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giovedì, Marzo 28, 2024

Hogan false, condannati due fratelli casamicciolesi

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Facevano parte di una struttura sgominata dalle forze dell’ordine. La pena inflitta è di un anno e dieci mesi oltre a 900 euro di multa

Due imputati casamicciolesi sono stati condannati per contraffazione di marchi di importanti capi di abbigliamento e ricettazione alla pena di anni uno, mesi dieci di reclusione e 900 euro di multa. Per aver fatto parte integrante di un gruppo di personaggi che si erano riuniti allo scopo di commercializzare capi contraffatti con marchio “Hogan”, quello che riesce a realizzare scarpe di particolare finitura e che è apprezzato soprattutto dai giovani, il cui acquisto per un paio di scarpe si aggira intorno ai 250 euro. Non tutti possono permettersi una spesa del genere e così molti preferiscono rivolgersi al mercato nero che offre la stessa scarpa, lo stesso modello ad un prezzo di molto inferiore, che si aggira mediamente sui 70-80 euro. Potendosi fregiare di un capo di abbigliamento del tutto particolare e mostrarlo ai meno esperti come una scarpa acquistata in un negozio autorizzato dall’imprenditore Diego Della Valle che è il titolare del marchio “Hogan”. Un mercato floridissimo e che ha prodotto negli anni dei fatturati ragguardevoli, tanto che per alcuni versi la malavita organizzata si è lanciata a capofitto per gestirne la commercializzazione, ma non in questo caso specifico che stiamo raccontando.

I casamicciolesi condannati per falsificazione di marchi di un’importante casa di moda e per ricettazione, sono i fratelli Orazio e Vincenzo Nappi, i quali avrebbero avuto un ruolo attivo in quest’attività illecita. Tant’è vero che il tribunale nella motivazione della sentenza spiega il ruolo, la partecipazione nella realizzazione di questi depositi dove nascondere i capi di abbigliamento e come venivano poi distribuiti sul territorio. Un giro d’affari importante che è stato scoperto dalla polizia giudiziaria. Emerge un’altra circostanza, non del tutto ininfluente nell’individuazione dei soggetti che si pongono al di là della legge. Le più grandi case stilistiche italiane si avvalgono di investigatori, di funzionari che setacciano il territorio (manco a dirlo la regione Campania e quelle dove maggiormente si realizza il falso, anche in alcune circostanze con il sostegno materiale dei prodotti provenienti dalla Cina), che lavorano per individuare i depositi e coloro che di fatto ne gestiscono l’attività. Una volta raggiunto questo obiettivo, le informazioni vengono smistate alle forze dell’ordine per stroncare la falsificazione e contenere il danno economico per l’azienda che rappresentano.

Complessivamente sono otto gli imputati, compresi i fratelli Nappi, che sono stati giudicati colpevoli. Per tutti l’accusa è di aver prodotto, fabbricato e distribuito capi di abbigliamento di una nota fabbrica italiana. La seconda contestazione è per il reato di ricettazione, per essere stati trovati in possesso di merce di provenienza illecita ed è stato ritenuto il più grave dal tribunale.

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