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venerdì, Marzo 29, 2024

Mediterraneo: terra, mare, fuoco, vento la mia isola” incontro con l’arte di Roberto Vedova

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Anna Lamonaca | Si è conclusa con grande successo, recentemente presso l’Hotel Terme Alexander d’Ischia, la mostra del maestro Roberto Vedova intitolata “Mediterraneo: terra, mare, fuoco, vento la mia isola”. In occasione di quest’esposizione, abbiamo incontrato il maestro, pittore, grafico, ceramista nato a Napoli il 13 maggio 1944, attivo nel campo dell’arte dal 1959, egli ha fatto della sua professione il motore della sua esistenza,  ha esposto in oltre 70 personali e 200 mostre nazionali ed internazionali con recensioni e pubblicazioni su riviste. Conosciamo tutti la sua arte costellata da visioni un po’ oniriche, un po’ mitologiche: Dedalo, Icaro, i cavalli, Ulisse e Penelope, il passato che viene ricreato in modo moderno, volti, gesta di figure mitiche con un colorismo che si fa sempre più variegato a rappresentare la vita, la libertà, il mare come dinamica dell’esistenza, le onde impetuose e la nostra isola presa in alcuni scorci, battuta dal vento a fare da padrona ma, da sfondo il Mediterraneo il cosiddetto “Mare Nostrum” che ci abbraccia e ci culla nella sua quiete tempestosa. Questa volta Vedova torna a stupire proponendo monili, gioielli, realizzati su conchiglie, pietre e cuoio, a spiccare su tutto l’influenza dei suoi colori, l’azzurro, il blu, il bianco, il rosso passione, il giallo luce e sole, le colature del colore che vanno a formare figure, immagini, creano piccoli mondi all’interno dei monili, è la materia che si plasma, si trasforma, ma è anche la libertà dell’artista che col gesto della sua mano ricrea sulle ali della fantasia piccoli universi.

