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venerdì, Aprile 19, 2024

Il “bombolaro” lascia il carcere per essere trasferito al Cardarelli

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Le sue condizioni di salute sono incompatibili con il regime carcerario. Dovendosi sottoporre a cure specialistiche più volte a settimana e ogni seduta dura dalle quattro alle cinque ore. Il tribunale di sorveglianza prende tempo sull’istanza presentata dalla difesa per ottenere i domiciliari

 

Vincenzo Mazzella, alias “’u bombolaro”, non è più ristretto nel carcere di Poggioreale, ove era stato trasferito su disposizione del tribunale di sorveglianza per scontare un residuo pena di mesi tre. A causa delle sue condizioni di salute si è reso necessario trasferirlo presso l’ospedale “Cardarelli”, ove esiste una struttura che consente di curare pazienti detenuti. Un padiglione che è “a forma di carcere” e dove vengono prestate tutte le cure come a un comune paziente. Con la variante che in quel padiglione ci sono dei sistemi di sicurezza e i varchi presidiati dalla Polizia penitenziaria. Possono entrare soltanto i medici debitamente identificati, i quali sono chiamati per svolgere delle accurate visite specialistiche per i detenuti che soffrono di determinate patologie. Vengono trasferiti al “Cardarelli” solo coloro che sono in condizioni di salute particolari e precarie. Per le altre malattie esiste una struttura ben attrezzata all’interno stesso del carcere di Poggioreale.
Il Mazzella resta nella struttura del nosocomio partenopeo a causa di una patologia che lo costringe a doversi sottoporre ad un trattamento quattro volte alla settimana e che ha bisogno di un riciclo che dura dalle quattro alle cinque ore.
Una detenzione che alla luce di questi ultimi risvolti della vicenda appare del tutto “ingiustificata”. Essendo il “bombolaro” già detenuto agli arresti domiciliari allorquando venne prelevato dai carabinieri per essere trasferito nella struttura penitenziaria. Ove è rimasto meno di quarantotto ore, rendendosi necessario un intervento specialistico che il carcere non offriva.
L’avv. Nicola Lauro ha presentato immediatamente istanza di revoca della detenzione al giudice di sorveglianza per chiedere che venisse nuovamente ricondotto nell’abitazione di Ischia e autorizzarlo a lasciarla almeno tre volte a settimana per raggiungere la struttura sanitaria per le cure che sono indispensabili, perché in caso di ritardo rischia seriamente la propria vita. Di fronte a una istanza ben motivata ed arricchita da altrettanta documentazione sanitaria, il giudice ha ritenuto di dover trasmettere al collegio del tribunale di sorveglianza l’istanza. A quegli stessi giudici che avevano emesso l’ordine di carcerazione. In modo da avere una valutazione e un quadro più chiaro se accogliere o meno l’istanza della difesa. L’avv. Lauro attende “fiducioso” che prima o poi arrivi la fissazione dell’udienza. E comunque prima che scadano i tre mesi di pena da espiare. Se così non fosse, sarebbe un ingiustificato ritardo, proprio alla luce della acclarata incompatibilità a rimanere in carcere. Accertata dagli stessi sanitari di Poggioreale e ora anche dai medici del “Cardarelli”.
Il ritardo ci sarà e come, alla luce anche di quello che hanno scritto nel provvedimento i giudici del tribunale che hanno rigettato l’istanza dei domiciliari che era stata richiesta. Proprio per evitare che il Mazzella potesse ritornare in carcere. Nel provvedimento si legge infatti che questa richiesta non può essere soddisfatta per una serie di motivi: «Il condannato presenta istanza di detenzione domiciliare. Ai fini della concessione delle misure alternative è d’uopo valutare nel merito anzitutto la presenza dei requisiti comuni richiesti dalla disciplina normativa, ossia la idoneità della misura a soddisfare le esigenze rieducative nonché la garanzia di prevenzione del pericolo di recidiva».
Mettendo in luce il soggetto “bombolaro” quale pericolo per “la pubblica incolumità”, per essersi dimostrato alquanto disponibile al maneggio degli stupefacenti: «Quanto alla pericolosità del soggetto, elemento che va indagato al fine di operare una prognosi di recidiva negativa, trattandosi di soggetto libero gli elementi dirimenti sono dedotti dalla consultazione del casellario giudiziale, nel certificato dei carichi pendenti, dalle informazioni delle forze di polizia. In assenza infatti di periodo di detenzione carceraria questi elementi assurgono, in uno alla tipologia di reati in espiazione e alla pena inflitta, a indicazioni essenziali per delineare la pericolosità del soggetto, in modo da poter escludere – certo con un margine di prevedibilità che non beneficia del supporto di leggi scientifiche e statistiche – la commissione di reati in circostanza di misura alternativa e il rispetto delle prescrizioni imposte con il provvedimento di concessione della misura».
E quello che ha fatto più rabbrividire il collegio sono i costanti precedenti che risalgono a diversi anni fa, fino a non molto tempo fa, per aver collezionato arresti e condanne per reati legati agli stupefacenti o reati contro il patrimonio: «Circa la pericolosità del condannato deve evidenziarsi che dal casellario emergono condanne, oltre quella de qua per detenzione di sostanza stupefacente risalente all’anno 2011 (anni uno, pena residua mesi tre), per fatti specifici del 2003 e del 2004, e offerta o messa in vendita di stupefacenti del 2011. Ai pendenti risultano procedimenti per lesioni e resistenza a pubblico ufficiale del 2013 con condanna ad anni quattro, e nuovamente per detenzione di sostanze stupefacenti in data recentissima, il 4 marzo 2017, con condanna ad anni uno e mesi otto».
Ed infine a spiegare perché non ci sono le condizioni per accogliere i domiciliari: «Ebbene, la presenza ai pendenti di procedimenti volti all’accertamento della responsabilità penale per condotte di reato poste in essere successive al fatto di cui alla condanna de qua, e di cui l’ultima in data così recente e per reato specifico, evidenzia che la pericolosità del condannato non è affatto scemata dopo la custodia cautelare in carcere subita nei nove mesi dall’ottobre 2011 al luglio 2012, e che anzi, la reiterazione di condotte di reato della stessa indole ha portato alla condanna in primo grado a una pena anche superiore a quella de qua. Ciò evidenzia l’assoluta inidoneità della misura alternativa a contenere la pericolosità del condannato e la necessità che sia avviata una previa osservazione intramuraria onde verificare la opportunità di accesso alla esecuzione alternativa della pena, una volta ritenuta congrua alla finalità rieducativi e alle esigenze di generale e speciale prevenzione. Conforme al parere del procuratore generale, rigetta l’istanza di detenzione domiciliare».
Ora, di fronte all’incartamento presentato dalla difesa ed alla “certificazione” sanitaria del carcere, è ancora possibile rigettare i domiciliari per gravi motivi di salute?

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