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venerdì, Marzo 29, 2024

NON HO PIU’ NIENTE! Teresa: «Il 26 novembre ho perso la mia famiglia, non mi rimane più niente. Ora sopravviviamo al dolore»

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La frana le ha portato via il figlio Gianluca, la nuora Valentina e i nipotini Michele, Francesco e Maria Teresa. «Per mio marito il dolore è anche più forte, perché aveva un legame viscerale con il figlio. Il 26 novembre la vita si è fermata, adesso sopravviviamo». Il momento peggiore: «Quando uscimmo fuori e vedemmo che la casa di Gianluca non c’era più»

Gaetano Di Meglio | Teresa è la mamma di Gianluca, la suocera di Valentina e la nonna di Michele, Francesco e Maria Teresa. Teresa è una moglie che il 26 novembre ha perso tutto. Ha perso la gioia del figlio, ha perso il sorriso dei nipotini, ha perso la felicità della nuora. Ha perso la sua famiglia, ha perso i sogni. Ha perso i regali che avrebbe fatto. Ha perso le preoccupazioni che avrebbe avuto.
E’ una di quelle donne che guardano quel monte, quella ferita nel verde dell’Epomeo e non trova più quello che era suo. Guarda quel fango che torna a scendere giù ad ogni pioggia. Guarda quel panorama cancellato e cerca di trovare in quel “niente” la forza di andare avanti. Lo fa con la fede ritrovata in Gesù e con la consolazione che arriva dalla Parola di Dio per quelli che credono che Egli è colui che salva.
A sei mesi da quel tragico 26 novembre le abbiamo chiesto di riviverlo con noi. Un racconto di paura e forza, di fede e coraggio, di speranza e di rabbia. Di lacrime e tensione. Di una mamma che ha dovuto partecipare al funerale del figlio.

«SEMBRAVA LA FINE DEL MONDO»
«Quando siamo usciti fuori, quella notte, con mio marito, abbiamo visto il niente. Quella notte è stata terribile. Non la dimenticherò più fino a che vivrò, è stata una notte d’inferno.
Erano da poco passate le 3.00. Io, solitamente, non mi sveglio a quell’ora, però andai in bagno e mi accorsi che c’era un tempo bruttissimo. Ero andata a letto tardi. Mio nipote, Michele, era ritornato a casa, era stato a cena con gli amici. Fortunatamente era mezzanotte ed era tornato. Ero contenta perché dopo un po’ si era messo a piovere forte. “Mamma mia, grazie a Dio che si è ritirato” mi ero detta, poi sono andata a dormire.
Mi ero svegliata alle 3.00 ed era brutto e non ero più riuscita a dormire. Sentivamo i rumori della pioggia forte. Mi alzai e andai nel salone per guardare dalla finestra. Sentivo come un sibilo forte, ma non era il vento. Mi chiedevo come potesse essere il vento se gli alberi non si muovevano. Sarà stata un’altra cosa, pensai in quel momento. La pioggia forte, scrosciante e la tempesta, pensavo fosse arrivata la fine del mondo. Era anche buio e mi ricordavo le parole della Vergine Maria, della Mamma nostra Celeste. Seduta sul divano iniziai a pregare la Divina Misericordia, quando, all’improvviso, avvertii sotto i piedi come un rumore forte e subito pensai al terremoto. Anche mio marito me lo disse: “ma c’è anche la scossa di terremoto?” Lui stava nella stanza da letto, senza dormire. Gli risposi “no, non è possibile”. Era buio e non sentimmo il rumore dei bicchieri e del lampadario. Michele, mio marito, accese la luce del telefonino e vide che i lampadari erano fermi. Non capivamo che cosa fosse quel rumore che veniva da sotto. Mi affacciai dalla finestra della cucina, ma non riuscivo a vedere fuori. La casa di Gianluca, mio figlio, era sulla destra della mia. Dovevo aprire il portone per poter vedere cosa stesse accadendo, ma avevo paura.

Cioè, era troppo brutto quello che stava facendo e mai avrei potuto immaginare cosa stesse accadendo.
Poi la pioggia, ad un certo punto, iniziò a diminuire, però sentivamo di là e di qua dei rumori forti. Quando uscimmo fuori e aprimmo il portone, vidi che era caduto un muro sulla mia auto, chiamai Michele: “Michè, è caduto il muro”. Mio marito subito uscì fuori e insieme vedemmo purtroppo che la casa di Gianluca non c’era più. Esisteva solo un cumulo di fango e macerie.
Non posso dimenticare le urla disumane di mio marito, il suo dolore. Disperato cadde in ginocchio. E’ stato tremendo. Abbiamo quella visione davanti agli occhi ogni momento. C’erano solo macerie, non c’era più il viale, non c’era più niente, c’era solo uno strapiombo. Un pericolo che non si poteva attraversare e così rimanemmo intrappolati.
Ma mio marito non ci pensò su due volte e si arrampicò sulle macerie per andare a vedere cosa era rimasto. Uguale. Di là non c’era più niente. C’era solo un cumulo di fango e macerie e la mia famiglia non c’era più. Gianluca, Valentina, i bambini.

