una dissezione spontanea coronarica, denominata S.C.A.D. (Spontaneous Coronary Artery Dissection). Invero, la condizione fisica complessiva della persona offesa imponeva necessariamente un approfondimento diagnostico sull’origine del dolore toracico, che, laddove effettuato secondo le modalità in precedenza illustrate e previste dalle linee guida ovvero dalle buone pratiche clinico-assistenziali vigenti in materia, avrebbe consentito una tempestiva diagnosi della S.C.A.D. e l’inizio di un’adeguata terapia anti-piastrinica a base di aspirina e clopidrogel, che avrebbe con elevata probabilità evitato il decesso di Rumore Restituta».

IL RACCONTO DEL MEDICO
I familiari della giovane donna perita non si sono costituiti parte civile, non ravvisando alcuna responsabilità del proprio medico di famiglia, che da decenni ne ha curato tutti i componenti e la stessa Restituta Rumore riponeva la massima fiducia nei confronti del Barile. Lo stesso medico non si è sottratto alle domande del giudice, della pubblica accusa e dei suoi difensori. Ha ripercorso in modo analitico la visita a cui sottopose la donna. La quale in quella circostanza informò il suo medico curante di essersi recata all’ospedale e che i medici avevano escluso un possibile infarto in atto o comunque malessere nell’ambito cardiologico. Avvertendo un bruciore allo stomaco e un dolore al braccio destro. Non tipico di un infarto, che si manifesta all’arto sinistro ed è un segnale specifico. Sottoponendola ad un’accurata visita ai polmoni, all’addome, assenza di aritmia. Manifestando dolore addominale e ciò era legato a problemi già noti alla cistifellea e anche con coliche addominali. Predisponendo al termine della visita una serie di esami del sangue e un’ecografia. Esami che poi vennero inviati il giorno dopo, sera inoltrata, tramite WhatsApp che il dottore lesse dopo aver effettuato le visite in ambulatorio e presso i domicili. Lo stesso medico ha puntualizzato che se avesse nuovamente manifestato un dolore toracico, avrebbe dovuto immediatamente recarsi al pronto soccorso per ulteriori esami. Il contatto con la paziente non si è mai più avuto, in quanto la situazione precipitò in modo irreversibile, con il trasporto tramite autoambulanza in ospedale, dove poche ore dopo morì.
Il pubblico ministero ha esordito chiedendo subito al giudice sentenza di non luogo a procedere ritenendo che non vi fossero elementi da poter contestare al medico di famiglia. Il quale ha svolto con scrupolo e attenzione tutto ciò che era in suo potere, con una visita accurata e predisponendo tutti gli esami necessari.

E che comunque per individuare quale fosse la causa del dolore manifestato durante il primo accesso in ospedale, non era facilmente diagnosticabile dal medico di famiglia, che come riferisce la dottrina medica ha bisogno di specialisti e di strumenti sofisticati che un ospedale pubblico attrezzato riesce a fare. La ricostruzione dell’imputato è peraltro confermata dalla denuncia contro ignoti presentata dal marito della Rumore, che ha ripercorso tutte le fasi di questa tragedia ed ha riportato ciò che gli aveva riferito la consorte subito dopo essere stata visitata dal medico di famiglia. Criticando qualche passaggio dei consulenti della Procura, che per il magistrato inquirente in udienza è una estrapolazione di un convincimento che non trova alcun sostegno dalla dottrina scientifica.

LA CRONOLOGIA DEI FATTI
Per l’avv. Giovanbattista Vignola questa vicenda non si sarebbe dovuta concludere con una richiesta di rinvio a giudizio. Sulla base di presupposti che oltre a non avere argomentazioni fondate, si è basata su un convincimento che non rispecchia la cronologia dei fatti. Mentre il pubblico ministero delle indagini avrebbe dovuto tenere in seria considerazione ciò che è stato scritto dal coniuge della Rumore. Un racconto chiaro, preciso, con una cronologia che rispecchia interamente come si sono sviluppati gli eventi. E di questo si è fatto carico l’avv. Bruno Molinaro, che con foga e altrettanta determinazione ha richiamato l’attenzione del giudice su ciò che è accaduto nello spazio di pochi giorni: «La sera del 18 maggio 2020 la signora Rumore Restituta, insegnante di danza che, come riferito dal coniuge Artiano Biagio, non era affetta da alcuna patologia degna di nota, presentò un dolore al petto ed al braccio destro (affatto assimilabile ad un dolore ischemico coronarico, essendo atipica l’irradiazione al braccio destro, per di più in assenza di ulteriori sintomi associati tipici dell’angina pectoris quali dispnea, sudorazione profusa, dolore alla spalla e/o al braccio sinistro) e, comunque, di entità tale da non indurla a una richiesta di intervento sanitario immediato.
Il giorno successivo, tuttavia, per la persistenza del dolore si recava presso l’ospedale Rizzoli di Lacco Ameno, ove riceveva rassicurazioni dal personale sanitario di guardia del P.S. di non preoccuparsi poiché non si trattava di un principio di infarto.
A questo punto, contattava il dott. Carmine Barile, proprio medico di famiglia da circa 40 anni, che la riceveva e visitava lo stesso giorno.
La visita si concludeva con la richiesta di accertamenti sulla base della sintomatologia riferita (dolore allo stomaco ed alla gola) e della obiettività clinica, nella specie analisi emato-chimiche ed ecografia dell’addome e del collo.
Tali esami, effettuati il giorno successivo, venivano visionati dall’odierno imputato e lo orientavano per un’affezione di tipo dispeptico con prescrizione di idonea terapia e con riserva di ulteriori approfondimenti diagnostici tenuto conto dell’evolversi del quadro clinico-sintomatologico.