Chi conosce questo pittore riesce bene ad individuare il suo tratto deciso, ma anche selvaggio che va in certi punti ad impreziosire la pietra, il cuoio, il vetro, i materiali in modo naturale, la macchia di colore è un fatto di sensazioni, il maestro prepara un fondo, attraverso la sovrapposizione dei colori crea immagini di mare, terra, cielo, sensazioni. La sua caratteristica è quella di tirare fuori dalle sue immagini un’energia che sia un albero, una persona o un cavallo, una barca che rappresenta la fuga, il viaggio, la voglia di viaggiare. Il maestro che nei tratti del viso ci ricorda il volto di un uomo di mare, con la barba ed i lineamenti di un capitano, quasi sembra assomigliare al suo Ulisse che viaggia alla ricerca di luoghi lontani, d’emozioni, d’esperienze, d’avventure, ma con l’occhio sempre rivolto alla sua amata “Itaca”, l’isola, la terra, la casa come porto a cui arrivare dopo il viaggio. Ci racconta delle sue opere che si trovano in collezioni pubbliche e private in Italia Europa, America, Oriente e ci mostra alcuni libri che recano all’interno suoi dipinti realizzati in collaborazione con scrittori o poeti, uno intitolato “Sulle ali della memoria” della poetessa Maria Rosaria Corvino che raccoglie i pensieri, i ricordi, i sogni, le fantasie che si avvicinano a frammenti della vita quotidiana e sono illustrate dalle immagini del fervido mondo pittorico di Vedova ed un altro intitolato dalla “Sicilia alla Sicilia” di Salvatore di Benedetto tradotto in esperanto con illustrazioni del maestro. Vedova inoltre ci parla della sua devozione per San Gennaro di cui ha tenuto mostre una intitolata San Gennaro “I miracoli nella cattedrale” ed un’altra “Gesù risorto e San Gennaro al Vomero”. La sua devozione per il Santo è grande perché colpito da una malattia ne è uscito guarito grazie alla sua intercessione e ciò lo ha ispirato per la realizzazione di statue sulla decapitazione, il sangue raccolto a cui ha aggiunto anche profumi. Dopo la sua guarigione ha realizzato una mostra nella chiesa di San Gennaro dove ha collocato una statua della testa del Santo su un mondo in una struttura girevole con le varie porte ed una litografia di un quadro grande del Santo con le vetrate, la teca del sangue che fuoriesce, il libro e la data della decapitazione inoltre ci ha raccontato della realizzazione di un pannello intitolato il Cristo dei fiori che doveva essere sistemato in una chiesa di Aversa, un’opera di 3×9 metri composta da 12 pannelli in cui nella parte centrale è ritratto il Cristo non in croce, ma tra la luce degli angeli cui intorno ruotano i 12 soli a rappresentare i 12 apostoli, i soli passano nella parte centrale dove c’è la Trinità, scendono e arrivano a Mezzogiorno dove è raffigurata la colomba della pace e la città piccolissima, il mare, la terra e le esplosioni degli elementi. Questo pannello non è più stato realizzato per la chiesa, ma ricreato per donarlo a Papa Francesco. Il maestro però è particolarmente legato ad alcune opere realizzate con i pastelli in cui ci mostra le immagini della storia di Ulisse e Penelope affermando che essi non sono altro che l’uomo e la donna, l’uomo che scappa dai problemi ed abbandona per debolezza il tetto familiare, pur essendo un essere forte e potente, la donna resta sola ad affrontare i problemi. Ulisse però ha sempre il sogno di ritornare, anche se la sua figura viene contrapposta al figlio che invece vuole andare via a testimonianza della ribellione dei giovani al sistema. Il ritorno frequente del mito nelle opere di Vedova nasce dal fatto che il maestro ha avuto un’educazione classica, egli ci racconta che quando era al liceo a 16 anni, il professore pretendeva dei disegni come dimostrazione dello studio dell’ anatomia umana, andava al Museo Nazionale e si faceva ispirare dal Laocoonte o dalle sculture classicheggianti dei greci e dei romani, il classicismo delle sue figure si va poi a contrapporre invece alla libertà della macchia di colore che nasce dalla sensazione e dalla spontaneità nel vedere in esse delle immagini di fantasia. Un’altra figura ricorrente nelle sue opere è il cavallo, al mattino da giovane andava al mercato o a Capodimonte a dipingere, aveva 16 anni, vedeva i carabinieri a cavallo, il sindaco che passeggiava col suo cavallo, ascoltava il rumore dei passi, era colpito dalla loro forza, muscolatura e potenza,  questo ricordo è rimasto dentro la sua mente ed è ripetuto spesso nel suo disegno. Quando gli chiediamo cosa sia per lui la creatività, ci risponde che essa è dentro di noi e parla al cuore, ai sentimenti, alla testa e la mano non è che l’esecutrice del tutto. Dialogando ci parla poi del “Ciclo degli Angeli” ritratti vicino alla Baia di San Montano, accanto a figure distese vi sono delle figure che volano. I personaggi distesi stanno sognando. Egli ci racconta una storia che ha vissuto: era vicino al Fungo di Lacco Ameno su una panchina, nel mese di ottobre, tirava un forte vento, c’era una nave trasporto merci, stava disegnando quando ad un certo punto si è staccato un cavo sfiorandogli di 10 cm la testa, se l’avesse colpito sarebbe morto, da li è nato il periodo in cui ha cominciato a disegnare angeli che lo hanno salvato anche in altre situazioni.  Una mostra a cui è molto legato è quella che ebbe a San Lorenzo Maggiore dove tra le pareti bianche realizzò una bella esposizione con tutte le sue opere dal 2014 in poi. Dal suo problema fisico si è innestata in lui una nuova immagine molto forte della natura. La Mortella è stata fonte d’ispirazione della sua pittura, tra le inflorescenze, il mare, le pagode cinesi e la musica delle quattro stagioni di Vivaldi ha realizzato dei quadri molto grandi costellati di ninfee e colori che rivivono nelle sue opere anche dopo i viaggi in Croazia e nelle grotte di Postumia ricche di colature e calcificazioni della Terra che ha rappresentato anche nella mostra “Mediterraneo, terra, vento, mare, fuoco” realizzate con la spatola  e molto materiche che si vanno invece a contrapporre alla luminosità di altre opere recenti una serie di vetrate. Quando gli chiediamo per lui cos’è l’arte ci risponde con un sorriso: “L’arte siamo noi stessi, è quello che sentiamo dentro, ciò che siamo e dipende dalla sensibilità, dalle situazioni particolari, in essa racconti la tua vita e l’arte non è solo il discorso arte e pittura, arte è anche scrittura, pensiero, musica, danza, movimento. Quando gli chiediamo in quale tra i suoi personaggi rivede sé stesso, ci risponde che un po’ di Roberto Vedova è in tutti, ma forse il suo preferito è Ulisse perché è l’uomo che lascia tutto per intraprendere un viaggio. Egli ha lasciato il suo lavoro a scuola come insegnate per viaggiare e realizzare un sogno per conoscere il mondo: -“Volevo viaggiare per il mondo, confrontare le mie capacità, io insegnavo, progettavo case e dipingevo anche ma non avevo la libertà di poter verificare, di poter fare una mostra a Parigi o in Germania. Ho girato il mondo, me ne sono andato in Svizzera, in Olanda, Miami, in Cina in alcuni paesi e periodi volevo dipingere, ma non riuscivo perché faceva troppo freddo, io sono legato al mare. Così ho cominciato a rappresentare opere a forma di ellissi che hanno la forma del globo per rappresentare il viaggio e il mondo. La fuga è fondamentale, ma è importante è che poi l’uomo deve ritornare alla sua terra, ritorna Ulisse anche nella mitologia e ritrova la moglie che lo sta attendendo. Bisogna imparare anche a cadere, i miei Icaro, non raccontano del volo, ma della loro caduta a causa di ali di cera. lcaro vuole arrivare fino al sole, questa cosa è irraggiungibile perché gli uomini vogliono sempre di più, ma non possono avere tutto. Oggi mi ritengo una persona serena, sono felice quando dipingo, mi alzo alle 5 del mattino, dipingo fino ad una cert’ora, poi vado allo studio e mi dedico alla famiglia, ho 5 meravigliosi figli e mia moglie, ho 10 nipoti e poi mi è nato questo nipotino a cui hanno dato il mio nome è l’unico maschio”.

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