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Il forum. E’ giusto rendere pubblica l’identità delle persone infette?…

By Redazione Web

March 23, 2020

Riccardo Sepe Visconti | Ho inviato agli avvocati Bruno Molinaro e Michele Calise un breve elenco di domande per ottenere il loro parere. Ho sentito questa esigenza per provare a fare un po’ di chiarezza in merito agli episodi registrati ad Ischia (ma anche in molti altri comuni d’Italia) che hanno spinto alcuni cittadini esasperati e preoccupati dal rischio di contagio (per sé stessi e/o per i loro cari) a rendere pubblici i dati sensibili sull’identità di concittadini colpiti dal Coronavirus. Sono partito dalla constatazione (banale, se volete) che per le persone insolventi e le aziende insolventi, al fine di tutelare i creditori, viene sistematicamente reso pubblico l’elenco dei fallimenti e dei protesti… Quindi mi sono domandato se, piuttosto che lasciare proliferare questo “far west di giustizia fai da te” (che ricorda le liste di proscrizione di Mario e Silla ai tempi dell’antica Roma…) non sia il caso che il Ministro della Salute prenda in considerazione l’idea di istituire un Albo Pubblico Sanitario che aiuti a predisporre misure di profilassi. Si parte dall’idea che in tempi di crisi emergenziale il Governo può adottare misure straordinarie, riducendo alcune libertà espressamente tutelate dalla Costituzione in funzione di un interesse collettivo (in questo caso la tutela della salute pubblica minacciata da un’epidemia diffusa su tutto il territorio nazionale). Ora se il Governo riduce la libertà di movimento (confinandoci necessariamente agli “arresti domiciliari”) com’è possibile intestardirsi nella difesa di un diritto che – come quello alla privacy – appare di grado inferiore rispetto alla libertà di movimento? Sulla base di queste premesse ecco le domande: – è giusto rendere pubblica l’identità delle persone infettate? – In che modo possiamo proteggere coloro che avendo avuto contatti con gli infetti non hanno consapevolezza della gravità e del pericolo? – Se lo Stato (vista la drammatica emergenza sanitaria) va in deroga al principio costituzionale di libertà di movimento come può, nel contempo, essere affermata la tutela della privacy (che, a mio avviso, appare un principio da tutrlare di “ordine inferiore” rispetto a quello della libertà personale)? – E per ultimo, se nell’autocertificazione, imposta ai cittadini, viene chiesto espressamente di dichiarare di non essere affetti dal virus… non si dovrebbe, nel contempo, fornire i doverosi strumenti di conoscenza affinché ciascuno, nel fare questa autodichiarazione, si accerti di non aver frequentato persone infette?

Bruno Molinaro: “Non è giusto e contrario ai principi di proporzione e ragionevolezza rendere pubblici i nomi dei contagiati”Caro Riccardo, il garante si è già espresso per la necessità di un doveroso bilanciamento tra esigenze di protezione del “diritto alla salute” garantito dall’art. 32 della Costituzione e il diritto alla riservatezza che, come da te sottolineato, in questo particolare momento storico, è sicuramente recessivo pur essendo anch’esso saldamente ancorato alla nostra Costituzione quale diritto fondamentale riconducibile al novero dei diritti della personalità. La privacy, anche nel nostro caso, può essere limitata ma con le necessarie cautele e nei limiti dello stretto indispensabile. L’esigenza è sempre la stessa: Garantire salute e riservatezza, preferendo anche la prima alla seconda ma senza esagerare con la scusa dell’emergenza epidemiologica. Sicuramente non è giusto e contrario anche ai principi di proporzione e ragionevolezza rendere pubblici i nomi dei contagiati. Non vi è un reale interesse pubblico o, se si vuole, la tutela di tale interesse, se ritenuto sussistente, deve essere appannaggio delle sole autorità, in particolare di quelle sanitarie. Nessuna autocertificazione, poi, potrà garantire in assoluto tutti i valori in gioco. È il senso di responsabilità di ciascuno a dover fare la differenza. Quel che è certo è che gli operatori sanitari e la protezione civile sono i primi attori, sui quali incombe anche l’obbligo di trattamento dei dati personali con tutte le cautele possibili. La caccia agli untori è un retaggio del passato ma potrebbe essere anche oggi alimentata dall’ignoranza, con conseguenze inimmaginabili. «L’ignoranza in fisica può produrre degl’inconvenienti, ma non delle iniquità; e una cattiva istituzione non s’applica da sè» (Alessandro Manzoni, Introduzione della Storia della colonna infame)

