Sul sagrato della Visitapoveri a Forio un incontro di parole, emozioni e riflessioni



Andrea Esposito | Sabato scorso 13 settembre intorno alle 20.00, presso l’Arciconfraternita Visitapoveri, in piazza ex municipio a Forio, si è tenuto un interessantissimo appuntamento culturale dedicato alla poesia e curato dal dottor Giuseppe Castiglione, sotto il patrocinio e l’organizzazione della stessa Arciconfraternita in collaborazione con l’associazione culturale Incontrarte.
L’evento – riproposto con crescente successo dai promotori ogni anno – è parte della rassegna “SUL SAGRATO A SETTEMBRE”, ovvero appuntamenti di arte, cultura, spiritualità, nella suggestiva cornice del sagrato di Santa Maria Visitapoveri. Ottimo il successo di pubblico in considerazione della tipologia di appuntamento, quello con un genere come la poesia che di certo non è in cima ai favori delle classifiche letterarie, vista la profondità, spesso difficoltà, nel saperla decifrare per tutti i lettori, e tra le altre cose l’esigenza della introspezione individuale alla quale ci invitano – con le loro opere – molti autori, così come lo stesso Castiglione che abbiamo intervistato e ci ha riassunto il suo pensiero riguardo alla poesia ed ai motivi della sua ancor oggi vitale importanza nel contesto della cultura e dell’arte in genere.
Dottore, ci confermi quanto detto?
Certo, la poesia è difficile da definire, ad oggi sono in pochi colori i quali non abbiano mai sperimentato quest’arte ma allo stesso modo viene apprezzata sempre meno. La scuola ci ha fatto studiare i grandi poeti, facendoci soppesare quanto questa forma espressiva sia nobile ma distante dalla quotidianità.
Eppure quanti di noi ci si sono cimentati?
Tanti, tantissimi. La vita ci porta tutti ad essere aspiranti poeti e cercare nella sintesi estetica la forma migliore per esprimere sentimenti, malinconie, amore e ciò che alberga nel nostro animo. Questo è il divario di un’arte che ci hanno insegnato essere riservata a pochi eletti e che invece, oggi ancor di più, ritroviamo ovunque, dalle scritte sui muri o sui social, ai quaderni dimenticati chissà dove. E così la poesia si è persa.
Cosa intende per persa, dottore? Una sua banalizzazione che ne offende la qualità e la profondità?
Intendo che non ha più una identità, e il poeta non è mai una persona comune, o è un intellettuale acculturato che guarda gli altri dall’alto in basso o è un povero fesso che scrivendo si rende anche un po’ ridicolo. La poesia è di tutti e per tutti. Tutti dovrebbero leggere poesie, nella pausa lavoro, sul treno, prima di addormentarsi, quando sono con gli amici, e tutti dovrebbero scriverne.
Non è troppo?
No, è forse poco. Io non sono tra quelli che crede sia la forma stilistica a rendere un componimento, una poesia, e non credo però che neppure lo sia ogni testo messo in colonna. Per me la poesia è ogni forma delicata di sintesi che esprima una emozione, altrimenti difficile da definire. Con la prosa raccontiamo spieghiamo, trasmettiamo contorni e forme. Con la poesia non c’è bisogno di definire, con essa andiamo a rendere altrui un nostro sentire, gli effetti immateriali e animi di quelle sensazioni, ci si mette a nudo e ci si mostra per quello che si è.
La poesia è rivoluzionaria, quindi?
Assolutamente, è un atto rivoluzionario di impudicizia, di amorale condivisione delle nostre intimità più inconsce. L’unica vera ragione affinché’ un testo possa essere poesia è dunque la sua sincerità’, non esiste intimità se di mezzo c’è la menzogna. Oggi più che mai ci auspichiamo che sia motivo di aggregazione, confronto, crea terreni comuni. Difendere la poesia è difendere se stessi, amare la libertà e accettarne le sfide affascinanti. Vivere la poesia è rendere piena la propria esistenza.










