venerdì, Luglio 11, 2025

I complici e i finanziatori di Marrazzo la chiamano “emergenza” e non “liberazione”

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Le mosse istituzionali dopo l’arresto e il sequestro del Giuseppina Prima. Il sospetto è lecito: state aspettando il Riesame per tornare a finanziare Marrazzo? Oppure, dagli uffici comunali, si sta davvero lavorando con la Regione per affidare il servizio speciale dei trasporti a un soggetto nuovo, legale, con regole certe e trasparenti?

In questi giorni abbiamo pubblicato, con ampi dettagli, un’attenta analisi e commenti puntuali, cinque approfondimenti sull’inchiesta della DDA che ha portato agli arresti domiciliari di Angelo Marrazzo e al sequestro del traghetto Giuseppina Prima, il mezzo con cui da anni viaggiano i nostri rifiuti speciali — quelli edili e, in particolare, quelli dei nostri Comuni. Ovvero, il core business dell’impresa Tra.Spe.Mar e di Marrazzo.

Quello che abbiamo scoperto dall’ordinanza del GIP, dott.ssa Rosaria Maria Autieri, a noi ischitani non è del tutto nuovo. Tuttavia, leggerlo nell’ambito di un’indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Napoli e dalla Direzione Distrettuale Antimafia, attraverso il personale della Sezione Investigativa di Napoli del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e del Commissariato di Ischia, cambia la prospettiva. L’effetto è profondo e, a tratti, indicibile.

Ma ciò che più ci ha sorpreso non è stato tanto l’arresto di Marrazzo, avvenuto con un imponente spiegamento di forze al porto di Casamicciola, quanto quello che è emerso nei giorni successivi: le prove del “sistema Marrazzo”. Non parliamo soltanto di quanto indicato dai giudici come rientrante nel contesto del 41 bis, ma soprattutto di ciò che ha drogato il mercato, falsato la concorrenza, ostacolato la libera circolazione delle merci e certificato il marciume nel sistema dei trasporti marittimi.

Parliamo di quelle regole non scritte che per anni hanno costretto la “Ambrosino” a combattere da sola contro il cartello degli armatori; le stesse che hanno portato alle multe dell’AGCOM, allo scioglimento del CO.TRA.SIR., e che hanno trovato nei sindaci della nostra isola solidali, complici e persino finanziatori.
A parte Dionigi Gaudioso e gli altri sindaci che nel 2018 provarono ad alzare la voce senza effetto, fu l’esposto di Ambrosino che fece scattare il procedimento dell’AGCOM. La verità è che l’apparato pubblico isolano è sempre stato accondiscendente verso Marrazzo e la sua azienda. Si è piegato alle sue imposizioni in tema di bigliettazione e, soprattutto, non ha mai preso sul serio la gravità della situazione.

Perché? L’abbiamo capito proprio nei giorni successivi all’arresto e al sequestro, quando i camion della Nu Ischia sono rimasti a terra. Non solo perché “puzzavano”, ma perché anche le amministrazioni avevano trovato comodo imbarcare mezzi non autorizzati, accettando — come gli imprenditori — modalità fuorilegge imposte dall’armatore della Tra.Spe.Mar.
Scoprire che le partecipate dei nostri Comuni imbarcavano mezzi non autorizzati, o peggio ancora, che i dirigenti ignorassero le norme vigenti, dimostra perfettamente il teorema che stiamo provando a spiegare: complicità e finanziamento.

Senza tornare troppo indietro nel tempo, vale la pena ricordare che se gli armatori hanno potuto fare il bello e il cattivo tempo è stato anche grazie all’assenza (o al silenzio) dei sindaci. Gli archivi del nostro giornale documentano come, da parte delle amministrazioni di allora (e di oggi), l’unica risposta a proposte alternative sia stato un costante “non ci interessa”. Anche quando queste soluzioni avrebbero potuto liberare il mercato prima dal monopolio del mare e poi da quello della paura.
A onor del vero, quando Medmar (che fondò la GML, poi sciolta dall’AGCOM) tentò di fare concorrenza con tariffe scontate, arrivando anche a riduzioni del 35%, i sindaci di Ischia e Procida ignorarono quelle offerte. Preferirono invece agevolare (con il loro silenzio e la loro indifferenza) l’unione tra gli armatori. Fortunatamente, Ambrosino denunciò e l’AGCOM pose fine a quell’asse imprenditoriale che, grazie al silenzio delle istituzioni, è durato fino al 5 giugno 2025.
Ci voleva la Procura e la DDA per mettere fine a questo andazzo. Un sistema che ha permesso a Marrazzo non solo di agire impunemente contro i piccoli imprenditori, ma anche di incassare milioni dal trasporto dei rifiuti senza preoccuparsi di norme, controlli o regole. Una complicità istituzionale che oggi grida vendetta.