IL SALVATAGGIO DEI COGNATI
«Rimanemmo fuori, davanti al nulla. Sopra al tetto della casa accanto a quella di mio figlio c’era mia cognata. Erano sotto una coperta e si riparavano dalla pioggia, ma non avevo capito che erano loro.
Non si vedeva, si distingueva soltanto come una sagoma. In un primo momento avevo pensato a dei panni. Poi mio marito iniziò a chiamare “Vincenzo, sei tu?”, “Sì, sono io. Dobbiamo scendere giù, non resistiamo”.
Sulle macerie si scivolava. Erano le macerie dietro la casa di Gianluca. Nonostante tutto mi marito non senza scoraggiarsi salì sul muro, tagliò la rete di confine e facemmo questo salvataggio. C’era mio nipote, nudo, solo con gli slip. Tremavano dal freddo e stava andando in ipotermia perché erano alcune ore che stavano sotto la pioggia perché anche la loro casa era crollata. Era ferito alla testa. Li portammo in casa, e nonostante il dolore e facemmo tutto quello che potevamo. Chissà, oggi, avremmo altre croci da piangere.
E oggi, dopo sei mesi, ci resta tanto dolore dentro. Un dolore immenso che non si può dire. Non riusciamo ad esprimerlo… E’ un dolore troppo forte. E io, per quanto la fede mi sostenga, vado avanti, ma proprio perché “Io non vivo, ma è Gesù che vive in me”.

Noi ci volevamo bene, stavamo tutti insieme, eravamo tre famiglie, ma è come se fossimo una sola. Il problema di uno diventava di tutti, la gioia di uno, era la gioia di tutti. Condividevamo tutto. Mio figlio era un ragazzo speciale. Un lavoratore serio. Non faceva mancare nulla a casa mia e alla moglie Valentina. Gianluca viveva solo per il lavoro e per la famiglia. La sua famiglia era il suo mondo, la sua vita e anche quella di mia nuora, una brava ragazza. E poi i bambini.
Eravamo uniti, tutti per uno, uno per tutti.

«MI ATTACCO ALLA FEDE»
«Oggi questo dolore ci ha strappato il cuore, e a me mamma mi hanno strappato anche le viscere. E’ un dolore che ci porteremo dentro finché vivremo. E anche per mio marito è così, perché mio marito purtroppo soffre ancora di più. Io, almeno, mi sono attaccata alla fede, ho la fede che il Signore mi ha donato. Lui invece purtroppo non ha questa grazia.
Oggi siamo un po’ arrabbiati perché vorremmo che le cose andassero un po’ meglio. Che non ci abbandonassero, perché ci sono ancora tante cose da fare. Al “Rarone” non si è fatto ancora niente. E quindi vorremmo che chi è proposto per questo lavori si desse da fare e che non ci abbandonassero. Io vorrei poter accedere alla nostra abitazione, perché non possiamo neanche entrare in casa. Anche perché, adesso, con quest’altra pioggia che c’è stata nei giorni scorsi, si è di nuovo allagato e sono scese giù ancora pietre, quindi bisogna intervenire. Spero che intervengano al più presto.

Ormai la nostra famiglia, non c’è più, e nessuno ce la può restituire. Ed è quello che più ci fa soffrire. Non ci interessano più tanto le cose materiali, non sono necessarie. Una cosa serve perché abbiamo perso tutto. Però a me quello che più mancherà è la nostra famiglia, la nostra bella famiglia. Mio figlio era giovane, aveva solo 38 anni. Così pure Valentina… I bambini, erano la nostra gioia.
Mio marito era molto legato a Gianluca. Avevano un rapporto forte, io anche. Però diciamo che lui, proprio viveva con Gianluca 24 ore. Stavano sempre insieme, facevano lo stesso lavoro, sia d’inverno che d’estate, con il taxi. Il loro era un legame viscerale. Erano come due fidanzati, nessuno poteva vivere il distacco dall’altro, perché quando non si vedevano si cercavano e si sentivano per telefono. Ecco, è questo quello che manca a mio marito. Questo rapporto molto intimo con il figlio, questo amore. E’ questo che lo sta distruggendo. E’ come se la sua vita si fosse fermata.
In realtà quel 26 novembre anche per me la vita si è fermata. Continuiamo a vivere, ma adesso non viviamo, sopravviviamo. Perché non è naturale che i genitori seppelliscano i figli».
Teresa vuole aggiungere solo un’ultima cosa. Un appello: «Quel 26 novembre abbiamo avuto dodici vittime. Dodici morti che non devono passare invano. Non possiamo lasciare che tutto passi così. Dobbiamo fare in modo che non accada più. Dobbiamo intervenire, lo dobbiamo ai nostri dodici morti. Non permettiamo che siano morti invano, intervenite! Mettere in sicurezza, fare presto, fare bene!».

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