Rivoluzionaria e coraggiosa ordinanza pubblicata dal G.I.P. Anita Polito
L’argomento è sempre caldo: parliamo di demolizioni. E in questo caso parliamo di demolizioni che toccheranno non ruderi o costruzioni in cemento, bensì di vere e proprie abitazioni.
Un’urgenza, mai risolta, che torna d’attualità perché più di un rumors che proviene dal Green Flash parla di una possibile demolizione di un abuso di necessità, una casa tuttora occupata da un nucleo familiare. Secondo i rumors, infatti, alcuni elicotteri della Polizia Giudiziaria avrebbero già sorvolato l’immobile alcuni giorni fa per una ricognizione dall’alto dello stato dei luoghi. Uno di quei drammi annunciati da cui l’intera isola non si è ancora ripresa del tutto.
Mentre continuiamo a tenere i radar ben sintonizzati su questa ennesima demolizione, è opportuno evidenziare una rivoluzionaria e coraggiosa ordinanza appena pubblicata dal G.I.P. di Napoli, dott.ssa Anita Polito che, che ha stabilito, come già fatto precedentemente dal giudice della esecuzione del Tribunale di Asti, che l’ordine di demolizione non può essere messo in esecuzione dopo cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna.
Spieghiamolo. Se la condanna passata in giudicato (e tra questi rientra a pieno titolo anche il patteggiamento!) è stata emessa oltre cinque anni fa, l’ordine di demolizione non si può eseguire.
Il tal caso, infatti, l’ordine di demolizione si deve ritenere estinto per prescrizione, ai sensi dell’articolo 173 del codice penale, trattandosi di pena accessoria e non di una sanzione amministrativa, come ritenuto sino a qualche tempo fa dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione.
Un vero e proprio cambio di rotta. Tale ultimo e contrario indirizzo è stato rivisitato e sottoposto a severa critica dal G.I.P. Polito che ha affermato, fra l’altro, che, «se il legislatore ha ritenuto opportuno per le sanzioni penali prevedere un termine entro cui lo Stato deve esercitare il proprio potere di esecuzione della pena, non si comprende perché poi il privato dovrebbe restare “sine die” esposto al pericolo, di non poco conto, di vedere portato in esecuzione (dopo anche decenni, con strumenti urbanistici differenti) l’ordine di demolizione in relazione ad un reato e ad una sentenza emanata anche venti anni addietro». Questa è un’ordinanza che riaccende le speranze di chi è in odore di demolizione, soprattutto di chi ha realizzato un’abitazione di “necessità”, per le esigenze del proprio nucleo familiare e nei limiti del cosiddetto “housing sociale”, come definito dall’articolo 1, comma 65, della legge della Regione Campania n. 5 del 2013.
GRANDE CAOS. Il provvedimento del GIP Polito, costituisce, comunque, l’ennesima dimostrazione che, in questa materia, le idee sono molto confuse e che la politica di governo nazionale è completamente assente sul tema, molto sentito dalle fasce sociali più povere, che andrebbe seriamente rimeditato, senza strumentalizzazioni ideologiche, soprattutto dopo la sentenza della Corte EDU del 4.3.2014 (Grande Stevens ed altri contro l’Italia) che ha chiarito che “le sanzioni inflitte debbono essere considerate a tutti gli effetti come penali, anziché amministrative, in ragione della loro natura repressiva, della eccessiva severità delle stesse e delle loro ripercussioni sugli interessi del condannato”.
E non vi è dubbio che la sanzione della demolizione applicata dal comune sia da considerare addirittura più grave di quella applicata dal giudice penale, perché, mentre nel primo caso alla inottemperanza del contravventore segue non solo la demolizione dell’opera ma anche l’acquisizione del suolo al patrimonio comunale, oltre all’irrogazione di una sanzione pecuniaria che, nelle zone vincolate, va applicata nella misura massima di euro 20.000, nel secondo, invece, l’esecuzione della sanzione comporta la sola demolizione.
Di qui la necessità – secondo la Corte Europea – di evitare una duplicazione di procedimenti, amministrativo e penale.

ALLINEAMENTO EUROPEO. «Al riguardo – scrive il GIP Polito -, occorre evidenziare che questo Giudice condivide pienamente le argomentazioni del Tribunale di Asti, ci cui all’ordinanza n. 89/2006 SIEP del 03.11.2014 prodotta dalla difesa in sede di incidente di esecuzione per la quale, dovendo decidere un analogo incidente di esecuzione, la predetta A.G. dichiarava l’estinzione per decorso del tempo dell’ordine di demolizione di cui alla sentenza da eseguire. In sostanza, il Tribunale di ASTI, con motivazione alla cui lettura si rinvia per ragioni di brevità espositiva ma che qui abbiansi per ripetuta e trascritta, fondamentalmente, in una interpretazione più aderente alla normativa europea della natura giuridica della confisca ex art. 44 DPR 380/01, la considera una sanzione penale accessoria e non una sanzione amministrativa – come sinora ritenuto anche dalla prevalente Giurisprudenza – in quanto tale suscettibile anch’essa di prescrizione, ai sensi dell’art. 173 c.p. In reatà, la Corte di Strasburgo già dagli anni ’70 aveva affermato una concezione cd. autonomistica dell’illecito penale e della pena».
anchio mi trovo in questa situiazione 20 anni fa.il 1996 costrui una casa di nesessita.e o avuto la demolizione.e sto ancora in causa.spero che me lacavo.