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giovedì, Aprile 25, 2024

La concezione proletaria del mondo e l’astensionismo tracciano la strada per l’emancipazione della donna

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Gianni Vuoso* | “Viva l’8 Marzo, Giornata internazionale delle donne”. Con questo grido di entusiasmo e di lotta, Monica Martenghi, Responsabile della Commissione donne del Comitato centrale del PMLI- ha pubblicato su “il bolscevico”, settimanale on line del PMLI, un pezzo di grande interesse “L’emancipazione della donna non passa dal parlamento ma dalla rivoluzione proletaria”.
A Cgil e Fiom rivolge l’invito ad unirsi ai sindacati non confederali che hanno proclamato lo sciopero nei settori pubblici e privati, anche per offrire una copertura sindacale alle lavoratrici che vorranno aderire. Infatti, i confederali continuano ad essere allineati e coperti e retrivi su certe posizioni di lotta. La lotta per quella vera emancipazione delle donne che fu sancita già nella Costituzione sovietica, con Stalin al governo.
Sin da quando fu istituita la Giornata internazionale delle donne, “la concezione dominante della donna- scrive Martenghi- è sempre quella borghese e patriarcale. E’ questa concezione che porta alla violenza maschilista sulle donne, alla subalternità della donna all’uomo nel lavoro, nella famiglia, nella società, nella politica e nelle istituzioni, alla discriminazione salariale delle donne, al doppio lavoro, a casa e nella professione, al ruolo di architrave della famiglia borghese concepita come cellula economica di base del sistema capitalistico e il suo principale ammortizzatore sociale”. E la disumana condizione delle donne, il femminicidio, la strumentalizzazione della violenza sulle donne, l’aggressione delle donne ritenute un mero oggetto sessuale costituiscono la base sulla quale si regge la concezione maschilista, antifemminile e patriarcale che viene costantemente riproposta “per respingere in casa, nel casalingato, nel modello di famiglia cattolica a fare figli e prendersi cura di tutta la famiglia secondo il motto mussoliniano Dio, patria, famiglia, fatto proprio sotto varie forme, dai governi sia di centro-destra che di centro-sinistra”.
Come uscirne? Monica Martenghi risponde che “solo la concezione proletaria della donna può cambiare radicalmente la condizione delle donne stesse…La pratica dimostra che non esiste un’altra via per l’emancipazione delle donne che abbattere radicalmente il capitalismo dalle sue fondamenta e costruire sulle sue ceneri…una nuova società”, il socialismo!”. Che non passa attraverso il parlamento, come predicano i riformisti e i revisionisti per ingannare il proletariato, ma passa dalla rivoluzione proletaria. Una via sulla quale si era avviata la Grande Rivolta del Sessantotto di cui oggi ricorre il 50° anniversario, una strada sabotata da chi, tradendo se stessi, la propria identità, la propria storia, “ha scelto il riformismo, l’elettoralismo, il parlamentarismo, il costituzionalismo, il governismo e il pacifismo, imprigionando le masse anche femminili nel capitalismo”.
Si tratta di abbattere questa prigione. Sul piano elettorale, suggerisce Monica Martenghi, bisogna “assumere la concezione proletaria del mondo e marciare verso la conquista del socialismo”.
Sul piano elettorale possiamo “impugnare l’astensionismo marxista-leninista come un voto dato al PMLI e al socialismo e creare ovunque, le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, ossia le Assemblee popolari e i Comitati popolari basati sulla democrazia diretta”. Lungo questa strada bisogna mettere fuori legge i gruppi nazi-fascisti, combattere per il lavoro a tutte le donne, comprese migranti e rifugiate, garantendo salario intero e tutela sindacale e rivendicando una fitta rete di servizi sociali, sanitari e scolastici pubblici; occorre vietare l’obiezione di coscienza per garantire l’aborto negli ospedali, garantire i diritti delle coppie eterosessuali a tutti.
“Lavoro e socializzazione del lavoro domestico- dice Monica Martenghi- sono le due leve principali dell’emancipazione della donna. Per questo non siamo d’accordo con il “reddito di autodeterminazione” e il “salario minimo europeo” che vanno contro la rivendicazione fondamentale che per noi deve rimanere assolutamente prioritaria del diritto al lavoro per tutte le donne. Il nostro auspicio è che questo importante movimento esca dal perimetro ideologico, storico e politico del femminismo e apra le sue conoscenze e la sua prassi alla teoria e alla storia del movimento operaio andando alle sue fonti, anche per sapere ciò che il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e il nostro stesso Partito hanno prodotto sul tema dell’emancipazione femminile”.
Buon 8 Marzo a tutte le sfruttate e le oppresse, a tutte le donne coscienti!
*dell’Organizzazione isola d’Ischia del PMLI

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