lunedì, Novembre 10, 2025

Ischia, riconoscimento dello Stato di Palestina in Consiglio. Mazzella: “Non possiamo restare in silenzio”

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Dopo Lacco Ameno, anche il Comune d’Ischia ha deciso di prendere posizione per il riconoscimento dello Stato di Palestina.
A tal fine il presidente Gianluca Trani ha integrato l’ordine del giorno del Consiglio comunale convocato per le ore 12 dell’8 ottobre.
La proposta di delibera è stata presentata dal sindaco Enzo Ferrandino e dai consiglieri comunali Agostino Mazzella ed Alessandro Migliaccio.
L’argomento che integra l’ordine del giorno è dunque il “Riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell’Italia e dell’Europa”.

Gli altri tre punti all’o.d.g. della seduta consiliare in unica convocazione e in via d’urgenza riguardano la ratifica della delibera di Giunta n. 90 del 15 settembre scorso che ha approvato il DIP per la “Riqualificazione e risanamento di ambiti urbani e stradali del borgo storico di Ischia Ponte” e la relativa variazione al bilancio 2025-2027; l’approvazione del DIP, la variazione al bilancio e la nomina del rup per il progetto “Il Giardino della Torre Guevara. Il Museo itinerante archeologico subacqueo e la galleria d’arte nel paesaggio”; la “Fruizione servizi pubblici di trasporto marittimo da parte degli abitanti delle isole. Richiesta alla Regione Campania”, su richiesta del consigliere Alessandra Piricelli.

Mazzella: “Restare in silenzio sarebbe complicità. Parlare è il primo passo per restare umani”

Il professor Agostino Mazzella, consigliere comunale di Ischia e promotore dell’iniziativa, spiega le ragioni dell’adesione del Comune alla campagna per Gaza, un gesto di coscienza e umanità contro il silenzio sulla tragedia in corso.
In occasione del gazaday, Mazzella non aveva avuto dubbi: «Ho visto immagini strazianti, bambini che vagano tra le macerie, e ho sentito il bisogno di reagire, di fare qualcosa. Ho proposto ai colleghi consiglieri di partecipare: non per schierarsi politicamente, ma per una questione di coscienza e di umanità.
Non c’è alcuna strumentalizzazione, ma la necessità di affermare i diritti umani, la giustizia e il diritto internazionale. La nostra adesione non è contro qualcuno, ma per dare voce a chi non ce l’ha.

Questo non è un gesto contro il popolo ebraico o la sua religione. È un gesto che contesta il sionismo come ideologia politica di occupazione territoriale. Sono due piani diversi, e confonderli è pericoloso.
Non possiamo restare in silenzio mentre si parla di esodi di milioni di persone, di una pulizia etnica mascherata da guerra. Certo, Hamas è un’organizzazione terroristica, ma la risposta in atto appare sproporzionata e disumana. Il sospetto è che si voglia approfittare della situazione per ridefinire completamente il territorio.

Il problema non sono mai i giovani, ma i loro genitori. Ho insegnato per oltre quarant’anni e ho sempre visto nei giovani una spinta positiva. Sono stati protagonisti delle lotte per i diritti, delle rivoluzioni, dei cambiamenti. È la nostra generazione, la mia, ad aver abbandonato l’utopia.
Sono inondati di informazioni, spesso superficiali. Dare loro uno stimolo visivo, come un hashtag proiettato su un edificio simbolico, può incuriosirli e spingerli ad approfondire. Restare in silenzio sarebbe complicità. Parlare è il primo passo per restare umani.»

  • Articolo realizzato dalla Redazione Web de Il Dispari Quotidiano. La redazione si occupa dell'analisi e della pubblicazione fedele degli atti e dei documenti ufficiali, garantendo un'informazione precisa, imparziale e trasparente. Ogni contenuto viene riportato senza interpretazioni o valutazioni personali, nel rispetto dell’integrità delle fonti e della veridicità dei fatti.

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