Prologo. Il nostro compito è osservare ciò che accade e provare a raccontarlo nel migliore dei modi. A volte ci riusciamo benissimo, altre un po’ meno, ma ci impegniamo sempre a farlo con la massima buona fede, senza interessi di parte e, come si ama dire da queste parti, mettendoci la faccia.
Nonostante Giuliano Antonicelli non abbia mostrato rispetto per l’Ischia Calcio alla vigilia di una delle gare più importanti di questo campionato, abbiamo preferito pubblicare quanto leggerete più avanti solo a riflettori spenti, quando ormai il terreno di gioco ha raccontato la sua verità e, in qualche modo, si è portata “la barca in porto” (per citare lo stesso Direttore Antonicelli).
Da mesi, dopo essere stati presi in giro in loop, abbiamo smesso di inseguire le voci societarie e di indagare su quelli che potrebbero essere gli sviluppi. Quando – e se – arriverà il nuovo sodalizio gialloblù, ne prenderemo atto.
Questa scelta, però, non ci ha impedito di farci un’idea chiara su “chi, come e quando” definisce il cammino di questa Ischia. E qualunque sia la forma o la funzione di questo processo, la sostanza non cambia. Perché, ricordiamolo sempre: ognuno, con i propri soldi, fa quello che vuole e come vuole.
È vero, l’Ischia Calcio rappresenta qualcosa di tutti. Una sorta di proprietà condivisa, intrecciata con la storia di un popolo, di una comunità, di un piccolo mondo appassionato. Tuttavia, restiamo convinti che, prima di fare ogni tipo di ragionamento, bisognerebbe rispondere a una domanda: “Di quale Ischia stiamo parlando?” Oggi stiamo parlando dell’Ischia di Pino Taglialatela, supportata economicamente da Lello Carlino.
Domani parleremo dell’Ischia di un gruppo di imprenditori napoletani, appassionati di calcio e in grado di gestire budget da centinaia di migliaia di euro in un’attività di marketing? Bene, ne prenderemo atto. Ma, per ora, restiamo all’oggi.
Un oggi che ci sbatte in faccia una delle tante “guerre” intestine all’Ischia Calcio: quella tra Pino Taglialatela e Giuliano Antonicelli. Il presidente contro il direttore? Neanche a pensarci. Non solo hanno ruoli diversi, ma non stanno nemmeno sullo stesso piano. E la verticalità di questa società, nel bene o nel male, è chiara a chiunque mastichi un minimo di calcio.
Antonicelli lancia il sasso dal portale della “Serie D”, cercando di pararsi il terreno e, tra le righe, scaricare colpe. Taglialatela risponde con la salvezza in tasca e una vittoria che pesa. Il tutto in bella mostra, davanti a tutti, come se fosse normale litigare con megafono e locandina.
Una volta si diceva che i panni sporchi si lavano in casa. All’Ischia Calcio, invece, si fa tutto alla luce del sole – anzi, in piazza. E con Gigino Fiore come spettatore fisso se parliamo di lavatrice (nel vero senso della parola)
ANTONICELLI “AFFONDA” L’SCHIA
Il 15 aprile, due giorni prima della gara contro la Real Acerrana e con ancora negli occhi dei tifosi gialloblù il disastro visto al “Mazzella” contro la retrocessa Costa d’Amalfi, il direttore sportivo dell’Ischia (utilizziamo il titolo con cui è riconosciuto, non necessariamente quello che ricopre) ha ritenuto opportuno demolire ciò che restava del sodalizio gialloblù. Ha agitato lo spogliatoio e l’ambiente, e – mettendo le mani avanti – ha pensato bene di iniziare a prendere le distanze da quello che sarebbe potuto diventare il fallimento firmato Arcoleo.
Passano le ore, comincia la gara e cambia la scena. Si finisce in nove uomini, ma con due gol di vantaggio, e l’Ischia festeggia. Nel frattempo, però, si rompe qualcosa. O meglio, cade la maschera. Quella che fino a quel momento aveva mostrato un volto che non corrispondeva alla realtà del mondo gialloblù.
Parlando con TuttoSerieD.com durante la puntata di Dilettiamoci, Antonicelli si è trasformato nel più severo censore del progetto gialloblù guidato da Pino Taglialatela. Un’analisi dura, a tratti ingiusta, che – per ironia della sorte – vede lo stesso Antonicelli come uno dei “complici perfetti”.
“Sono arrivato a metà campionato e l’ho detto subito: l’Ischia è una società che va strutturata meglio, anche a livello di organigramma. Serve un restyling. Il presidente Carlino ci ha dato la possibilità di mantenere la squadra, ma per il prossimo anno non so nulla. Non conosco le sue scelte, né se continuerà qui a Ischia” esordisce così l’uomo venuto da Bari. Un’esposizione in stile “picconatore”, anche se con la punta ormai spuntata. Perché, realisticamente, Antonicelli sarebbe stato l’ultimo della lista a cui Carlino avrebbe confidato qualcosa.
