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venerdì, Aprile 19, 2024

Il cielo di Ischia piange Nina e la famiglia Monti. Il dolore immenso di questa strage di fango

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Sei bare. Sei carri funebri. Sei dolori. Lenzuola bianche su Via Leonardo Mazzella. Palloncini bianchi e alcuni colorati. Sei vite. Sei sorrisi. Sei mondi diversi. Sei storie che sono arrivate alla fine troppo presto. Sei ferite ad una comunità che ora fatica ad elaborare questo lutto. Atroce, infame, crudele, ingiusto, straziante, che fa rabbia, incomprensibile.

Gaetano Di Meglio | Sei bare. Sei carri funebri. Sei dolori. Lenzuola bianche su Via Leonardo Mazzella. Palloncini bianchi e alcuni colorati. Sei vite. Sei sorrisi. Sei mondi diversi.
Una donna in cerca di una terra amica. Il tassista onorato dai suoi colleghi con dignità e forza. Il coraggio di Valentina e la sua scelta di essere mamma a tempo pieno. Una ragazzina con gli occhi lucenti. Un adolescente che sognava i parquet dell’NBA e portava scarpe alte e canotte. Un giovane studente che progettava il suo futuro. Nina, Gianluca, Valentina, Michele, Francesco e Maria Teresa.
Sei storie che sono arrivate alla fine troppo presto. Sei ferite ad una comunità che ora fatica ad elaborare questo lutto. Atroce, infame, crudele, ingiusto, straziante, che fa rabbia, incomprensibile.

L’ultimo saluto alla famiglia Monti e alla cara Nina si è svolto nella Chiesa del Buon Pastore. Quella che porta nel nome l’immagine del Maestro che conduce, del Maestro che si prende cura del suo gregge. L’immagine del Pastore che si carica sulle spalle la pecora smarrita dopo averla cercata e dopo averla trovata.
Una location distante, forse troppo, dal luogo che avevano scelto come terra dove vivere. Una scelta dovuta più alle esigenze logistiche che a quelle di conforto e sostegno. Naturalmente si sarebbe scelto la Parrocchia di S. Maria Maddalena a Casamicciola Terme. Ma c’è la zona rossa e l’allerta meteo con cui fare i conti.
14 giorni dopo il tragico 26 novembre, il giorno della morte e della distruzione, l’isola ha potuto rendere omaggio a sei delle dodici vittime del fango assassino del Monte Epomeo. Un addio difficile da comprendere.

Le parole del Vescovo Pascarella passano sul dolore, toccano poco, non leniscono. Non danno sollievo. Non fasciano. All’esterno della chiesa del “Macello” nessun altoparlante, nessun eco di quello che avviene in chiesa. C’è riserbo e rabbia. C’è dolore.
Su Via Leonardo Mazzella le lenzuola bianche ricordano il dolore. Segni muti di una collettività piegata e che cerca pace. Quella pace che siamo riusciti a dare a questi corpi dopo troppo tempo. Corpi nascosti dal fango, corpi uccisi dal fango.
All’esterno della chiesa una folla silenziosa. Da via Foschini si vedono incolonnati i taxi bianchi dei tassisti dell’isola d’Ischia. Categoria che ha mostrato dignità e cordoglio. Presente, compatta, pronta a fare la sua parte.
Dopo il rito funebre, prima che il corteo riprendesse la marcia lenta verso il cimitero di Casamicciola dove è stato approntato un unico luogo per accogliere le cinque bare della famiglia Monti e quella della di Nina, le testimonianze e i ricordi delle vittime.

Il compito più ingrato, quello più doloroso, quello più duro da sostenere (e chi scrive ne ha esperienza personale e diretta), ovvero il ricordo di chi non c’è più, è stato affidato e portato avanti con dignità e rispetto da sorelle, amici e insegnanti.
Il ricordo di Maria Teresa è stato affidato alla sua Maestra. Con gli occhi lucidi, l’insegnante ha raccontato di quanto fosse interessata, attenta e determinata. Il racconto degli occhi lucenti di Maria Teresa ci hanno riportato alle foto che abbiamo visto sui social.
Gli amici di classe di Francesco ci hanno ricordato la sua giovinezza: “Accendi la Play Station. Collegati dal cielo”
A Sara Castagna, la sorella di Valentina, è toccato l’onore di condividere con tutti quello che era l’amore di Gianluca e Valentina. Un amore forte e deciso, che li vedeva complici e amici, che si rispecchiava nella gioia dei figli. Gianluca e Valentina avevano vinto la loro battaglia con i tempi che corrono: si amavano e si completavano. Guardavano al futuro dei ragazzi con serenità e con la forza di chi sa che insieme si vincono tutti gli ostacoli.

Fuori dalla chiesa moderna, mentre le campane mostravano il loro suonare come non si vede da nessuna parte sull’isola, solo l’eco di leggeri applausi. Poi il silenzio e lo sgomento. Poi il dolore e la paura che cresceva di auto in auto. Vedere la composizione del convoglio di mezzi funebri, sei in fila, ha gelato l’aria già fredda. E’ un dolore multiplo che stringe la gola. Che strozza il respiro. Che, per un attimo, ferma il battito. Sotto una pioggia battente, con le lacrime sul volto che si mischiano alle gocce di pioggia, il popolo dolorante di Ischia si è messo in cammino. Due grandi ali di amici che hanno visto sfilare lontano quelle tre bare bianche a ricordare quanto il dolore sia, davvero, più grande.

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