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giovedì, Aprile 18, 2024

Meno di due mesi al voto e…

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Siamo nel vivo, signore e signori. Per chi pensava che la campagna elettorale sarebbe cominciata solo dopo la presentazione delle liste, le cronache quotidiane rappresentano la più categorica smentita. Sono tutti ai nastri di partenza, anzi, lanciatissimi verso la bandiera a scacchi che il 4 marzo sera aspetterà il vincitore al traguardo. Ma… vincitore di cosa? E… chi vincerà?

Cominciamo col fare una panoramica sugli obiettivi dei singoli schieramenti in corsa, giusto per sgranchirci un po’ gli occhi (qui si legge, non si cammina). Il (mio) centrodestra punta a toccare quota 40% e gli mancano solo due o tre punti già adesso. Silvio Berlusconi è in pole position nel condurre alla sua maniera la campagna elettorale, presente come e più degli altri leader su tutti i mezzi di comunicazione accessibili. Il Presidente di Forza Italia, petto in fuori, sembra non risentire affatto delle sue ottantuno primavere, affrontando con estrema lucidità tutti gli argomenti che gli viene chiesto di snocciolare dall’intervistatore di turno e, come sempre, una volta presa la parola, è lui a condurre il gioco da autentico mattatore. Tuttavia, viene da pensare cosa sarebbe successo se Berlusconi avesse ottenuto in tempo utile (cosa che potrebbe ancora accadere, ma non ci conta nessuno) una sentenza positiva della Corte Europea per la sua candidabilità ed eleggibilità in barba alla Legge Severino. Se oggi la sua presenza in campagna elettorale da semplice padre nobile della coalizione sta portando frutti così eccellenti, probabilmente la sua presenza nelle liste elettorali avrebbe letteralmente sbancato. Sarà anche deprimente pensare che, allo stato, Forza Italia non ha ancora indicato, da quasi sicuro primo partito del centrodestra, il proprio possibile premier e che, pensandoci bene, non esiste –e non è mai esistito- un sostituto naturale del suo stesso Presidente. Ma a quanto pare le intenzioni di voto gli danno ancora ragione. E allora? Di cosa preoccuparsi? Sì, probabilmente qualche piccola preoccupazione c’è: il rapporto con Salvini, spesso difficile da gestire rispetto ad una Meloni altrettanto esigente ma sulla carta più moderata del collega leghista, c’è la questione Maroni, quella dei vaccini che Matteo vuole abolire pur non avendolo concordato con gli alleati, c’è l’uscita dall’euro che non è stata ancora né trattata né definita in termini programmatici. Ma, amici cari, volere è potere e la vittoria finale con un risultato ancor più clamoroso delle attuali previsioni, con tutta probabilità, risolverebbe ogni contrasto.

L’altro Matteo, invece, quello toscano, non dorme senza dubbio sonni tranquilli, un po’ per i sondaggi che danno il “suo” PD in caduta libera, un po’ per le tegole che, comunque, non sembrano preoccuparlo più di tanto (De Benedetti’s profits docet –Vi piace l’anglolatinismo?-), ma soprattutto perché, per quelli che sono i risultati in vista, D’Alema e compagni potrebbero riuscire a raggiungere l’obiettivo di scalzarlo via dalla segreteria del Partito e, dopo la piccola parentesi di “Liberi e Uguali” e il conflitto d’interessi mai troppo evidenziato di chi ricopre la seconda carica dello Stato e ben prima dello scioglimento delle Camere è uscito pubblicamente come leader politico di un raggruppamento in corsa per le elezioni, potrebbe addirittura sperare in una performance più magra del centrodestra per ritornare ai tempi della bicamerale e flirtare con l’amico Silvio per un governo di larghe intese.

E i Cinquestelle? I cosiddetti grillini –o ex tali, in virtù delle ultime notizie sull’uscita definitiva di Beppe dal Movimento- non hanno altre carte da giocare. Anche il dietrofront, come quello di Luigi Di Maio rispetto alla ormai non più categorica uscita dall’Eurozona, è ampiamente ammesso pur di dar ragione agli osservatori casaleggini del mercato elettorale e alle cui indicazioni ci si deve attenere scrupolosamente. Eccoli, quindi, pronti a sostenere tutto e il contrario di tutto. Ma una cosa è certa: poiché loro sono gli onesti, i duri e puri, quelli che non inciuciano e non si alleano con nessuno perché nessuno è bravo quanto loro (mica migliore di loro, ho scritto solo “bravo quanto loro”), non possono far altro che “millantare” (fatemi passare il termine) la certezza di raggiungere la maggioranza utile a governare da soli e cambiare il Paese, abolendo almeno quattrocento leggi e portando avanti la loro idea di Stato snello e amico del cittadino, che dovrà però gioco forza sostenere senza dubbio più doveri e meno diritti, in virtù di un programma elettorale che parla decisamente chiaro. Peccato che lo stesso papà del deputato Di Battista fu il primo, pochi mesi fa, a lamentarsi che la famosa apertura del Parlamento “come una scatoletta di tonno”, sin dal loro cospicuo insediamento in entrambe le Camere, è rimasta una chimera di cui oggi nessuno fornisce spiegazioni. Senza dubbio il Movimento Cinque Stelle è la realtà più “nuova” del nostro panorama politico. Ma chi ha detto che “nuovo” è sempre “bello” o “migliore”? Staremo a vedere!

Una cosa è certa: dopo il fenomeno Trump in America, protagonista di una vittoria contro tutto e tutti, perché non potersi aspettare una grossa sorpresa anche nel nostro Paese? Ma il problema è un altro: alla fine, quale potrebbe essere, se esiste, la vera sorpresa di queste elezioni?

Tranquilli, amici, questa cinquantina di giorni passeranno presto!

 

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