Approfondimenti diagnostici che, purtroppo, non è stato possibile eseguire per la tumultuosità dell’exitus.
L’esame autoptico eseguito il successivo 29 maggio evidenziava una dissecazione coronarica spontanea verosimilmente responsabile del riscontrato infarto miocardico acuto della parete postero-laterale del ventricolo sinistro cardiaco con estensione al muscolo papillare posteriore, nonché quale reperto accessorio una steatosi epatica».

LA DENUNCIA DEL MARITO
E ribadito che gli studi sulla malattia collocano il tasso di mortalità intorno al settanta per cento. Lo stesso avv. Molinaro ha ricordato che emeriti cardiologi hanno classificato questa una malattia rara, di difficile diagnosi e che può essere scoperta ed affrontata solo in presenza di un apparato di unità coronarica di un certo livello professionale. E ricorda soprattutto cosa era stato trasmesso all’autorità giudiziaria dal consorte: «Ciò detto, va rilevato che, come risulta dalla denunzia-querela sporta da Biagio Artiano, coniuge convivente di Restituta Rumore, ricevuta dai CC di Casamicciola Terme il 22 maggio 2020, subito dopo la morte di quest’ultima e senza che vi siano elementi che possano far dubitare della genuinità del narrato “in data 18.05.2020, verso le ore 20.00 mia moglie, rientrata a casa dopo aver partecipato alla Santa Messa, mi riferiva di aver un dolore al petto ed al braccio destro. A seguito di mia richiesta mia moglie mi riferiva di non ritenere di doversi recare presso una struttura sanitaria. Tuttavia, la mattina successiva, cioè il 19 c.m., il dolore persisteva e mi riferiva di volersi recare presso il nosocomio di Lacco Ameno (Na) per le cure mediche del caso. Verso le ore 11.00, quindi, lasciavo mia moglie all’ingresso del Pronto Soccorso della predetta struttura mentre io mi recavo a parcheggiare la vettura. Tuttavia, giunto al pronto soccorso dopo pochi minuti, già trovavo all’esterno mia moglie la quale, con sommo stupore, mi riferiva che i sanitari le avevano detto di non preoccuparsi poiché non si trattava di un principio di infarto”.

A seguito di ciò, la signora Rumore, come già anticipato, contattava il proprio medico di famiglia, dott. Barile, che le fissava un appuntamento per le successive ore 15.30».
Con una chiosa finale dell’avv. Molinaro: «Non vi è dubbio, pertanto, che la condotta del dott. Barile sia stata improntata, nella specie, ad assoluta diligenza: riceve la Rumore lo stesso giorno; non si limita ad ascoltare la sintomatologia riferita, ma procede ad un completo esame obiettivo con riscontro in particolare di assoluta normalità dei parametri emodinamici; al fine di approfondire il quadro clinico, le prescrive esami emato-chimici ed ecografici; ne prende visione il giorno successivo e, appena pronti, prescrive una terapia e programma con ulteriore approfondimento diagnostico in caso di mancata remissione della sintomatologia.
Va, altresì, considerato che l’odierno imputato conosceva bene la propria paziente, del tutto integra sul piano clinico, che per di più conduceva un regime di vita ed alimentare salutare, svolgeva giornalmente attività sportiva, gestiva personalmente una palestra, non presentava alcun fattore di rischio cardiovascolare legato all’età, al sesso, alla familiarità, all’ipertensione, al diabete mellito, all’obesità, all’ipercolesterolemia, al fumo, alla sedentarietà».
E questa udienza preliminare non poteva che concludersi con una sentenza assolutoria.

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