Eppure lo avevamo avvisato di persona: “Direttore, buona fortuna a Ischia. Questo è un posto difficile.”
Ma subito dopo la conferenza stampa di presentazione, Antonicelli non ci aveva dato il giusto credito. La realtà ischitana è tutt’altro che piccola o secondaria. È l’opposto. Ad Ischia – che si giochi in Prima Categoria o in Serie D – è sempre lo stesso: servono rispetto, attenzione e competenza. Siamo un popolo esigente, con esperienza, e non abbiamo bisogno né di maestri, né di chi viene con la bacchetta magica.
Poi continua: “Non penso di restare. Vengo da sei anni nel settore giovanile del Bari, la mia formazione è improntata sui giovani. L’Ischia è, dopo il Martina, la seconda squadra più giovane del girone. Ma se la società vorrà ambire a vincere senza credere nel progetto giovani, io non ci sto. Vedo cifre in Serie D che non esistono. Credo nella sostenibilità, in un calcio green: è questo il valore da rispettare.”
Un discorso a tratti idealista, ma vago. Tanti concetti lanciati in campo, senza costrutto. E ci dispiace dirlo, ma Antonicelli – l’uomo dalle coppole più belle mai viste da queste parti – non ci risulta abbia portato giovani di talento, né tantomeno abbia risolto una delle grandi criticità della squadra: il settore giovanile. Un settore spaccato a metà, dove una parte vince e l’altra perde.
E quel “non penso di restare” andrebbe rivisto: sarebbe più corretto dire “non penso vogliano confermarmi”. Ma Antonicelli ha sempre dimostrato una certa difficoltà nel parlare in pubblico e con il pubblico. Sarà stata la mancanza di esperienza o l’aver vissuto su una delle piazze più difficili d’Italia la sua prima esperienza tra i “grandi”. E, manco a farlo apposta, con alcuni “giovani” dell’informazione ci è riuscito molto meglio di quanto gli sia riuscito con alcuni “grandi” (di età, sia chiaro). Intelligenti pauca.
Sempre a TuttoSerieD, Antonicelli aggiunge: “Sono arrivato a gennaio con 7-8 giocatori già in partenza e tanti infortunati. Siamo tornati al ‘Mazzella’ dopo che la squadra si era allenata su vari campi dell’isola. È stato complicato anche inserire nuovi innesti. Per me era la prima esperienza in Serie D, una categoria nuova. Mi è piaciuta, ma c’è poca propensione a credere nei giovani.”
Ancora una volta la questione “giovani” – infilata come cavolo a merenda. Soprattutto perché ricordiamo che fu proprio Antonicelli a mettere su un traghetto per Napoli il giovane Pellino dell’Ischia Calcio, ritenuto “non confacente al progetto”. Altro che fiducia nei giovani.
Poi la chiosa finale con cui Antonicelli si lascia da un’operazione verità non richiesta: “Chi fa calcio sa che in questi momenti bisogna stringersi attorno alla squadra. Se ognuno rema per conto proprio, questa nave non arriverà mai in porto serena e tranquilla. Ora dobbiamo stare uniti, prendere questi tre punti e raggiungere l’obiettivo. Poi ognuno farà il suo percorso.”
Questa è l’unica parte in cui, sbagliando i tempi, Antonicelli ha detto la verità. Lo ha scritto il nostro direttore qualche giorno fa nel suo editoriale: il problema dell’Ischia è la mancanza di una testa che comanda o, per dirla meglio, le troppe teste a comandare. Il fatto che “ognuno rema per conto proprio” è il vero danno di questo campionato. Altro che portieri, “Mazzella”, “Calise” o giocatori che lasciano l’isola. Il vero problema è che “ognuno rema per conto proprio”: presidenza ischitana, presidenza napoletana, spogliatoio, staff tecnico. Troppe “teste” …
Ma, alla fine, servivano davvero all’Ischia Calcio di questo campionato le parole di Antonicelli?
No.
Semmai, sarebbe l’Ischia a dover dire qualcosa a lui. Una parola su tutte: “Scusa.”
Sì, scusa per gli “animali” che fanno da compagnia a Pino Taglialatela e che credono di poter dire tutto, dall’alto di non si sa bene cosa. Forse, l’Ischia dell’anno prossimo – qualunque essa sarà – dovrà ripartire da una pulizia profonda. Verticale e orizzontale. Lasciando che le scorie tossiche accumulate negli anni scivolino lontano dal “Mazzella”.