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sabato, Aprile 20, 2024

Il saluto del giudice Carbone al tribunale di Ischia

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Paolo Mosè | Ieri è stata l’ultima udienza del giudice Giovanni Carbone. Con le ultime sentenze lette, lascia l’incarico di coordinatore della sezione distaccata di Ischia. Lunedì prossimo assumerà l’incarico di consigliere della III sezione della Corte di Appello. Un incarico delicatissimo per numero di processi da gestire, ma soprattutto per alcuni che si presentano alquanto complessi per numero di imputati per reati gravi. Già prima che si insediasse, il presidente della Corte gli ha assegnato un processo di camorra dove vi sono numerosi imputati detenuti per gravi fatti compiuti nell’ambito della giurisdizione della Corte di Appello di Napoli (Napoli, Caserta, Benevento e Avellino).

Una promozione che però lascia l’amaro in bocca a tutti coloro che dopo otto anni lo hanno conosciuto nel ruolo di giudice. Molti avvocati gli hanno manifestato il proprio dispiacere per il trasferimento. Anche Giovanni Carbone si è detto rammaricato per dover lasciare l’isola d’Ischia, che ama profondamente. Era sua consuetudine passare alcune ore passeggiando nei posti più impensati dell’isola, amava libri che raccontavano la storia dei sei comuni. Conosceva più luoghi lui che un ischitano purosangue.

Gli avvocati stanno organizzando una festa in suo onore a Sant’Angelo per attestare la stima dell’intera classe forense per il lavoro svolto in un ufficio giudiziario costellato, al suo arrivo, da un’atavica emergenza e soprattutto da circa duemila processi pendenti. Costringendolo ad un superlavoro per diminuire il numero degli imputati in attesa di giudizio di primo grado. E lo ha fatto con umiltà, con equilibrio e senza mostrare acredine, non ponendosi sul piedistallo come alcune volte cercano di far pesare suoi colleghi. Non è mai stato duro con gli imputati, ma ha sempre emesso una sentenza che fosse equilibrata, mai punitiva o benevola. Un giudice, come si dice in ambienti giudiziari, terzo a tutti gli effetti. Ad alcuni sapientoni ha fatto storcere il naso, perché non amava troppo i tecnicismi, ma andava dritto al sodo: capire soprattutto se l’imputato dinanzi a lui fosse innocente o colpevole. Sulle prove emerse in dibattimento e soprattutto fidandosi della “carta canta”, come amava spesso ripetere in aula. Ha riportato nel settore penale quel giusto confronto cercando di smorzare le tensioni ed avendo un rapporto franco e chiaro in particolar modo con gli avvocati. Mai una polemica, ma tentando un punto d’incontro che fosse la giusta soluzione per un processo rapido ma giusto.

Se ne va dopo otto anni e lascia una situazione molto più tranquilla rispetto a quando era venuto. Affrontando anche processi delicati con lo stesso metro, in cui ha condannato o assolto quegli imputati che erano a giudizio per reati urbanistici. Ha di fatto “inventato” lo “sconto” all’imputato che ha favorito la riduzione dei tempi del processo. E’ stato il primo giudice che ha messo in pratica la messa alla prova con servizi socialmente utili per tutti quei giovani sorpresi alla guida in stato di ebbrezza. I quali, dopo aver seguito un programma, si sono visti estinguere il processo. Un magistrato votato a risolvere i problemi, i casi di giustizia. Non è un caso che Giovanni Carbone sia uno dei giudici più prolifici nell’emettere sentenze. E non è poco. Non ama le perdite di tempo e molto probabilmente troverà qualche difficoltà a ritrovarsi nella macchinosa Corte d’Appello dove tutto va più a rilento e dove i tempi si dilatano a dismisura. E soprattutto non ama iniziare le udienze dopo le 9. Mentre è consuetudine nei piani alti del palazzo di giustizia di Napoli iniziare dopo le 10.30, con tutta calma e affrontando i casi al rallentatore.

Se ne va un giudice gentile, disponibile e quasi sempre con il sorriso sulle labbra. Un giudice che amava avere rapporti cordiali con tutti. Ognuno però nei propri ruoli e senza mai travalicarli. Come si vorrebbe in una giustizia che progredisce, che va al passo con i tempi.

Lo sostituirà, guarda un po’, un giudice onorario e le difficoltà già si appalesano, non avendo la delega a trattare alcuni processi che inevitabilmente dovranno per forza maggiore essere trasferiti al tribunale centrale, per essere di competenza del giudice togato. A Napoli non aveva forse giudici di carriera da inviare alla sezione distaccata di Ischia? In questo modo si rischia inevitabilmente di ingolfare nuovamente la cancelleria di processi che non vedranno facilmente la luce di una sentenza.

 

 

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