Oggi, l’isola di Procida si raccoglie attorno al suo patrono celeste, San Michele Arcangelo, per celebrare una festa che è al tempo stesso memoria, devozione e speranza. Dopo il triduo di preparazione, e a un anno dalla mancata processione a causa del maltempo, le strade dell’isola si riempiranno nuovamente di preghiere e canti, testimoniando una fede che attraversa i secoli.
La ricorrenza di San Michele, riconosciuta da alcuni anni anche come festività civile, richiama alla mente non solo l’antico legame tra l’Arcangelo e la comunità procidana, ma anche il suo ruolo di protettore spirituale in tempi di prova. La data del 29 settembre, un tempo fissata per unificare la celebrazione con quella liturgica universale, oggi torna a vivere nella dimensione comunitaria dell’isola, come ringraziamento per i numerosi interventi miracolosi attribuiti al Principe delle Milizie Celesti.
La devozione a San Michele affonda le sue radici nel cuore più profondo della spiritualità procidana. Non si tratta solo di una tradizione, ma di una vera e propria alleanza spirituale tra l’isola e il suo patrono. Una relazione viva, capace di attraversare mari e generazioni, e che ha accompagnato anche gli emigranti procidani che, ovunque nel mondo, hanno fondato comunità mantenendo viva la venerazione per l’Arcangelo.
Questa fede si esprime in forme molteplici: dalla processione solenne che percorre le vie dell’isola, alle confraternite che nel tempo hanno custodito e tramandato i riti e le preghiere. Tra queste, la più recente è la “Congrega di San Michele”, nata nel XIX secolo e conosciuta come “dei gialli” per il colore del mozzetto indossato dai confratelli. Una confraternita che, sin dall’inizio, ha coinvolto anche le donne e che ricevette il riconoscimento curiale nel 1885.
Il legame tra Procida e San Michele non è solo devozionale, ma anche storico e salvifico. Le cronache e la tradizione orale, raccolte dal curato Nicola Ricci alla fine dell’Ottocento, raccontano di apparizioni e interventi prodigiosi che hanno salvato l’isola da invasioni, epidemie e catastrofi naturali.
Nel 1534, secondo la testimonianza del curato, l’apparizione di San Michele mise in fuga la flotta del pirata Barbarossa, pronta a saccheggiare Procida. Episodi simili si ripeteranno nel 1799, nel 1855 durante una siccità devastante, nel 1866 e negli anni successivi in occasione delle epidemie di colera. Ancora nel 1883, durante un terremoto, e nel 1879, quando un uragano travolse la Corricella, l’intercessione dell’Arcangelo fu invocata e sentita come presenza salvifica.
Il mare, spesso minaccia e prova per i naviganti, divenne anche luogo d’invocazione e di miracolo. Gli ex-voto, ancora visibili, testimoniano la gratitudine per navi salvate, malattie guarite, tempeste domate. Persino durante la Prima Guerra Mondiale, le madri e i padri dell’isola alzavano gli occhi al cielo, affidando a San Michele i loro figli al fronte: le preghiere, si racconta, non rimasero senza risposta.
Nel tempo presente, la figura dell’Arcangelo continua a ispirare e sostenere. La sua spada non è solo simbolo di battaglia, ma di discernimento e giustizia, di vittoria del bene sul male. Sempre più spesso, le preghiere rivolte a lui riguardano le battaglie interiori dell’uomo contemporaneo: dalla solitudine alla dipendenza, dalla perdita di senso alla richiesta di liberazione spirituale.
Oggi l’isola si ferma non solo per onorare il suo patrono, ma per rinnovare il patto di fede con colui che, da secoli, veglia sulle sue sorti. La processione che attraverserà le sue strade sarà ben più di un rito: sarà un atto di affidamento, un’invocazione collettiva, un cammino di fede guidato da colui che, in cielo, porta il nome di “Chi è come Dio?”. San Michele, difendici ancora nel combattimento