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venerdì, Marzo 29, 2024

La caccia e il rispetto

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4WARD dal seggio alla seggia di Davide Conte

Con l’incedere dell’età ho imparato ad essere quanto più tollerante possibile nei confronti del prossimo, anche quando certe posizioni riscontrano l’intransigenza tipica della mia natura e, peggio ancora, dei principi a cui non derogo per nulla al mondo. Credo, infatti, che si tratti di una questione di rispetto per le idee altrui, una corretta pratica di vita più che una mera reminiscenza di voltairiana memoria (o almeno attribuita allo scrittore e filosofo francese del 1700). Tuttavia, cerco a volte di calarmi nei panni di chi contesta e condanna sempre e a tutti i costi: un fenomeno, questo, che dalle nostre parti è più diffuso che mai e che rende molto più difficile la coesistenza tra isolani. Ebbene, ogni qualvolta lo faccio, mi rendo conto che la propensione diffusa tende a dedicare grandi sforzi ed attenzioni ad argomenti futili e di scarso interesse (peggio ancora se di parte), piuttosto che a problematiche di fondamentale ed oggettiva importanza. Come dire, si perde tempo a dissertare di varie amenità piuttosto che di cose serie, un po’ come se per molti ciò riesca decisamente più facile, dedicandovi così tempo e risorse del tutto fuori luogo.

davide-188x80E visto che siamo proprio nel periodo adatto, oggi parliamo di caccia. Resto sempre più sorpreso quando noto l’accanimento cieco di chi si scaglia spesso e ad ogni pie’ sospinto contro noi appassionati dell’attività di Diana. E’ vero, nella nostra categoria gli idioti non mancano di certo; come ne è ricca quella degli ambientalisti, del resto, giusto per restare in tema senza allargare troppo lo spettro che riscontrerebbe presenze analoghe in ogni settore. Ma riuscendo a riflettere con attenzione sul fenomeno venatorio in sé, è fin troppo facile rendersi conto che per quasi quattrocentocinquanta euro a stagione, tra tasse ed assicurazione, il cacciatore medio italiano viene animato non certo dalle numerose prede abbattute (specialmente per la migratoria, i carnieri di un tempo sono ormai solo un miraggio), bensì da quella passione talvolta ereditaria che in qualche modo appartiene alla nostra storia, al nostro territorio ed alla nostra cultura. I cacciatori, quelli veri, percorrono chilometri in pianura o tra i boschi, le colline e le montagne (talvolta con i costi della trasferta in terraferma che, specie per noi isolani, non sono pochi), tornando a casa la maggior parte delle volte senza che le canne dei loro fucili abbiano avuto il piacere di riscoprire il sapore acre della polvere esplosa o l’attrito pruriginoso dei pallini che scorrono fulminei verso la preda. In compenso, però, essi trovano l’occasione di incontrare tratti di natura d’incomparabile bellezza, di cui hanno certamente più rispetto di molti soloni pronti ad additarli impietosamente come assassini, ma noncuranti dei maiali che abbandonano carcasse di lamiera, amianto, “sfraucatura” e monnezza varia in un bosco, o dei piromani che distruggono ettari di vegetazione spontanea. E se fate una passeggiata a Fondo d’Oglio o alle falde dell’Epomeo, è fin troppo agevole riscontrarlo.

Dalla preistoria ad oggi, sebbene in contesti e con motivazioni progressivamente diverse, la caccia ha sempre recitato un ruolo ben lungi dal semplice diversivo per chi ama lo sparo. Poesia, letteratura, pittura e, più in generale, l’arte d’ogni tempo, spesso d’indiscutibile eccellenza, hanno prediletto la rappresentazione di scene venatorie, testimoniandone l’importanza e la considerazione dei popoli, che in alcuni casi hanno combattuto strenuamente per esercitarne il diritto contro l’arroganza di chi intendeva elevarla al rango di privilegio per pochi.

L’ars venandi possiede senz’altro alcune raffinate sfaccettature che non tutti conoscono e che, molto spesso, non coincidono affatto con le prescrizioni di Legge. Anche per il cacciatore, come per il semplice cittadino, esiste infatti un codice etico fatto di regole non scritte ma che, se osservate, contribuiscono a nobilitare una pratica fin troppo ingiustamente vituperata. Nel mio piccolo, ad esempio, ormai da anni ho messo da parte i nuovi automatici e utilizzo esclusivamente fucili a due colpi, proprio perché praticando solo caccia alla cerca col cane, interpreto lo sparo stesso quale premio per gli sforzi e l’attività dell’ausiliare (che il cacciatore vero cura e tratta al pari di un familiare) e non certo come accanimento a tutti i costi contro la preda. Così come l’abitudine di raccogliere il contenitore vuoto anziché lasciarlo in terra, o ancora l’attenzione verso le colture o il sottobosco, oltre a importanti segnali di civiltà, rappresentano la concreta possibilità che l’animo nobile di Cacciatori, Agricoltori e veri Amanti della natura (la maiuscola non è casuale) li renda, con mutuo rispetto, preziosi attori dello stesso cast nella rappresentazione di un prezioso film: l’ambiente di domani.

Anche per la caccia, come per valori della vita senza dubbio più importanti di essa ma non per questo meno vituperati, piuttosto che assistere alla sistematica quanto stereotipata condanna da parte dei più, mi piacerebbe che esistesse maggior rispetto. Chiedo troppo?

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