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giovedì, Aprile 25, 2024

LE LACRIME DI PIERANGELO. Operazione verità con uno dei simboli gialloblù

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Gaetano Di Meglio | Neanche buongiorno e buonasera. Totale, reciproca, indifferenza. È questo il rapporto tra questo giornale e Pierangelo Pesce. Tuttavia quando indossa la felpa d’ordinanza color gialla della JKD ed entra in sala stampa, cadono le questioni personali ed entrano in gioco quelle professionali che alla fine della conferenza stampa ti lasciano pensare “sono fortunato ad essermela vissuta!”.
Barba lunghetta, un po’ bianca che non nasconde le 52 primavera, il gesto noto dell’auto consolazione sulla guancia per rompere l’attesa e il peso della consapevolezza di essere tra quelli che stanno scrivendo la storia: sono chiarissime e raccontano questo Pierangelo Pesce.

Prima domanda: “Squadra in forma?”
“Non ci possiamo lamentare, la squadra ha qualità. Il concetto della preparazione atletica è sempre quello che viene messo sul piatto della bilancia ai primi risultati non utili. Noi siamo abituati probabilmente troppo bene, abbiamo fatto tre, quattro, cinque gol nel primo tempo. Nel calcio, come l’essere umano, non è che ti svegli tutte le mattine allo stesso modo. Un giorno ti fa male la pancia, un giorno il dente e un giorno stai perfettamente. È così. L’andamento è sinusoide, cioè è un adattarsi. Dover criticare la brillantezza, rispetto a quelle che sono le prestazioni precedenti, è sempre legato al risultato secondo me. Poi è normale che, a un certo punto del campionato, le prestazioni si fanno diverse e l’attenzione è maggiore, la libertà mentale è minore. Quindi c’è stata un’inversione di tendenza rispetto a quelli che sono i periodi. Siamo verso il rush finale – tutto d’un fiato – , ci possiamo permettere meno di sbagliare e siamo più pesanti sulle spalle, abbiamo una zavorra maggiore. Questo è il discorso. La squadra si allena benissimo, sono ragazzi che hanno il concetto del sacrificio, perché nel calcio bisogna sacrificarsi, è uno sport dove si corre e ci sono momenti d’alta intensità. Sono quelli che fanno la differenza. La squadra è come la vuole Enrico (Buonocore, ndr), va a prendere alte le avversarie: c’è bisogno di gamba. Abbiamo dei giocatori veramente in forma come Mattera, Ballirano, Simonetti o Florio. Quando si vede un pochino la stanchezza e la fatica, ti rendi conto perché nei mesi passati sono stati devastanti. Credo sia solo una questione di fiducia e di consapevolezza dei propri mezzi”.

Seconda domanda: “Facciamo un’operazione verità. Qual è la tua Ischia da quest’altro punto di vista. Non dagli spalti, ma dalla panchina”
“Rimango sempre quello che guardava dall’esterno, sono qui per dare una mano e mi fa piacere farlo. Ho una passione che ho coltivato, ho avuto la fortuna, in un momento particolare della mia vita, della chiamata del mister. Sono stato indeciso perché il peso è maggiore, mi sento parte in causa al 100%, ma non è questo il problema. Se ti metti in gioco prima da tifoso e poi da preparatore atletico, sei più discutibile. Sono sempre lo stesso, probabilmente con qualche anno in più e con una maggiore maturità”.
La voce si è fatta roca e la gola si è stretta in maniera diversa. Non è il grido, non è l’urlo, è il dolore. E’ la commozione: “Mi ha fatto piacere fare parte di quest’ambiente in un momento non felice della mia vita”. E viene fuori la verità. Insieme all’uomo. Insieme al rispetto.

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