La POLPA E L’OSSO di Francesco Rispoli | Che è una serva tua madre? Che è una serva? Tua madre non serve!
E. De Filippo, Natale in casa Cupiello, 1931
Napoli 2003. Con Remo Bodei, relatore invitato, inauguriamo il Corso di Laurea in Ingegneria Edile-Architettura. Gli dico “qui la filosofia serve”. Risponde: “la filosofia non serve!!!”. Resto interdetto. Ma lui, sorridendo: “la filosofia non è servitrice!!!”
Quante volte, prima e dopo, ho incontrato l’uso della filosofia per puntellare – come arnese di fortuna o con citazioni di seconda, terza, quarta mano – presunte verità, edifici di pensiero costruiti su malferme “fondamenta”! Soprattutto da chi considera la scienza paradiso della metodologia.
«Immaginiamo dei marinai che, in mare aperto, stiano modificando la loro goffa imbarcazione da una forma circolare a una più affusolata. Fanno uso di travi alla deriva e travi della vecchia struttura. Ma non possono mettere la nave in bacino per ricostruirla da capo. Durante il loro lavoro stanno sulla vecchia struttura e lottano contro violenti fortunali e onde tempestose. Questo è il destino degli scienziati».
La metafora è di Otto Neurath, tra i fondatori del Circolo di Vienna (1922), la fucina del neopositivismo logico che considera la riflessione sul metodo scientifico compito principale – se non unico – della filosofia.
Neurath, a differenza degli altri membri (tutti matematici o fisici, oltre che filosofi), proveniva dalle scienze storico-sociali. Si rese conto che la riduzione del metodo scientifico a quello della fisica trascura del tutto la dimensione storico-sociale dell’impresa scientifica. Che nessuna codificazione del metodo scientifico può prescindere da un approccio storico e sociologico a comportamenti, linguaggi, valori condivisi, procedure adottate e decisioni metodologiche della ricerca scientifica.
La situazione sociologica di una cultura o di un periodo storico è infatti favorevole a certe forme di ideologia o di atteggiamento filosofico e sfavorevole ad altre.
Così, forse, è meglio navigare in acque incerte lottando “contro onde tempestose” piuttosto che affondare in mare calmo sotto pesanti carichi di presunte “certezze”.