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venerdì, Aprile 19, 2024

L’arte dell’improvvisazione | L’intervento di Vincenzo Acunto

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L’improvvisazione è il contrario dell’organizzazione e sta ad indicare l’inizio di un processo che l’individuo, impreparato, pone in essere a fronte di una situazione non prevista. Spesso, mette in risalto l’estro dell’uomo che realizza opere “artistiche” di valore inestimabile o, di converso, la sua ignoranza e supponenza. L’immensità del patrimonio artistico che l’Italia possiede potrebbe farci dire che l’Italia è la patria degli improvvisatori. Sarebbe un grave errore in quanto gli artisti sono la minima parte mentre la maggior parte sono quelli che, senza aver né arte né parte si improvvisano per sbarcare il lunario. Spesso a spese o ai danni degli altri, in quanto al capolinea dell’improvvisazione costante vi sempre un dazio da pagare o una tragedia da metabolizzare.

Il dibattito che nelle ultime due settimane “martella” l’opinione pubblica nazionale, ha per oggetto il disastro del “Mottarone” (la cabinovia che andando a sbattere ha provocato 14 morti) e la vicenda della ragazza di Prato Luana d’Orazio, operaia di un’industria tessile “risucchiata” da un orditoio nei cui ingranaggi ha fatto una morte terribile. Due eventi terribili (non unici nel loro genere), prevedibilissimi che, per l’improvvisazione di taluni son giunti allo stesso capolinea di morte. Guardando e riguardando i rottami della cabinovia sfracassata, non c’è chi non ha visto che il “congegno incriminato” (la pinza metallica disattivante il sistema frenante) era coperta di ruggine e di quei microrganismi piliferi che in genere caratterizzano il ferro quando è esposto per lungo tempo ad agenti atmosferici che ne stimolano la formazione.

Ergo, quell’abuso tecnico era operante da tempo senza che nessuno, tra le tante figure che la nostra burocrazia prevede per i controlli, se ne avvedesse e facesse qualcosa prima dello schianto. L’improvvisazione dello sfaticato, spesso anche supponente, non lascia scampo. Dell’altra vicenda, quella della ragazza di Prato risucchiata dall’orditoio si è scoperto che, per far andare la produzione più velocemente, erano stati manomessi o alterati i sistemi di sicurezza e del quadro elettrico. Sembra altresì che la ragazza non avesse nemmeno le competenze specifiche per utilizzare un attrezzo del genere. S’era improvvisata lei o qualche superficiale interessato l’aveva improvvisata operatrice di un simile attrezzo pericoloso?

Come ho detto prima, al capolinea dell’improvvisazione spesso si trova la morte che ci spinge, come sempre, a porci la solita domanda, che qualcuno qualifica provocatrice: “non v’era nessun esterno (fuor di busta paga dell’imprenditore) che avrebbe dovuto ispezionare, controllare e caso mai fermare l’abuso?”. Se facciamo un giretto nella giungla della nostra burocrazia l’ingolfamento delle sigle che identificano i soggetti o enti abilitati ai controlli è notevole. Internet li raccoglie in unica pagina e consente al lettore di rendersene conto. I primi a poter essere attenzionati per una “culpa in vigilando” cioè per non aver esercitato i controlli opportuni sono (in casi del genere) i vigili del fuoco che hanno anche poteri di polizia giudiziaria per interdire, in presenza umana, il funzionamento di impianti non a norma o di accedere a luoghi chiaramente pericolosi.

Ho fatto, però, caso che l’organizzazione dei vigili del fuoco, dopo che è successo qualche evento particolare, è quella che appare più indaffarata nel fare. I lettori ricorderanno in tutti gli eventi tragici ed anche in quelli che stiamo parlando, come i primi ad arrivare e ad attrezzare i rimedi sono i vigili del fuoco. Come mai non si muovono prima? Se avessero fatto i controlli di routine (non fermandosi alla cartuscella che trovano in genere già predisposta) non avrebbero accertata la presenza della “forcella” disattivante l’impianto frenante della funivia del Mottarone e la manomissione dell’impianto di sicurezza dell’orditoio ove ha trovato la morte la ragazza a Prato?

Ritengo di sì e poiché la mente viaggia con particolare velocità nell’identificazione di situazioni di pericolo non attenzionate, essa mi riporta sulla nostra isola ove ci imbattiamo in pericoli enormi che potrebbero provocare autentiche stragi per i quali, però, nessuno interviene in via preventiva, pur se più volte attenzionate. Un esempio per tutti è “il piazzale di cava grado” a S.Angelo capolinea del servizio pubblico di linea e terminale di tutta la circolazione stradale pesante. Le foto che accludo, sempre le stesse, non lasciano adito ad immaginazioni particolari. E’ un antro naturale formatosi per progressivi distaccamenti del tufo dovuti alle vibrazioni superiori ed ai colpi delle onde che pesantemente martellano quella zona. E’ un antro a protezione del quale (anni fa) furono sistemati, a mare, alcuni scogli che certificano che l’ente pubblico è a conoscenza del pericolo.

E’ un antro naturale sul quale vi è una movimentazione continua di bus di linea e turistici che nella stagione estiva raggiunge picchi enormi lasciando sbarcare centinaia di persone (anche in un solo momento). Chi è disposto ad immaginare la tragedia che ne deriverebbe se, per causa naturale, il tufo cedesse di schianto? Diremmo ancora che è stata una tragedia o che, invece, ci sono improvvisati nelle stanze ove si dovrebbe decidere?

acuntovi@libero.it

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