venerdì, Giugno 20, 2025

Ischia e la camorra light. Quando si “sparano” colpi di dossier… L’inchiesta su Marrazzo

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IL MONOPOLIO DELLA PAURA 3. Dopo la denuncia, non è scattata la difesa giudiziaria, ma una macchina del discredito: dossier costruiti ad arte, lettere anonime, foto scattate di nascosto, articoli pilotati. Il vero obiettivo non era confutare le accuse, ma demolire chi le aveva rese pubbliche. Un’altra inchiesta dentro l’inchiesta, dove la vittima rischia di diventare il bersaglio

Nel lessico giornalistico è nota come “macchina del fango”, ma nei fascicoli dell’inchiesta ischitana assume una forma ancor più pericolosa: dossier costruiti per invertire ruoli, colpendo la credibilità di chi denuncia.
Non ci sono solo lettere anonime o voci incontrollate, ma veri e propri “pacchetti” informativi assemblati con fotografie, dati manipolati, riferimenti a controlli superati e interpretati in chiave accusatoria.
L’obiettivo è semplice quanto devastante: trasformare il testimone in un sospetto, il denunciante in un personaggio scomodo da screditare. Una logica pericolosa che colpisce al cuore il diritto di parlare.

NON È DIFESA, È ATTACCO
In tutte le intercettazioni agli atti non si trova mai un piano per confutare le accuse o documentare la legittimità dell’operato di TRA.SPE.MAR. L’unico filo conduttore è l’offensiva: materiale da mandare ai giornali, lettere da far girare tra le autorità, video da tagliare e confezionare.
Come scrive la Procura, si tratta di una “strategia comunicativa offensiva, non difensiva”, rivolta non al processo ma al contesto sociale.
Perché, come è emerso chiaramente, l’arma più efficace non è sempre una minaccia. A volte è una verità manipolata.

L’altra inchiesta: guerra a chi rompe il silenzio
Nel cuore dell’indagine giudiziaria che ha portato all’arresto di Angelo Marrazzo e al sequestro delle motonavi TRA.SPE.MAR., si snoda un secondo filone, oscuro e rivelatore. Mentre la Direzione Distrettuale Antimafia documenta un sistema estorsivo aggravato dal metodo mafioso sul trasporto dei rifiuti speciali tra Ischia e la terraferma, prende forma una controffensiva invisibile ma sistematica: un’azione parallela destinata a colpire non l’impianto delle accuse, ma la persona che le ha formulate.
È il caso del dossier costruito per delegittimare il denunciante, un pacchetto di accuse, foto, lettere anonime e video confezionati ad arte per farlo passare da vittima a colpevole. Un lavoro oscuro, sviluppato nei mesi successivi alla sua denuncia, e oggi parte stessa del procedimento penale.

Non difendersi, ma distruggere chi accusa
Quando l’imprenditore decide di denunciare, lo fa con prove documentate: viaggi, sanzioni, controlli anomali. Ma dall’altra parte, la risposta non è di natura giuridica. È strategica. Le intercettazioni raccolte tra luglio e dicembre 2023 mostrano una pianificazione precisa, dettagliata, finalizzata non a smentire le accuse, ma a distruggere la credibilità di chi le ha fatte.
In una delle conversazioni chiave, Angelo Marrazzo e il suo collaboratore Salvatore Solmonese parlano apertamente della costruzione del materiale da usare:
Marrazzo: «Dice che è in regola? Mo glielo faccio vedere io… Fategli le foto ai camion, che lo becco mentre carica sopra soglia.»
Solmonese: «Già fatto. Pure i metri quadri glieli ho presi, e ho scritto pure che sono trenta invece di dodici.»
Marrazzo: «Perfetto. Adesso bisogna farlo uscire sui giornali.»
Il piano è chiaro: fabbricare un’immagine negativa del denunciante, indipendentemente dalla veridicità dei contenuti. Lo stesso Marrazzo, in un’intercettazione successiva, fa un riferimento diretto al quotidiano Il Roma.
Marrazzo: «Domani mattina, mi devi portare tutto. Le foto, i dati, e quella lettera. La mandiamo al Roma, quello se la mangia subito.»
Solmonese: «Va bene. Mettiamo pure la storia dei trenta metri cubi, ci mettiamo che è recidivo.»
Marrazzo: «Bravissimo. Glielo serviamo bello e pronto. Così lo sputtanano loro. Noi manco ci siamo.»
Il tentativo è quello di attivare una macchina del fango mediatica, alimentata da segnalazioni anonime, pressioni informali e fotografie fuori contesto. Lo scopo non è difendersi, ma capovolgere i ruoli: non più accusato e vittima, ma due “concorrenti” in guerra tra loro.

Lettere anonime, foto, video e falsi esposti
Nell’ottobre 2023 arriva alla Capitaneria di Porto una lettera anonima. Accusa l’imprenditore di aver trasportato rifiuti senza autorizzazione, di aver superato le soglie consentite, di aver violato le normative ambientali. Una copia viene inviata anche a un giornale locale. Gli inquirenti, incrociando date, contenuti e metadati dei file allegati, risalgono all’ambiente vicino a TRA.SPE.MAR.
A novembre, alcuni soggetti fotografano il camion dell’imprenditore mentre si avvicina alla banchina. Le immagini sono poi manipolate per mostrare presunte “eccedenze” di carico, che non esistono. Vengono inoltrate all’ARPAC con un’espressione captata in un’altra intercettazione: “Abbiamo anche i video. Glieli mandiamo all’Arpac, vediamo se ride ancora.”

Nei mesi successivi, le segnalazioni si moltiplicano. I controlli sull’azienda del denunciante aumentano. Alcuni fornitori interrompono i rapporti. Altri si allontanano. Il suo nome, da testimone, viene spinto ai margini, in un isolamento di fatto.
“Deve restare solo. Così capisce cosa significa fare il furbo con noi”, si sente in una delle ultime intercettazioni.
“Mi serve che lunedì gli mandiamo il primo pacchetto. Foto, data, peso del carico. Poi ci facciamo uscire la nota della Procura.”

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  • Articolo realizzato dalla Redazione Web de Il Dispari Quotidiano. La redazione si occupa dell'analisi e della pubblicazione fedele degli atti e dei documenti ufficiali, garantendo un'informazione precisa, imparziale e trasparente. Ogni contenuto viene riportato senza interpretazioni o valutazioni personali, nel rispetto dell’integrità delle fonti e della veridicità dei fatti.

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