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sabato, Aprile 20, 2024

Oggi l’autopsia su Maria. La verità col patologo Tarsitano

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Fra poche ore si inciderà sul corpo di Maria Diotallevi per scoprire esattamente le cause del suo prematuro decesso. Alle ore 14 precise di oggi il pubblico ministero Fabrizia Pavani consegnerà l’incarico al prof. Tarsitano per procedere all’autopsia della salma. Consegnando al tempo stesso alcuni quesiti che sono indispensabili per il prosieguo delle indagini. Soprattutto capire se c’è una correlazione tra il decesso della giovane e le possibili responsabilità dei medici che soprattutto la visitarono nella giornata di domenica scorsa e che le avrebbero diagnosticato la classica patologia invernale di problemi intestinali che le avrebbero causato vomito, febbre alta fino a 40 gradi e indolenza.

Presenti al delicato incarico i difensori della famiglia della Diotallevi e dei due indagati che hanno ricevuto una informazione di garanzia a propria tutela, essendo l’autopsia un atto irripetibile. E quindi per dare loro la possibilità di farsi assistere da un proprio patologo di fiducia durante tutte le operazioni per l’accertamento della causa del decesso. Un’attività che si svolgerà in tempi rapidissimi e non è escluso che si possa procedere già nel pomeriggio di oggi. Presso il reparto di Medicina legale del II Policlinico. Il prof. Tarsitano ispezionerà le parti vitali del corpo e soprattutto si soffermerà sui polmoni, che risulterebbero in una zona particolare perforato. Capire il perché di questa situazione clinica. Cosa l’ha causata. Se vi erano possibilità di salvare una vita se si fosse intervenuti in tempi ragionevolmente brevi. Ed in particolare se questa patologia fosse stata scoperta da esami più approfonditi presso il nosocomio di Lacco Ameno, Maria Diotallevi sarebbe ancora in vita e avrebbe potuto riabbracciare i due figli in tenera età.

Il patologo che il pubblico ministero ha scelto dovrà riportare in una relazione quello che avrà accertato durante l’ispezione del cadavere e sciogliere il dubbio che assilla soprattutto la famiglia della vittima. Se c’è una correlazione, una responsabilità medica per coloro che sono iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo. Il patologo, nello svolgere questa complessa e difficile verifica, terrà senza ombra di dubbio in considerazione la cartella clinica che è stata sequestrata dai carabinieri della Stazione di Casamicciola, coordinati dal capitano Andrea Centrella. Dove vengono riportate tutte le attività mediche poste in essere non solo nella giornata di domenica, quando venne visitata e dopo essere stata curata con alcuni farmaci prima di essere riconsegnata alla sua famiglia, ma soprattutto nel secondo ricovero all’ospedale “Rizzoli”. Quando giunse in condizioni estremamente critiche. Con febbre altissima, conati di vomito e poi trasferita con codice rosso nel reparto di rianimazione. Secondo alcuni testimoni al momento di porla sulla barella per condurla al secondo piano del nosocomio di Lacco Ameno, la donna avrebbe subito un primo arresto cardiocircolatorio. Prontamente bloccato con una serie di tecniche di rianimazione. Ma le sue condizioni erano talmente critiche, disperate che i rianimatori non sono riusciti ad evitare il decesso. Molto probabilmente per una debilitazione che ha scosso irrimediabilmente il cuore, tutti gli organi vitali, che non hanno più reagito. Come se fosse stata abbandonata dal suo stesso corpo perché flagellato da una probabile e devastante infezione che ha reso il cuore fragile, incapace di dare quegli impulsi vitali. Anche perché i polmoni erano diventati “corpi” attaccati da quella infezione che la tac ha evidenziato in modo marcato. Un accertamento che, secondo fonti ben informate, era stato eseguito subito dopo il decesso.

Il pubblico ministero Pavani ha accelerato al massimo tutte le attività che le impone il codice di procedura penale. Disponendo da un lato l’autopsia, la nomina di un proprio consulente e la convocazione dinanzi a sé di tutte le parti in causa per il conferimento dell’incarico. Dall’altro ha disposto che i carabinieri notificassero avviso di garanzia a due sanitari che hanno avuto un contatto diretto con la Diotallevi. Ed in particolare nei confronti di V.P. e di D.S.A. (medico di base). Le cui posizioni non sono state ancora per nulla approfondite. Ci sarà tempo e luogo per verificare se in capo ai due indagati vi sono motivi di responsabilità. Per loro l’avviso di garanzia non è altro che un provvedimento che il codice prevede per consentire loro di avere una difesa più corretta e più garante possibile. Dando loro la possibilità di potere farsi assistere da legali di propria fiducia e da medici specializzati nel compimento delle autopsie. Questo non vuol dire che allo stato delle cose sono i responsabili. Questo è un compito che spetterà al giudice del dibattimento, se processo ci sarà per uno o per entrambi gli indagati. La scelta dovrà farla il pubblico ministero, che dopo aver ricevuto tra le mani la consulenza del prof. Tarsitano tirerà le somme di questa brutta storia. A causa della morte di una giovanissima donna che lascia due figli in tenera età. E’ tutto nelle mani del patologo. E’ chiaro che i consulenti della difesa e della parte offesa potrebbero giungere a conclusioni diverse, contrastanti, anche rispetto a quanto riferirà il consulente della Procura.

