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La Procura dà parere favorevole ai domiciliari per il giudice Capuano

By Redazione Web

November 22, 2019

Paolo Mosè | C’è più di uno spiraglio nell’inchiesta che vede coinvolto il giudice Alberto Capuano. Da fonti più che autorevoli, si sussurra che il pubblico ministero Varone e l’aggiunto Ielo hanno deciso di sottoscrivere un parere favorevole alla concessione degli arresti domiciliari. L’ultima parola spetta al tribunale che dovrà giudicare il magistrato che a lungo ha retto la sezione penale della sezione distaccata di Ischia.

Sull’ennesima richiesta avanzata dai suoi due difensori di fiducia, gli avvocati Alfonso Furgiuele e Maurizio Lojacono. Tornati alla carica dopo l’ottimo risultato conseguito in Cassazione, i cui giudici hanno deciso di annullare il provvedimento del tribunale del riesame di Roma ordinando una nuova e più approfondita valutazione dell’ordinanza emessa il 27 giugno scorso dal giudice per le indagini preliminari De Robbio che aveva spedito in carcere il Capuano e gli altri coindagati. Stando alle fonti giudiziarie, la Suprema Corte di Cassazione ha annullato soffermandosi soprattutto sulle esigenze cautelari, sul perché il tribunale del riesame in prima battuta per un verso ha annullato la misura per diversi capi d’imputazione e per altri ne ha confermato la “struttura” mantenendo in piedi la detenzione carceraria.

Non valutando altre misure che avrebbero comunque lo stesso garantito quelle esigenze legate perlopiù alla reiterazione della medesima condotta e anche sul pericolo dell’inquinamento probatorio. Scartando aprioristicamente il pericolo di fuga, che non è stato neanche preso in considerazione dal gip e dagli stessi giudici della “libertà”. In sostanza la Corte di Cassazione ha voluto mettere un punto su questa questione riguardante le esigenze cautelari valutando le motivazioni alla base della conferma (seppur parziale) del gip di arrestare il collega napoletano.

Tra le righe la difesa legge che già il 27 luglio scorso vi fossero tutte le condizioni per concedere gli arresti domiciliari, proprio sulla base di ciò che hanno scritto i giudici di legittimità, ed è per questo che si è deciso in camera di consiglio di annullare e di rimettere la questione dinanzi a quello stesso tribunale che si era espresso negativamente sull’istanza del collegio difensivo.

Un elemento, questo, che molto probabilmente è stato valutato dai pubblici ministeri, in ossequio alla richiesta di custodia cautelare che è stata avanzata dagli avvocati Furgiuele e Lojacono. Adottando una posizione “strategica” tesa ad anticipare una eventuale presa di posizione che lo stesso tribunale del riesame potrebbe prendere in relazione alle “direttive” della Cassazione.

Dopo diversi mesi di stagnazione e un susseguirsi di indiscrezioni tra le indagini chiuse e quelle parzialmente ancora in attesa di approfondimenti, i difensori riescono ad intravedere uno spiraglio. Che consenta innanzitutto di poter riuscire a strappare dalla custodia di Poggioreale il proprio assistito, un giudice della Repubblica, forse uno dei pochi che ha subito una così lunga detenzione cautelare nella fase delle indagini. E che si ritrova ancora sottoposto ad un provvedimento il più grave previsto dal nostro ordinamento a poche settimane dall’inizio della prima udienza dibattimentale. Fissata per il 10 dicembre. Quando inizieranno le schermaglie tra accusa e difesa, in presenza di un collegio giudicante che i ben informati definiscono abbastanza severo, ma comunque concreto nell’analizzare le prove che vengono sottoposte alla loro attenzione da chi rappresenta la Procura e dalla difesa. E’ chiaro che una così lunga detenzione aveva uno scopo, il raggiungimento di un obiettivo.

Stando nell’ambito delle fonti più che autorevoli, in più di un’occasione l’ufficio del pubblico ministero avrebbe fatto sapere che la sua posizione sarebbe stata meno rigida con un’apertura ai domiciliari sin dalle settimane successive all’esecuzione del provvedimento. Facendo intendere che in presenza di una ufficiale comunicazione di dimissioni dall’ordine giudiziario sarebbe stato interpretato come elemento di collaborazione e di confronto che avrebbe al tempo stesso consentito di affievolire di molto le esigenze cautelari. Ma a quanto pare Alberto Capuano non ha alcuna intenzione fino ad ora di dimettersi dalla magistratura. Anche se il Consiglio superiore della magistratura ha provveduto, qualche settimana dopo l’esecuzione del provvedimento, a sospenderlo dalle funzioni. Aprendo ovviamente un procedimento disciplinare.