Esistono persone che hanno qualcosa che le rende speciali agli occhi di tanti, mentre loro stesse non sanno di esserlo. Io ho ammirato una di queste persone: si chiamava Nunzia Mattera ed era di Casamicciola.
Dico “era” perché nel 2018 Nunzia ci ha lasciati, portata via da un male che lei ha sempre trattato come qualcosa che non doveva fermarla, anzi, che l’ha spinta ancora di più all’altruismo. Al punto che, quando Papa Francesco la chiamò al cellulare mentre stava molto male, lei chiese al Papa non di pregare per sé, ma per Casamicciola, che allora era stata colpita dal terremoto.
Nunzia era una persona straordinaria, una donna forte, moglie e mamma di Cesare. Era pronta a guardarsi intorno, a capire che molti avevano fame e che tanti, per dignità, non chiedevano nulla. In modo naturale cominciò ad aiutare alcune famiglie con generi alimentari, che teneva in una stanza di uno zio a Perrone. Ma quando qualcosa che sa di buono nasce, diffonde un profumo leggero che percorre strade, vicoli, entra nelle case e porta speranza. Così, nel 2014, quasi naturalmente, Nunzia diede vita alla Catena Alimentare e iniziò a chiedere aiuto a varie istituzioni. La risposta concreta arrivò dalla famiglia De Luise, che offrì a titolo gratuito quella che divenne la sede della Catena Alimentare in via Elena.
Ma distribuire spese ogni quindici giorni a tante famiglie non le sembrava abbastanza. Ci volevano allegria, colori, fiori, piantine che abbellissero quel vicolo. E un sabato pomeriggio in tanti accolsero l’invito di Nunzia, compresa Luciana Morgera della Borsa Verde 3.0, impegnata nel baratto e nella valorizzazione dei prodotti dell’isola d’Ischia. Fu un pomeriggio che diede il via a giorni incredibili, che portarono, insieme agli addobbi naturali, una strana sensazione di speranza e di voglia di fare ancora e ancora.
Nunzia non si fermava, e le famiglie da aiutare crescevano. Un altro sostegno importante arrivò dall’associazione Kalimera. Trovò anche un valido collaboratore in Francesco Di Noto Morgera, e sembrava invincibile. Eppure, come dico spesso, la vita a volte appare ingiusta e colpisce duramente chi invece la ama e la rispetta. Nunzia si ammalò di tumore, ma continuò finché poté a portare avanti quel suo pensare agli altri attraverso una catena simbolica, che funzionava fin troppo bene.
Nel 2018 il sindaco Enzo Ferrandino le conferì l’encomio solenne che meritava in pieno, anche se dai suoi occhi sembrava trapelare una domanda: perché, come mai, mi stanno premiando? E così, come nella teoria atomica della materia — da lontano la vedi intera, da vicino ne distingui i pezzettini — anche la Catena Alimentare, anche quel vicolo, erano fatti di tante piccole cose che insieme hanno creato qualcosa di grande. Grande nel senso di qualcosa che si nota solo se la si vuole vedere. Altrimenti resta lì, come un muro compatto, che non serve a creare barriere ma a sorreggere piantine che crescono. Come è cresciuto il bene che Nunzia aveva iniziato a fare, e che su quel muro ha scritto una delle pagine più dolci di una donna che si definiva “come tante”, ma che riuscì a fare del bene a tantissime famiglie.
La Catena Alimentare sa di buono. Sa di chi, vivendo, ha voluto trasformare i propri giorni in borse piene di cose semplici, che aperte agli altri riempivano il cuore non di beni materiali, ma di sensazioni profonde e appaganti. La Catena Alimentare è stata ed è ancora viva, come Nunzia sognava, grazie al presidente Francesco Di Noto Morgera e ai suoi collaboratori, che come lei non si fermano e fanno quel bene che non si deve ostentare, ma compiere.
Ringrazio Catrin Sirabella e Isabella Puca per aver collaborato con me e con l’associazione che continua a tenere vivo il sogno di Nunzia.










