Giovani interpreti, parole del Vangelo e gesti essenziali hanno dato vita a una preghiera vissuta con autenticità, capace di unire la comunità
Camillo Buono, Serrara Notizie | Foto Marika Maltese e Rosa Nera | Certe serate non si dimenticano. Non perché siano spettacolari, ma perché parlano all’anima. Quello che è accaduto giovedì sera a Serrara, nel silenzio della notte e nella penombra delle strade illuminate solo da fiaccole e sguardi commossi, è stato un momento di vera fede. Una di quelle esperienze collettive che ti fanno sentire parte di qualcosa di più grande, unito da un filo invisibile ma fortissimo: la spiritualità condivisa.
La Via Crucis, organizzata dalla Parrocchia di Santa Maria del Carmine a Serrara, ha saputo andare oltre ogni aspettativa. Non una rappresentazione scenica, non un evento teatrale: ma una vera e propria preghiera vivente. Un momento in cui i giovani della comunità, con semplicità e straordinaria intensità, hanno fatto rivivere le sofferenze di Cristo lungo il suo cammino verso il Calvario. Una sofferenza non recitata, ma sentita e trasmessa con una forza che ha lasciato ammutoliti i tanti fedeli presenti.

























Dalla flagellazione al giudizio di Pilato, dal peso della croce al dolore della madre, dalle cadute lungo il cammino fino alla crocifissione e alla deposizione al sepolcro, ogni passaggio è stato curato e interpretato con grande delicatezza e rispetto. Nessun eccesso, solo l’essenziale: i gesti, i volti, i silenzi e le parole del Vangelo hanno costruito una narrazione autentica e profondamente toccante.
A introdurre la Via Crucis è stato don Antonio Mazzella, con parole che hanno subito chiarito lo spirito dell’iniziativa: “Viviamo questa sacra rappresentazione, non viviamo il teatro, non è soltanto scenografia, ma attraverso i testi, attraverso l’interpretazione dei ragazzi vogliamo pregare… le tappe di questa via dolorosa sono le tappe della nostra vita, della storia di ciascuno di noi.”
E così è stato: ogni stazione è diventata lo specchio della nostra umanità, delle nostre fragilità, dei dolori e delle speranze che ciascuno porta nel cuore. Camminare insieme a Gesù, dietro quella croce, ha significato sentirsi comunità, nel senso più vero e profondo del termine.
E poi, quando tutto “fu compiuto”, dopo l’ultima stazione e la deposizione del corpo di Cristo, si è levato un applauso spontaneo, lungo e caloroso. Un segno di riconoscenza, di commozione, di affetto profondo verso tutti i partecipanti. Nonostante il clima ancora freddo, con tuniche leggere e sandali ai piedi, i ragazzi hanno saputo donarsi completamente, resistendo con il cuore più che con il corpo.
Un plauso va ai giovani interpreti, a chi ha vestito i panni di Ponzio Pilato, dei legionari, di Gesù, e a tutti quelli che hanno lavorato dietro le quinte con impegno e discrezione. Un ringraziamento speciale va a Vincenzo Schiano, vera mente di tutta la macchina organizzativa che ha curato ogni dettaglio con passione e precisione, contribuendo a rendere questa sacra rappresentazione qualcosa di veramente unico.
Non è stata solo una “Via Crucis”. È stata un’esperienza di fede, di partecipazione, di memoria e di comunità. In un tempo in cui spesso siamo distratti e distanti, Serrara si è ritrovata unita, a camminare insieme sotto la stessa croce, con la stessa speranza negli occhi.