Eppure, dal 5 giugno — soprattutto dopo l’intervento coordinato da giudici, Polizia e Capitaneria per evitare il blocco del trasferimento dei rifiuti in terraferma — non abbiamo ancora sentito la voce dei sindaci. Quale voce? Quella che dovrebbe dire: “ora basta”, questa è l’occasione per rompere il monopolio e riscrivere le regole del settore. E invece no. Abbiamo sentito solo la parola “emergenza”, quando invece dovrebbe parlarsi di “liberazione”.
Il sospetto è lecito: state aspettando il Riesame per tornare a finanziare Marrazzo? Oppure, dagli uffici comunali, si sta davvero lavorando con la Regione per affidare il servizio speciale dei trasporti a un soggetto nuovo, legale, con regole certe e trasparenti?

Per quanto tempo ancora il trasporto pubblico dei rifiuti deve restare in “emergenza”? Quanto ancora dobbiamo aspettare per una vera rivoluzione del settore? Quando vedremo nero su bianco regole, tariffe e importi trasparenti per evitare un ritorno al passato? A chi conviene restare nel limbo di questi giorni, in attesa del Riesame o del dissequestro dei traghetti?

Il giallo dei veicoli non autorizzati
C’è un altro nervo scoperto nella gestione dei rifiuti via mare: quello del trasporto con navi dedicate. Mezzi speciali, rotte regolamentate, normative severe. Ma dietro questa macchina apparentemente ben oliata si nasconde una volontà precisa: violare la legge con la complicità del monopolista di turno.
Dopo l’arresto di Marrazzo e il sequestro del Giuseppina Prima, è emerso chiaramente come anche le amministrazioni isolane preferissero il metodo “comodo” di Tra.Spe.Mar a quello regolare. Solo una parte dei veicoli impiegati era effettivamente autorizzata all’imbarco; il resto è rimasto fermo nei porti, o peggio, ha tentato l’accesso senza i necessari permessi, violando la normativa vigente.

Il problema affonda le radici nel “mondo Marrazzo”, dove le procedure venivano ignorate con la compiacenza di sindaci, segretari e direttori. Ogni veicolo, infatti, deve essere preventivamente autorizzato dalla Capitaneria, e le aziende devono inviare una richiesta formale con tutta la documentazione. Con Marrazzo, tutto ciò veniva sistematicamente bypassato.

Gli imprenditori privati, a volte, si nascondevano dietro scuse legate a costi e tempi lunghi. Ma lo stesso non è ammissibile dalle pubbliche amministrazioni.
Possiamo davvero restare senza reagire, sapendo che i mezzi con i rifiuti non vengono imbarcati perché non sono autorizzati?

Autore

  • Gaetano Di Meglio

    Marito di Agata e papà di Martina, Valeria, Domenico ed Enzo, sono nato e vivo ad Ischia. Credo nella libertà degli uomini di poter essere liberi da ogni bisogno e necessità. Credo nel valore del giornalismo come espressione di libertà e difesa dei più deboli. Sono preconcetto contro ogni forma di potere. Ah, sono il direttore del giornale 😉

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2 COMMENTS

  1. Io vorrei capire una cosa,quest’articolo parla di comuni,municipalizzate,enti,di mezzi nn autorizzati ecc.
    Ma le istituzioni preposte al controllo di tutto ciò,è mai possibile che nn si sono mai accorte di niente,mai nessun controllo nessuna segnalazione tutto lecito

  2. Uppure quello scandalo ormeggiato nel porto di casamicciola Rina,capitaneria,tutto regolare,ci vorrei prorio andare a bordo a dare un occhiata neanche nel posto più remoto del terzo mondo potrebbe navigare

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