Michele Calise: “Solo le autorità sanitarie possono e devono utilizzare dati così delicati e riservati”In questa straordinaria fase storica il diritto ha senz’altro perso il lume, lasciando spazio all’istinto (di sopravvivenza). Questo vuoto non è una garanzia per i cittadini, ma le misure adottate d’urgenza comportano sacrifici inevitabili. Prova ne sia l’Ordinanza del Presidente della Regione Campania che vieta anche passeggiate in solitaria e jogging, proprio ieri vagliata dal Tar, che ha riconosciuto la prevalenza alle misure approntate per la tutela della salute pubblica nella valutazione dei contrapposti interessi” vista la situazione emergenziale” I provvedimenti di drastica limitazione delle libertà individuali rispondono tutti all’esigenza di tutela della salute pubblica e sono, per tanto, costituzionalmente legittimi ( Art. 32 Cost.: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti). Nel panorama delle limitazioni, che va dal divieto di lasciare la propria dimora, se non per comprovate esigenze di sopravvivenza (approvvigionamento, salute, lavoro), alla chiusura della quasi totalità delle attività ed esercizi commerciali, non c’è – o non c’è ancora dovremmo dire – la limitazione del diritto alla privacy. Il diritto alla tutela della riservatezza di notizie inerenti le condizioni personali, in particolare le condizioni di salute, gode di alte fonti di tutela (Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea), non deve e non può essere violato in nome di un’asserita incolumità pubblica. Solo le autorità sanitarie possono e devono utilizzare dati così delicati e riservati per mettere in campo forme di tutela della salute, ma senza mai divulgare le predette informazioni, perché non può delegarsi il privato cittadino alla tutela di un diritto primario come quello della salute, la cui salvaguardia è affidata ad organi competenti e qualificati. La caccia all’untore di manzoniana memoria, con la circolazione incontrollata di dati riservati (addirittura l’intera scheda anagrafica di un nucleo familiare) rappresenta una grave violazione di legge e, come tale, va sanzionata. Non ci si tutela da nessun contagio in questo modo, ma si contribuisce a demonizzare un individuo, reo soltanto d’essersi ammalato e, per questo motivo, già molto fragile. Il protocollo sanitario prevede la ricostruzione dei possibili contatti avvenuti col soggetto ammalato e tale attività deve avvenire nel rispetto della riservatezza del paziente. In merito all’autocertificazione richiesta per giustificare i movimenti individuali – da ultimo arricchita con la dichiarazione “di non essere sottoposto alla misura della quarantena e di non essere risultato positivo al virus COVID-19 di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’ 8 marzo 2020”, non può tralasciarsi di considerare che sta destando forti perplessità e malumori nella cittadinanza, per l’impossibilità di affermare con certezza di non essere positivi al virus. Tuttavia, la dicitura “non essere risultato positivo al virus” pone al riparo da cattive interpretazioni e può lasciare tranquilli tutti coloro si accingono ad effettuare la predetta dichiarazione. E’, infatti, evidente che questa ultima dichiarazione mira reprimere esclusivamente la falsa dichiarazione di chi è consapevole di essere positivo al virus Covid – 19 a seguito d’idoneo tampone, e non chiunque sia venuto potenzialmente a contatto con soggetti positivi al virus. Se, successivamente alla dichiarazione innanzi indicata, si scopre di essere positivi non si potrà certo essere sanzionati. Anche la dichiarazione relativa alla sottoposizione alla misura della “quarantena” è relativa solamente a chi vi è sottoposto obbligatoriamente (perchè ad esempio è di rientro da zone del paese ad alto contagio) dall’autorità e non per chi pratichi volontariamente tale attività a scopo cautelativo.