venerdì, Luglio 11, 2025

La frana archiviata. «Una pendenza senza fine»: decenni di abusi ignorati

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Alla base della tragedia del 26 novembre 2022, oltre alla furia della natura, c’era una bomba già innescata: l’abusivismo edilizio. Un fenomeno che, come emerge dalle carte della Procura della Repubblica di Napoli, ha interessato in modo sistemico il territorio di Casamicciola Terme per decenni, con responsabilità distribuite su più livelli: cittadini, amministratori e uffici tecnici.

Nel provvedimento con cui i magistrati chiedono l’archiviazione dell’inchiesta per omicidio colposo plurimo, viene tracciato un quadro allarmante: un Comune dove il 98% del patrimonio edilizio è irregolare o in attesa di condono, e dove gli strumenti urbanistici sono fermi agli anni ‘70. Una miscela esplosiva che, nelle parole della Procura, ha prodotto una “antropizzazione selvaggia” mai contrastata con efficacia.

Un condono dopo l’altro, senza controlli
Le indagini rivelano che molte delle abitazioni distrutte dalla frana erano oggetto di istanze di sanatoria presentate in base alle leggi sul condono del 1985, 1994 e 2003. Ma queste domande erano spesso carenti dei requisiti minimi richiesti. Eppure, racconta agli inquirenti un funzionario comunale, «solitamente venivano accettate e poi si chiedeva l’integrazione». Un modus operandi diffuso, che ha trasformato il condono da strumento straordinario a scorciatoia ordinaria per l’abusivismo. Le domande, si legge nel fascicolo, “erano composte anche solo da un foglio, spesso prive della documentazione fotografica, delle planimetrie e delle descrizioni previste per legge”.

Le case delle vittime, costruite fuori legge
Esemplare è il caso di una delle abitazioni dove sono state ritrovate alcune vittime: si trattava di un immobile costruito “molto di recente”, ai piedi del Monte Epomeo. Anche per questa casa era stata presentata una domanda di condono, che – secondo la Procura – doveva essere respinta per manifesta incompletezza. Ma quella domanda era ancora pendente al momento della frana, a conferma di un sistema paralizzato. La stessa sorte riguardava, sottolineano gli inquirenti, “la più gran parte delle istanze presentate”.

Piani urbanistici fermi e vuoti di governo del territorio
Casamicciola, secondo i magistrati, non solo non ha contrastato l’abusivismo, ma ha colpevolmente ignorato i propri obblighi di pianificazione. Il Piano Regolatore Generale risale al 1983. Il Piano Urbanistico Comunale (PUC), obbligatorio per legge entro il 2019, ma che è Casamicciola non era stato adottato e che il commissario prefettizio, la dott.ssa Calcaterra aveva avviato per rimediare all’enorme ritardo. La legge prevede che in casi del genere i Consigli comunali possano essere sciolti per inadempienza, ma anche qui non si è mai andati oltre il richiamo formale.

Il boom edilizio
Secondo la relazione illustrativa del Comune stesso, redatta nel tentativo (fallito) di aggiornare il PUC, il “boom edilizio che ha interessato l’isola tra gli anni ’50 e ’90 ha completamente sfuggito al controllo delle autorità, modificando irreversibilmente il paesaggio e vanificando le misure di governo del territorio”. Le sanatorie degli anni ’80 e ’90 non hanno arginato il fenomeno, ma lo hanno “normalizzato”: nel 1985, il 61% dei proprietari presentava domanda di condono. Nel 1994, erano il 34%. “Una consuetudine”, ammette il documento, che ha creato “un patrimonio edilizio largamente fuori norma, spesso in aree vincolate e a rischio idrogeologico”.

Il “non fare” che pesa come una colpa
Per la Procura, il punto centrale è proprio questo: non è l’abuso in sé ad aver causato la frana, ma l’effetto domino di insediamenti umani sempre più numerosi in zone fragili, mai disincentivati da una reale azione repressiva. «A fronte della crescita esponenziale dell’insediamento abusivo, non vi è stata alcuna risposta repressiva», scrivono i magistrati. E se è vero che gli edifici non hanno causato l’evento franoso, è altrettanto vero che ne hanno aggravato gli effetti, rendendo letale ciò che in un altro contesto avrebbe potuto non causare vittime.

Un sistema “sine die” di pratiche mai esaminate
Le carte parlano chiaro: le istanze di sanatoria erano spesso “pendenti sine die”, lasciate negli archivi comunali senza un esame concreto. E anche le disposizioni speciali varate dopo il sisma del 2017 – come il decreto Genova del 2018 – non hanno previsto deroghe reali alle leggi sui condoni, né hanno accelerato le procedure. «Una pendenza senza fine», scrive la Procura.

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  • Articolo realizzato dalla Redazione Web de Il Dispari Quotidiano. La redazione si occupa dell'analisi e della pubblicazione fedele degli atti e dei documenti ufficiali, garantendo un'informazione precisa, imparziale e trasparente. Ogni contenuto viene riportato senza interpretazioni o valutazioni personali, nel rispetto dell’integrità delle fonti e della veridicità dei fatti.

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