Sandra Malatesta | Ero una bambina quando conobbi Agostino Lauro, perché mia madre era amica di sua moglie, Angelina. Mai avrei pensato, quel giorno, che un giorno mi sarei ritrovata con orgoglio a scrivere di lui, della sua vita, del suo sogno di rendere Ischia una Perla del Mediterraneo.
Agostino nacque a Ischia il 7 giugno 1917 da Salvatore e Celeste Minucci, dopo sette anni di matrimonio e in piena guerra. Fin da piccolo mostrò una grande passione per il mare: abitando vicino alla costa, riusciva perfino a vederlo dal suo letto. Mi piace immaginarlo come un bambino vivace, sicuro di sé, sempre in movimento, felice, capace di divertirsi con giochi semplici, come un carrettino costruito con le ruote a pallini. Era certamente un ragazzino dal grande cuore: a soli cinque anni cercava di catturare i granchi con una forchetta e un filo, per regalarli alla madre che li adorava.
La sua intelligenza e la sua curiosità si manifestarono presto, anche nel seguire il padre, che faceva il corriere, per dargli una mano. Quando il padre morì prematuramente, Agostino decise di prenderne il posto, a soli 19 anni, per sostenere la madre e la zia Antonietta, la dolce Antonietta che ricordo con grande tenerezza.
Nel 1944, da solo e con una sola imbarcazione, “La Freccia del Golfo”, nacque la società “Agostino Lauro”. Era un uomo coraggioso, non temeva i pericoli quando si trattava di salvare vite umane. Salvò un marinaio da una nave in fiamme, curò una signora a Ischia e aiutò molti altri. Un giovane così doveva diventare qualcuno di importante, non solo per sé stesso, ma per tutti gli isolani.
Da quell’idea nacque il sogno: fare di Ischia non solo un luogo da sogno, ma un posto dove anche la realtà potesse splendere. Con un ex mezzo da guerra lungo 42 metri riuscì a collegare Ischia a Napoli. Poiché viaggiavano soprattutto corrieri, pensò anche di trasportare generi alimentari. Fu un precursore anche in questo. Faceva tutto da solo, e riusciva a guadagnare qualche lira che portava con orgoglio alla madre, una donna in gamba che lo affiancò nel lavoro.
Non ho voluto ricordare Agostino Lauro solo per ciò che ha costruito — navi, aliscafi, posti di lavoro — o per il coraggio dimostrato quando, nel luglio del 1947, attraversò l’oceano con una Liberty americana per portare una nave a Ischia, superando una grande tempesta con l’immagine di San Giovanni Giuseppe della Croce sempre accanto. L’ho voluto ricordare soprattutto per l’uomo che era.
Avete notato che noi ischitani diciamo sempre “Agostino Lauro”? Mai “il Commendatore” o “il Dottore”. Questo perché, nonostante la sua importanza, era rimasto un uomo semplice, presente, che sapeva guidare con l’esempio. Negli anni ’80, esattamente nel 1984, grazie al suo intuito arrivarono anche a Ischia i catamarani, rendendo ancora più efficiente il collegamento via mare.
Alla fine degli anni ’40 sposò la dolce Angelina, da cui ebbe quattro figli. Tutti, tranne la compianta Celeste, hanno collaborato con dedizione a portare avanti l’opera del padre. Agostino era un uomo che non stava mai fermo, sempre con carte e documenti sotto braccio, capace di interpretare da solo testi giuridici e tecnici, come se avesse studiato giurisprudenza ed economia.
Anche sua moglie e i suoi figli, come Salvatore, che ha ricoperto ruoli istituzionali importanti, sono rimasti persone semplici, vicine alla gente, fedeli all’idea di un’Ischia ben collegata alla terraferma e alle isole vicine, come Agostino aveva sognato.
Mi piace pensare a quel bambino che, in un’epoca difficile, cadde in mare tentando di “appizzare il riccio”, rischiando la vita perché non sapeva nuotare. Fu salvato da Vincenzo De Angelis, mandato da sua madre che lo guardava dalla finestra. Quel bambino imparò a nuotare, giocò tanto, e in quel mare scoprì la passione della sua vita, probabilmente ereditata dal nonno Agostino senior, sottufficiale di macchina della Marina Reale Italiana. Una passione che, coltivata con cura, lo ha portato a realizzare ciò che oggi conosciamo.
Quel gesto di voler regalare un riccio alla madre a cinque anni, per me, è la prima prova del suo carattere: sicuro, generoso, altruista. E fu proprio questa sua generosità, purtroppo, a spezzargli il cuore, dopo aver aiutato un amico che si rivelò non degno della sua fiducia.
Agostino morì a Genova il 2 gennaio 1989. Il suo funerale si tenne a Portosalvo, e tutte le campane dell’isola suonarono per lui. Tanti gli resero omaggio, come si fa con chi ha dedicato la propria vita a rendere più bella Ischia, a dare lavoro a tanti, e a insegnare che non bisogna mai smettere di andare avanti.
Mi sono emozionata nel ricordare, perché noi quattro fratelli Malatesta siamo cresciuti insieme ai figli di Agostino: Massimo con Salvatore, Patrizia con Annamaria, Marina con Rosaria, e io con l’affetto di Angelina, che mi voleva tanto bene. Ringrazio di cuore Salvatore Lauro per aver collaborato con me.