E’ vero che nella vita serve anche quel po’ di sederino che non guasta mai, ma ci sono contesti e circostanze che, dinanzi alla realtà dei fatti, si rivelano totalmente differenti e, per certi versi, più evoluti e aperti al cambiamento di tanti altri, anche a parità di possibilità.

Questa riflessione mi è venuta in mente pensando a Max Bergmann, un ventiquattrenne tedesco tanto audace quanto fortunato, che fino a quattro anni fa si dilettava da youtuber a fare il match analyst delle principali partite di Bundesliga. Le sue disamine pallonare devono aver colpito la dirigenza e il settore tecnico dell’Hallescher Fussballclub, squadra militante nella terza categoria tedesca (una sorta di serie C teutonica), che lo ha ingaggiato come assistente allenatore tra i più giovani d’Europa.

Martedì scorso, a ventiquattro anni, la squalifica dell’allenatore titolare ha proiettato Bergmann a dirigere personalmente la squadra nel match casalingo contro l’Osnabrück, offrendogli l’occasione di mettere in mostra le sue conoscenze e i suoi schemi in una gara messasi male ma conclusasi con un rocambolesco pareggio per 3-3 all’ottantaseiesimo che, a giudizio del diretto interessato, “dopo una serie di emozioni da montagne russe, vale quanto una vittoria”.

Non è un caso che questa bella favoletta calcistica sia accaduta in Germania e non in Italia: i teutonici (ebbi modo di scriverVelo tempo fa) investono cifre da capogiro nei settori giovanili e nei centri sportivi federali che avviano e selezionano i giovani calciatori, oltre ad imporre a tutte le squadre il giusto quanto graduale impiego di forze provenienti dal vivaio nell’ambito delle varie compagini impegnate nei campionati federali.

E’ vero che il calcio tedesco, come quello italiano, resta una spanna al di sotto di Inghilterra e Spagna, ma indubbiamente il modello organizzativo presente in Germania offre prospettive e margini di miglioramento che dalle nostre parti, in questo momento, sono solo una chimera.