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giovedì, Aprile 18, 2024

L’intervista a Riina, il male minore

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davide-188x80La mia giornata stava ormai per volgere al termine, l’altroieri. Mia moglie si dilettava con le ultime battute di “The Voice of Italy” e io stavo deliziandomi con il mio libro del momento, “Il segno dell’aquila” di Marco Buticchi. Quand’ecco che la mia capacità di guardare con un occhio il pesce che frigge e con l’altro il gatto incombente, mi consentiva di “origliare” che, di lì a poco, “Porta a Porta” avrebbe proposto l’intervista al figlio di Toto Riina, Salvo. Per averne conferma, il mezzo più immediato era Televideo e c’è voluto decisamente poco per rendermi conto che la polemica era già bella che innescata. Negazionismo, scandalo, vergogna, dimissioni, licenziamento, sfiducia, mafia: queste le keywords più gettonate anche su un web pronto a impazzare crocifiggendo quasi unanimemente Bruno Vespa per quello che, a giudizio dei più, rappresentava un autentico “oltraggio allo Stato e alla memoria”.

Credetemi, non ho mai sopportato il qualunquismo spicciolo, men che meno quello derivante dalla febbre social e dall’effetto devastante della “democrazia telematica” da cui in tanti dipendiamo e di cui, gioco forza, subiamo le conseguenze. Ma come ho avuto modo di scrivere pochi minuti dopo aver seguito quella pur irritante intervista, ci sono ben pochi motivi per gridare allo scandalo.

Aver dovuto ascoltare tante inconcepibili sciocchezze, condite dall’indifferenza di un quarantenne ricolmo della freddezza tipica di chi certi sentimenti, vergogna compresa, ha dovuto imparare a reprimerli ad ogni costo, è stato senza dubbio poco piacevole. Ma parliamoci chiaro: lo scandalo sta nell’aspetto commerciale dell’intervista, quello cioè legato alla pubblicazione del libro di Riina? Anche Giovanni Ciancimino, figlio del sindaco mafioso di Palermo, ricevette lo stesso privilegio da “Anno Zero” di Michele Santoro. E dov’è la differenza? Nel fatto che stiamo parlando della tv di Stato e non di una rete privata? Che il tutto sarebbe stato pagato “con i soldi nostri”? Ma fatemi il piacere!

Ogni giorno ci sarebbero mille esempi, mille occasioni, mille rilievi senz’altro più importanti per sollevare legittimi dubbi sullo spreco dei “soldi nostri” da parte dello Stato. I tempi e i modi della giustizia e della sanità, la corruzione, la burocrazia, il parassitismo pubblico e privato e le continue commistioni tra i due a scapito di tutti, rappresentano solo alcuni degli esempi da mettere in campo, che pur essendo sotto gli occhi di ognuno di noi e danneggiandoci molto di più dell’intervista di Riina su Raiuno, passano sistematicamente sotto silenzio nella semi-indifferenza generale.

Pare che la Rai abbia chiarito di non aver pagato un solo euro a Salvo Riina, ma è indubbio che il figlio del “capo dei capi” della mafia siciliana abbia goduto gratuitamente di una vetrina d’eccezione nel programma di Vespa; un’occasione che uno scrittore vero e magari anche bravo, ma non audience maker come il pargolo di un famoso boss, potrebbe solo sognare di ottenere. Così come è innegabile l’imbarazzo provocato dalle risposte dell’intervistato (e in alcuni casi, anche dal cauto incalzare dell’intervistatore) in qualsiasi italiano di buona volontà che non può dimenticare non solo le stragi di Capaci e di Via D’Amelio in cui persero la vita Falcone e Borsellino, ma anche le svariate migliaia di vittime della mafia, le famiglie private di loro affetti, i figli che un padre lo hanno perso per sempre e non a causa di una giusta carcerazione, ma in un cappotto di legno regalatogli da quelli come Riina. Tuttavia, vi sembra giusto voler fare le pulci all’infotainment cominciando proprio da “Porta a Porta” per quest’intervista? Avete già dimenticato i tantissimi appuntamenti di telespazzatura che ci vengono propinati da mane a sera e non solo nei format di intrattenimento, ma spesso e volentieri anche nell’ambito di un’informazione vera e propria a dir poco indegna d’essere definita tale?

Che lo storytelling dedicato sui libri e in tv alla mafia e alla camorra (a proposito, sta per tornare su Sky la fiction “Gomorra” con la sua seconda serie) possa rappresentarne l’esaltazione pubblica e, addirittura, la mitizzazione, mi sembra un tantino esagerato. Anzi, d’accordo con il mio amico Geppino Cuomo, credo che un pubblico d’ogni età avrebbe potuto, l’altroieri sera, prendere coscienza del vero modo di fare e pensare di un appartenente a questo genere di “famiglia particolare”, come l’ha definita proprio Salvo Riina, ritrovando in questo senso una sorta di “giornalismo di qualità”. E aggiungo che l’atteggiamento e le parole di questo triste signore abbiano reso un servigio tutt’altro che positivo alla malavita in genere. Sfido a trovare, infatti, una sola persona che abbia assistito all’intervista di Riina e non abbia provato un senso di disgusto misto a compassione per un uomo totalmente fuori dal mondo, ostaggio di modelli di onore, dignità e “infanzia e adolescenza serena” che tali non sono, ma che gli sono stati imposti dal sistema in cui è nato e da cui non ha modo, tuttora, di distaccarsi.

In uno Stato che si rispetti e che dovrebbe tutelare in modo totalmente diverso la sua dignità istituzionale e quella dei propri Cittadini, mafia e camorra possono, anzi devono rappresentare una minoranza da arginare e debellare. Ma ricordiamo sempre che il nostro silenzio e la nostra incapacità (o non volontà) di reagire rispetto alle storture a cui assistiamo nella nostra quotidianità se non ci riguardano direttamente, contribuiscono al pari della peggiore omertà o della più intollerabile delle interviste al proliferare di tutto quanto inficia ed inficerà ancora a lungo la qualità della nostra vita e di quella dei nostri figli.

 

 

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