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venerdì, Aprile 19, 2024

Non esegue il cesareo, ginecologa del “Rizzoli” incriminata per omicidio colposo

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Paolo Mosè | La dottoressa Concetta Lobianco Lubrano ha ricevuto richiesta di rinvio a giudizio dal sostituto procuratore della Repubblica Mario Canale, ritenendola responsabile di omicidio colposo. Nella sua qualità di medico del reparto di maternità e divisione ginecologica dell’ospedale “Rizzoli” per il decesso di un nascituro. Secondo la procura della Repubblica, tutte le attività poste in essere dal sanitario sarebbero state erronee e tali da provocare la morte del piccolo, avvenuta alla quarantunesima settimana di gravidanza. Avendo ritardato di procedere con urgenza al cesareo.

La richiesta di rinvio a giudizio è all’attenzione del giudice dell’udienza preliminare Enrico Campoli, che ha già trattato in udienza questa ennesima spinosa questione sanitaria e che vede quali difensori dell’imputata gli avvocati Bruno Molinaro e Giovanbattista Vignola. Un giudice molto serio, preparato e garantista. Che sicuramente analizzerà e approfondirà tutti gli elementi che il pubblico ministero ha posto alla sua attenzione, così come ascolterà con altrettanta attenzione l’intervento dell’avv. Cecilia Prota, che rappresenta i genitori della piccola. Sicuramente anche la difesa dell’imputata farà valere le proprie ragioni. Argomentando soprattutto ricostruendo le fasi di questo evento. Dal momento dell’arrivo della donna all’ospedale “Anna Rizzoli” di Lacco Ameno e il percorso seguito durante gli accertamenti. Quali sono stati i risultati di laboratorio e quelli strumentali, che sono determinanti per sapere se il feto in quel momento era in estrema sofferenza e se necessitava o meno un intervento chirurgico più incisivo, come è stato sottolineato nel capo d’imputazione.

L’IPOTESI DI REATO

Una richiesta di rinvio a giudizio che si basa soprattutto sulle risultanze dei consulenti tecnici nominati dal sostituto Canale, che in questi casi sono determinanti per capire scientificamente cosa è accaduto e se vi sono state delle negligenze, imprudenza o imperizia. I genitori, dopo la morte del figlio, presentarono immediatamente denuncia dopo la terribile giornata del 13 ottobre del 2020. Ciò che contesta l’accusa è la cronologia dei fatti, cosa realmente sarebbe accaduto all’interno del nosocomio isolano ed in particolare quali sono state le attività della sanitaria nel procedere al parto: «Perché, in qualità di ginecologa in servizio presso il presidio ospedaliero Anna Rizzoli di Lacco Ameno, reparto di “Maternità e Divisione Ginecologica” dopo che Bogdan Andra Cristina era stata ricoverata il 12 ottobre 2020 per procedere al parto in quanto gravida alla quarantunesima settimana (gravidanza protratta), gravidanza da considerarsi a rischio per i due pregressi aborti spontanei ed un aumento di peso di 20 kg., per colpa, dovuta a negligenza, imprudenza ed imperizia nonché ad inosservanza delle regole elaborate dalla scienza medica, dalle buone pratiche clinico assistenziali e dalle linee guida generalmente riconosciute dalla comunità scientifica dei ginecologi e consistita: nel non aver adeguatamente interpretato il tracciato cardicocografico del 13 ottobre 2020 dalle ore 00.34 alle ore 2.17 classificandolo come la categoria “I” e con “II” per la presenza di una decelerazione variabile atipica alle ore 1.20; nell’omettere, anche in conseguenza della errata lettura di cui sopra ed a seguito della rottura delle acque alle ore 4.00, l’esecuzione di un monitoraggio continuo del battito cardiaco fetale fino alle ore 5.12; nell’interpretare erroneamente il tracciato del 13 ottobre 2020 dalle ore 5.12 alle ore 16.12 come rassicurante e di categoria “I” e che tale appariva, dopo le ore 5.41 solo perché registrava il battito materno mentre alle ore 5.20 vi erano state decelerazioni prolungate e tra le ore 5.40 e le ore 5.41 una accelerazione sino al picco agonico di 160 bpm; omettendo di procedere immediatamente ad uno taglio cesareo in modo da evitare gli effetti della grave anossia del feto e la asfissia endouterina, cagionava la morte del feto frutto della gravidanza di Bogdan Andra Cristina».