Nel frattempo la squadra di polizia giudiziaria che lavora a stretto contatto con il pubblico ministero riceverà la delega per ascoltare a sommarie informazioni tutti coloro che erano presenti nel pronto soccorso e che hanno visto evolversi la malattia della povera Maria. Se hanno ascoltato quanto si sono detti, il medico che l’ha visitata per primo e cosa ebbe a rispondere la paziente. Capire se in quella fase della domenica turbolenta sia stato o meno consigliato il ricovero. O se invece la patologia di cui soffriva era stata ritenuta una classica influenza di stagione con dolori addominali, febbre alta. Che si sarebbe potuta curare con i classici farmaci che vengono prescritti anche dai medici di base. Quella domenica sera la donna è stata visitata anche da un altro sanitario del “Rizzoli” che ne aveva confermato la patologia. Ma non era lui a decidere sulla sorte della paziente. Una responsabilità in capo a chi l’aveva visitata e le aveva poi prescritto i farmaci. Si è parlato, in ambito medico, dell’assunzione di zinco. Un particolare farmaco che avrebbe da subito consentito un recupero, con l’abbassamento della temperatura corporea e con l’eliminazione di quel senso di nausea e vomito. Tanto da rendere giustificato il ritorno a casa. Tutto sembrava rientrare nella normalità, perché presso lo stesso ospedale “Rizzoli”, tra sabato e domenica, sono stati visitati numerosi pazienti che lamentavano patologie simili. Che si erano risolte con i soliti farmaci che comunemente vengono prescritti ai pazienti.

Il ritorno a casa sembrava qualcosa che potesse consentire alla Diotallevi di recuperare, di essere forte come prima e quella febbre che avrebbe dovuto sparire in tre giorni, ha invece iniziato di nuovo a risalire con maggiore “determinazione”, forza e devastazione. Raggiungendo nuovamente i 40 gradi. Passando una notte insonne e sofferente e tale da consigliare il giorno dopo una visita in ospedale, nella speranza di trovare il rimedio giusto, quel farmaco o intervento che avessero la meglio sulla malattia. Invece tutto è diventato ingestibile, le condizioni sono precipitate con il passare dei minuti. Il suo corpo non ha più reagito ed il medico che l’ha visitata per la seconda volta nel pronto soccorso ha immediatamente capito di trovarsi di fronte ad un codice rosso. Ad un paziente in grave pericolo di vita. Allertando tutta la macchina sanitaria dell’ospedale “Rizzoli”. Chiedendo l’intervento urgente dei rianimatori. Gli unici in quel momento in grado di poter fronteggiare un quadro clinico disperato, impossibile da bloccare. Quella preoccupazione si è dimostrata veritiera, giunta nel reparto le sono state praticate quelle attività rianimatorie con la respirazione assistita per capire quale fosse la causa che aveva reso la donna incapace di reagire, il suo corpo a non rispondere alle sollecitazioni che pur i medici avevano tentato di porre in essere.

E’ una brutta storia per i familiari che si sono ritrovati in poche ore senza più un punto di riferimento, soprattutto per quei due bambini che ricorderanno a malapena la loro mamma. Cresceranno senza l’amore materno che è indispensabile per chi ha appena uno-due anni e questo brutto episodio se lo porteranno dentro anche dopo la maggiore età, ricordando di essere cresciuti senza un genitore. Di chi la colpa? Questo è un compito che spetta alla magistratura e a quegli stessi medici che sono stai chiamati ad individuare la causa scatenante. Sono proprio questi ultimi che dovranno di fatto “sentenziare” se siamo in presenza di una colpa medica ben precisa o se invece il destino, la casualità o l’imponderabile hanno fatto il resto. Certo è che questa vicenda non si conclude qua. Non si conclude nella fase delle indagini preliminari. Per avere una parola chiara e definitiva si dovrà attendere necessariamente il processo dinanzi ad un tribunale. Il cui giudice emetterà sentenza di assoluzione o di condanna per l’imputato che il pubblico ministero ha individuato in questa fase di verifica, accertamento e soprattutto approfondimento. Sulla documentazione sequestrata e sulle risultanze autoptiche.

PAOLO MOSE’

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