Giorni fa, in una conversazione con l’amico Ottorino Mattera, riflettevamo insieme su ciò che è progressivamente accaduto al Comune di Ischia dalla prima elezione a sindaco di Enzo Ferrandino ad oggi. È stato lui a formulare una considerazione tanto forte quanto lucida: il Municipio di via Iasolino, da luogo di rappresentanza e servizio per la cittadinanza, si è trasformato giorno dopo giorno in una sorta di presidio di illegalità. Un’affermazione che, a prima lettura, potrebbe sembrare dura, provocatoria o addirittura offensiva. Ma è proprio questo il punto su cui occorre riflettere, forti dell’onestà intellettuale che credo caratterizzi sia me sia Ottorino e, perché no, molti Lettori.Non si tratta, infatti, di una critica gratuita né tanto meno dettata da un pregiudizio personale nei confronti del sindaco Ferrandino. Ciò che intendo fare è piuttosto approfondire il senso autentico di quella “illegalità” di cui parlava Ottorino, cercando di definirla nella sua forma più sottile, eppure più insidiosa: quella che non sempre infrange la legge scritta, ma che tradisce sistematicamente il dovere morale dell’amministrazione pubblica, le regole del vivere civile e il rispetto per il prossimo.
L’illegalità cui ci riferiamo è una forma di gestione dell’ente pubblico che opera in assenza di trasparenza, competenza, programmazione e senso del bene comune. È l’illegalità che si manifesta ogni volta che una decisione viene presa non per rispondere alle reali necessità del territorio, ma per favorire equilibri interni, clientele, interessi elettorali. È quella che tollera l’abbandono del territorio, la decadenza dell’offerta turistica, la sciatteria urbanistica, la totale assenza d’iniziativa, l’aumento della già ingente litigiosità tipicamente nostrana.
È legale, ad esempio, lasciare interi quartieri senza manutenzione ordinaria? È legale l’inerzia con cui si affrontano le problematiche ambientali, quelle economico-finanziarie, il traffico, la gestione del patrimonio e dei rifiuti? È legale non ascoltare i cittadini, non creare spazi di confronto, ignorare segnalazioni e proposte che giungono dalla società civile? Forse sì, formalmente sì. Ma è profondamente illegittimo rispetto al mandato che la cittadinanza ha affidato a chi governa e di cui oggi è complice con la sua indifferenza, prima che per averli votati.
Questa forma di “illegalità morale” dettata, probabilmente, dal classico delirio d’onnipotenza, produce un effetto ancora più devastante: genera sfiducia, assuefazione, rassegnazione. Trasforma l’istituzione in una realtà distante e opaca, abitata non da servitori del popolo ma da funzionari della propria conservazione. Ed è proprio questa la metamorfosi più grave del nostro Comune: da casa dei cittadini a enclave amministrativa autoreferenziale che, come ha ben descritto l’ottima Maria Balestrieri (al secolo Mary Di Mare), “scambia i fischi per applausi”.
E’ indubbio che una guida politica che si rispetti dovrebbe rispondere delle sue scelte – o delle sue mancate scelte -. Perché un sindaco non può limitarsi a “gestire l’ordinario” (o neppure quello) mentre intorno il territorio si impoverisce, si sgretola, si spegne.In un momento storico in cui l’isola d’Ischia avrebbe bisogno di una visione coraggiosa, di una strategia chiara per il futuro, di un’amministrazione capace di unire rigore e ascolto, ci troviamo invece davanti a una paralisi amministrativa, coperta da atteggiamenti imbarazzanti e frammentari, spesso annunciati con toni trionfalistici e assunti con esiti discutibili.
Chiamare tutto questo “illegalità” è forse l’unico modo per scuotere le coscienze, per superare l’indifferenza, per restituire dignità a una parola – legalità – che non riguarda solo i tribunali, ma ogni atto della vita pubblica.