LE VALUTAZIONI DEI PERITI

Queste sono le risultanze accusatorie che sono state contestate all’imputata, la quale non ritiene, per il tramite dei suoi difensori, di aver provocato il decesso del feto. Avendo praticato pedissequamente il protocollo scientifico previsto in questi casi. Di avere nella sostanza seguito passo dopo passo l’evolversi della situazione clinica riguardante al tempo stesso il feto e la madre. Un decesso che per la difesa è ascrivibile a quei casi imprevedibili e imponderabili. Una situazione che è precipitata nello spazio di pochissimi minuti, come osservano i difensori nel richiamare uno degli ultimi passaggi della stessa contestazione per la ipotesi di omicidio colposo.

All’ultima udienza preliminare ha già concluso il pubblico ministero, che ha confermato che sussistono tutte le condizioni per poter procedere al rinvio a giudizio. All’espletamento del dibattimento per ricostruire con l’esame dei testimoni ciò che è accaduto tra il 12 e il 13 ottobre dell’anno scorso. Conoscere anche quali sono le osservazioni che sono state fatte dagli esperti della Procura, nonché ciò che avranno da dire i consulenti della parte civile e della difesa.

Anche se queste valutazioni diverse tra loro sono già in questa fase all’attenzione del giudice Campoli, che alla fine è l’unico che ha il potere di confermare o meno ciò che viene sollecitato dal pubblico ministero Canale e dalla costituita parte civile con l’intervento del difensore. Un rinvio “tecnico” in modo da consentire che lo stesso avv. Cecilia Prota e soprattutto il collegio difensivo, gli avvocati Molinaro e Vignola, possano intervenire e discutere per elencare, chiarire quali sono state le condotte della propria assistita per chiedere alla fine il proscioglimento.

EPISODI CHE SI RIPETONO

I processi per colpa medica sono sempre delicati e il più delle volte il giudice concede il rinvio a giudizio proprio per ritenere indispensabile il vaglio dibattimentale. Per chiarire ogni aspetto della vicenda analizzando con maggiore scrupolo il comportamento dell’imputata, che ha avuto un ruolo delicato nell’assistere la mamma e il bambino che si accingeva a nascere, ma che per un qualsiasi caso, non ha visto la luce. Il compito della magistratura giudicante è quello di verificare se vi sono state condotte da parte della ginecologa che hanno inciso in modo grave sul decesso. E se vi erano altre condizioni, altre iniziative del sanitario per evitare questo infausto evento.

L’ospedale “Rizzoli” negli ultimi anni è stato più volte chiamato in causa per degli errori commessi dai propri sanitari. Sono stati aperti numerosi procedimenti penali a seguito di specifiche denunce presentate dai familiari o dagli stessi pazienti che sono usciti da quel nosocomio con un danno permanente.

L’azione della procura della Repubblica in tutti questi casi è stata sempre incentrata in accertamenti scrupolosi, attenti nel valutare se i medici indagati si fossero macchiati di una particolare superficialità procedendo negli accertamenti sui pazienti senza quel rispetto dei protocolli scientifici che vengono adottati e che sono la linea guida per chi opera in questo delicato settore. C’è da aggiungere che molte di queste denunce non hanno trovato corrispondenza negli accertamenti che sono stati predisposti dal magistrato inquirente, che ha concluso con una richiesta di archiviazione. A cui è seguita l’impugnazione delle persone offese tramite i propri difensori.

Abbiamo scritto di storie del genere e in molti casi i gip hanno preferito sollecitare la Procura a svolgere ulteriori accertamenti. La conclusione è stata sempre la stessa: insussistenza di responsabilità o comunque l’impossibilità di sostenere in giudizio l’accusa. Argomentazioni che hanno il più delle volte convinto il gip, che in alcuni casi ha scelto di diversificare le posizioni. E hanno riguardato medici in servizio perlopiù al reparto di Medicina o di Chirurgia. Casi più limitati dove il pubblico ministero delle indagini ha deciso di richiedere il rinvio a giudizio mostrando di aver raggiunto quantomeno elementi che danno un peso sostanziale di responsabilità in capo all’imputato sanitario. Sono vicende che si ripetono e che si ripresenteranno negli anni a venire. Come accade di solito in tutti gli ospedali. |

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