venerdì, Giugno 20, 2025

Morto un Papa, la crisi della politica e il bisogno di rinascita

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GINO FINELLI | E’ un po’ di tempo che non scrivo sule pagine di questo giornale. Spesso infatti mi sono chiesto se il tempo impiegato per riflettere e poi trasformare i pensieri in parola, non fosse sprecato. E forse, per lo scarso numero di lettori che oggi legge un giornale, lo è, ma la necessità di esprimere un’idea, un’opinione ha poi avuto la meglio ed eccomi qua di nuovo.
Morto un Papa se ne fa un altro, e ciò vale per tutti i potenti, ma solo per il Papa, che rappresenta una guida spirituale, per chi naturalmente ha fede, la morte è un evento unico che lascia un profondo dolore, ma anche un messaggio spirituale e di comportamento per i suoi fedeli, espressione del suo apostolato.

E’ l’apostolo che continua il messaggio di Cristo per alleviare le pene ed i travagli di questa vita terrena, ed è dunque giusto che guidi i fedeli fino alla sua morte, quando il Signore decide di chiamarlo a se facendo scendere lo Spirito Santo sul conclave ed eleggere così un successore.

Per la politica non si dovrebbe attendere la morte di un leader o di esponenti politici, per poter avere una successione. Bisognerebbe che esistesse un termine perentorio per la gestione della cosa pubblica. Bisognerebbe che a nessuno potesse essere data la facoltà e possibilità di sedere su uno scanno, occuparlo fino alla morte, come se il suo ruolo fosse opera dello Spirito Santo.
Chi crede in Dio pensa che tutto è determinato dall’alto e dal patto che si è fatto con Lui prima di scendere nell’agone della vita terrena. E’ convinto che il libero arbitrio, alla cui volontà ci ha affidati per farci crescere nelle nostre decisioni, uniche e personali finalizzate ad accedere al mondo eterno, sia frutto della sua volontà e che le sue decisioni sono sempre finalizzate al bene dell’umanità e all’armonia del creato.

Ma per la politica, per la democrazia, la gestione della cosa pubblica e della nostra vita la scegliamo noi. Scegliamo spesso passivamente e senza alcuna convinzione, chi ci governa senza sapere neppure come lo farà e in nome di quale ideale o progetto politico. E questi politici che, non possono e non sanno fare i miracoli, ai quali affidiamo le nostre sorti e quelle dei nostri figli, siedono “per sempre” senza alcun pudore sullo scanno lasciando poco spazio a che qualcuno lo possa occupare per sostituirli. E dunque divengono stabili, alla stregua di un cardinale o, addirittura un Papa.
Per anni governano alternandosi, delegati da un popolo che oramai è deluso e frammentato e che non sa cosa fare, al punto che rifiuta addirittura il suo diritto al voto. La democrazia viene così sacrificata e la gestione della cosa pubblica affidata ad un sparuto numero di elettori che eleggono l’affabulatore di turno, il meno peggio, in una alternanza di scarso livello culturale, finendo con il determinare la fine della qualità a vantaggio della quantità. E sì perché come diceva il grande Gaber: “non è la democrazia nemica della qualità è la qualità nemica della democrazia”.

A poco a poco il popolo, quello sovrano che delega, è divenuto poca cosa, facile da manipolare, da sovvertire nei pensieri e nelle idee. Un popolo che aveva prodotto grandi menti e grandi uomini, si trova oramai solo, inconsapevole delle sue scelte, privo di riferimenti e di valori sociali, culturali e morali.
Una decadenza della società che è sotto gli occhi di tutti e che avremmo potuto arginare se solo avessimo compreso il default verso il quale stavamo andando.
La mia generazione è colpevole, è vergognosamente responsabile di non aver saputo, ma in molti casi aver voluto e potuto, prima comprendere e poi arginare la dilagante macchina della ipocrisia, della superficialità, della menzogna.

E ora che morto un Papa se ne farà un altro, non sono sufficienti cinque giorni di lutto, ce ne vorrebbero cento e, forse di più, per piangere insieme e essere capaci anche noi con la politica di aprire una sorta di conclave, forse illuminati dalla luce Divina per far scendere la saggezza, le capacità su questa politica deludente, povera e meschina.

La Chiesa ha dimostrato in duemila anni la sua forza e la sua grande capacità di riuscire a rimanere a galla anche in momenti complessi e, a volte tormentati. Con le sue regole, la sua macchina organizzatrice e forte delle sue convinzioni, anche quando sono state minate e scalfite dalla crescente voglia di rinnovamento, ha saputo adeguarsi riuscendo a trovare uomini (Papi) che hanno saputo tener lo scettro e guidare il popolo dei fedeli non abbandonando mai valori, principi e rituali che sono stati da sempre la forza e la ragione stessa della sua esistenza. Ha saputo chiedere scusa degli errori, troppi, commessi, e con Francesco ha ritrovato la gente, è scesa per strada e ha ripreso il suo cammino pastorale.

Per questo oggi l’elezione di un nuovo Pontefice non interessa solo la comunità cristiana, ma anche coloro che si professano non credenti, poiché hanno compreso che in questo scenario mediocre, con leader politici incapaci e spesso pericolosi, la figura di conciliazione, di unità, di portatore di pace e di valori, può essere affidata solo ad un uomo illuminato, che come Francesco, sappia senza timore e senza la necessità di costruirsi consenso e stabilità di ruolo, rappresentare la rinascita di una società in totale default che ha perso il senso dell’essere e ha abdicato ogni valore a favore del danaro e del potere.
Ecco perché, oggi più che mai, morto un Papa non si può semplicemente farne un altro, si deve scegliere, aiutati” dallo spirito santo” una mente illuminata, cosciente del significato e del ruolo che, più che un tempo, sarà chiamato a svolgere. Di tanta speme questo ci resta.

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  • Articolo realizzato dalla Redazione Web de Il Dispari Quotidiano. La redazione si occupa dell'analisi e della pubblicazione fedele degli atti e dei documenti ufficiali, garantendo un'informazione precisa, imparziale e trasparente. Ogni contenuto viene riportato senza interpretazioni o valutazioni personali, nel rispetto dell’integrità delle fonti e della veridicità dei fatti.

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