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sabato, Aprile 20, 2024

Il lockdown vissuto a Londra da Isidoro Patalano

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Elena Mazzella | Sono tantissimi gli ischitani che hanno dovuto affrontare questo difficile periodo legato alla pandemia globale causata dal Coronavirus lontano dai propri affetti e dalla propria terra.

Lasciandosi alle spalle la casa, il porto sicuro, le radici, si sono proiettati verso il mondo, iniziando il loro nuovo percorso sulle infinite strade che il mondo offre. Consapevoli del fatto che il loro viaggio non iniziava alla partenza né finiva una volta giunti alla meta, si son ritrovati da soli in terra straniera in un momento quanto mai difficile.  

“Ho avuto nostalgia dell’Italia all’inizio della crisi sanitaria causata dal Coronavirus. Sarei voluto essere sui balconi italiani per poter cantare e partecipare ai flashmob. Quelle iniziative mi hanno commosso. Pensavo a come noi italiani sappiamo riunirci, fare gruppo e supportarci anche in situazioni negative”.

E’ questa la voce malinconica e toccante di Isidoro, giovane ischitano che arriva a noi dalla grigia e triste Londra ai tempi della pandemia. Isidoro Patalano da circa otto anni ha scelto la capitale britannica come sua residenza. Partì nel lontano novembre del 2012 deciso a restare nel Regno Unito solo per un breve periodo: voleva frequentare un master in giornalismo per far poi ritorno in Italia con il suo bagaglio di esperienze. Ma l’imprevedibilità della vita si è imposta e gli ha riservato un destino diverso da quello da lui prefissato.

Con l’intento di riportarlo tra noi attraverso queste colonne, diamo voce alla sua storia, che incarna quella di tanti giovani ischitani coraggiosi che, seppur consapevoli di vivere in uno dei posti più belli al mondo, sono costretti a cercare altrove nuove prospettive per il loro futuro.

L’inizio di Isidoro è stato duro, ambientarsi in un paese straniero, far sua una lingua straniera, convivere con stranieri, aprirsi a culture diverse ha significato stravolgere completamente la sua vita e soprattutto accantonare la sua cultura. Ma ha tenuto duro e con la ferma tenacia e capacità di socializzare che contraddistingue gli ischitani che da sempre accolgono il mondo, dopo circa otto anni si ritrova con la cittadinanza londinese. Dopo varie esperienze nella ristorazione e incarichi freelance, adesso lavora come giornalista per un quotidiano nazionale britannico.

Attraverso una attenta analisi, Isidoro confronta le gestioni diverse da parte dei due stati nella fase del Lockdown.

Isidoro, sono ormai otto anni che vivi a Londra lontano dalla tua isola.

“Si. In questi anni ho, allo stesso tempo, amato e odiato. La volontà di tornare è sempre stata lì dentro di me, ma l’andamento del paese non e’ mai stato un motivo che mi spingesse ad andare via. Nemmeno la Brexit. Fino all’emergenza coronavirus”.  

Come è stata affrontata a Londra l’emergenza sanitaria?

“Le poche misure prese inizialmente dallo stato mi sono sembrate inadeguate e non abbastanza per prepararci all’emergenza. Quella che poi è stata definita pandemia, era vista come un semplice virus stagionale. Conscio dell’esperienza italiana sapevo quanto ciò fosse sbagliato. Per la prima volta ho iniziato a sentirmi non tutelato in questo paese. I miei amici e colleghi inglesi mi prendevano in giro per quanto fossi esagerato a non voler abbracciare persone o a cercare di evitare contatti fisici. Poi si sono ricreduti.

Il sentimento di sfiducia era comune a molti Italiani nel Regno Unito. Parlando con persone, leggendo in gruppi Facebook ho notato che questa “ansia” tra noi expat era condivisa”.


E la pandemia in atto non ti ha spinto a tornare ad Ischia?

“Dopo alcuni brevi dubbi ho deciso che sarei rimasto a Londra. La mia vita al momento è qui ed è qui che ho deciso di affrontare questa situazione. Conosco persone che hanno fatto bagagli e biglietto e sono ritornate in Italia. Non giudico le esigenze e le decisioni di ognuno, ma lo scappare pensando di essere più protetto in Italia semplicemente non mi sembrava una opzione”.

 Come è stata gestita la fase del lockdown?

“Il lockdown totale e’ stato implementato in varie fasi. Inizialmente il PM aveva “consigliato” si stare a casa e uscire solo se strettamente necessario. Ma dopo tre giorni, in cui una gran fetta della popolazione non e’ stata attenta a seguire le indicazioni, sono state messe in atto delle regole più rigide, ma comunque meno severe di quelle italiane. Qui è permesso uscire a fare la spesa e esercizio fisico (corsa, camminata, bicicletta) all’aperto una volta al giorno.  Questa settimana verrà già rivelata la strategia d’uscita dal lockdown. Non c’è bisogno di autocertificazione e persone conviventi possono uscire insieme. La polizia non è cosi severa come in Italia”. 

E i londinesi come si sono comportati?

“La grigia Londra non è mai stata cosi soleggiata come durante questo lockdown, e proprio in questi giorni primaverili molti hanno pensato bene di uscire. In questo mese sono andato al parco solo una volta per una corsetta e con mio stupore era pieno di persone che facevano attività fisica, ma anche pieno di molti che erano li per prendere il sole e rilassarsi all’aria aperta”.


Quali sono stati gli aiuti finanziari da parte del governo?

“Non esistendo un vero e proprio sistema di cassa integrazione, il governo ha istituito dei sussidi per lavoratori e per le aziende per far fronte all’emergenza. Molti lavoratori sono rientrati in questo schema. Molti altri, come me, hanno continuato a lavorare da casa. Altri, purtroppo, licenziati hanno possibilità di richiedere il sussidio per disoccupati.

Molte aziende, per tutelare i loro business, hanno giocato un ruolo positivo nell’affrontare la crisi. Il cambio di sistema da lavorare in ufficio allo smart working (termine che qui in UK non esiste in realtà) è stato abbastanza repentino. Molte organizzazioni hanno preso misure drastiche già prima che il governo mettesse in essere una strategia, contribuendo di fatto alla riduzione della popolazione per strada”.

Quali le iniziative sociali?

“L’unica iniziativa che ha preso piede in Regno Unito e’ l’applauso al personale sanitario. “Clap for carers” è diventato un appuntamento settimanale. Ogni giovedì sera alle 8 migliaia di persone si affacciano dalle loro finestre, escono in strada – cercando di mantenere le distanze – e applaudono allo staff dell’NHS (sistema sanitario nazionale). La prima settimana non credevo minimamente che la gente sarebbe stata ben disposta a partecipare. Fino alle 7.59 non si sentiva niente per le strade della mia zona. Il lunghissimo applauso che ne è seguito mi ha emozionato molto. E proprio grazie a queste occasioni ho avuto modo di avere dei contatti con i miei riservatissimi vicini di casa”.

Come hai gestito il tuo tempo in questi mesi di lockdown?

“La vita londinese è estremamente frenetica, alcune volte sembra che si viva per lavorare. Le lunghe giornate passate in ufficio e trasporti spesso vanno via senza lasciare posto ad altro. La crisi coronavirus ci ha costretti a riassestare le nostre priorità e assumere ritmi di vita diametralmente opposti.

Ho iniziato a considerare lo stare in casa come un’opportunità per spendere in modo costruttivo quelle due ore che normalmente si perdono in metro e tutto il restante tempo libero a disposizione, dal risolvere faccende arretrare, imparare nuove skills, o curare quegli hobby spesso messi da parte”.

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