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giovedì, Aprile 25, 2024

Gino Finelli: E’…state a Procida, l’isola che vorrei

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Gino Finelli | “E… state a Procida”, così era scritto su una maglietta appositamente fatta produrre tra gli anni 2000 – 2005 dall’amministrazione comunale di allora. La maglietta distribuita a tutti gli operatori turistici ed alle associazioni di volontariato che contribuivano alla organizzazione degli eventi, voleva incitare procidani, turisti, diportisti e visitatori occasionali a vivere l’Isola che si rendeva ospitale, non solo per la sua gente e le sue attrattive naturali, ma anche per il cartellone di eventi tra cultura, musica e teatro che caratterizzava l’estate Procidana.
Nacque così “Ischia Procida Festival –Isole in Palcoscenico”. Manifestazione di rilievo nazionale che impegnò in quelle estati sia Ischia Porto che Procida in una miriade di eventi di qualità che portarono alla ribalta un territorio molto spesso dimenticato e trascurato dagli operatori turistici.
Certo nessuno poteva e voleva immaginare la nostra Isola una terra di occasionali e di disastrosi visitatori, ma un luogo dove ricordare e far rivivere la storia, le tradizioni e le culture del mediterraneo certamente sì. Il mare come luogo d’incontro, di scambio significativamente e culturalmente rappresentativo. Il mare crocevia tra l’Europa e l’Africa, tra Oriente e Occidente.
Promuovere, dunque, iniziative turistico-culturali di grande respiro che potevano connotare il territorio come sede di incontri tra popoli diversi per origine, storia, cultura e tradizioni.
Questa era e, per quanto mi riguarda, è l’Isola che vorrei. Non un posto aperto al turismo di massa, ma come detto, luogo di incontro, di scambio di idee, riflessioni e pensieri, di memoria, ma soprattutto di elaborazione di concetti prospettive e sviluppo di quella cultura troppo spesso dimenticata. Non si fa grande un popolo e un territorio se non si riconosce la sua storia e la si dimentica. Il passato è la risorsa per avanzare nel futuro , è la conoscenza che ci permette di svilupparci, di crescere, di non morire.
Il senso dunque della maglietta era e, lo è ancora, quello di dire state con noi, con noi perché attraverso le arti, la letteratura e più in generale l’offerta culturale, si possa continuare ad alimentare la memoria della nostra gente e della nostra terra.
Non so rispondere alla domanda che spesso mi sono posto in questi anni: perché non si è continuato su questa strada. I tempi sono mutati, i soldi scarseggiano, può essere la risposta, ma è sempre stata detta la stessa cosa in ogni epoca storica.
La verità non è nella scelta del personaggio, nella possibilità di avere sovvenzioni e quant’altro, la verità è nella progettualità, nella costruzione di un idea e nella realizzazione della stessa che tenga conto di quanto detto, è nella capacità di farsi da parte e lasciar fare a chi sa fare, è nel saper accettare consigli, magari discutendoli, è nella voglia di dedicare al nostro popolo e non solo quel momento di riflessione anche ludico che passa inevitabilmente per una conoscenza e una competenza. La verità è nell’opportunità che, in politica è indispensabile, di chiedere consigli ad altri, di non farsi autorevoli di una immaginaria conoscenza che manifesta alla fine solo ignoranza.
Tutto questo è accaduto ieri ed oggi vanificando quel patrimonio di relazioni, rapporti conoscenze, incontri che si era costruito con intenso lavoro e con grande tenacia.
Il risultato: tristi spettacoli, feste di piazze, giochi, assenza di manifestazioni culturali di significativo interesse e la pochezza di creatività anche nell’utilizzo della più grande risorsa dell’Isola: i talenti artistici.
Ada Negri scriveva: “ chieder soccorso agli altri è inopportuno” . Si riferiva alla dignità personale di ciascuno di noi che difronte alle difficoltà della vita spessa si piega e si offre al miglior offerente, ma diceva anche che si commetteva un peccato, forse magnifico, ma sempre peccato: l’orgoglio.
Ed è questo peccato, spesso frutto di debolezza ed insicurezza in cui, quando non si ha la consapevolezza delle proprie capacità, non bisogna mai incorrere per non trovarsi difronte alla fallimentare condizione dell’uomo qualunque.
“E..state a Procida” è oggi il ricordo lontano di quanti ancora vogliono, sperano e si illudono che qualcosa possa ancora accadere, di quei nostalgici intellettuali, come me, da rottamare, che appartengono ancora a quel mondo che considera la professionalità, la conoscenza e soprattutto l’umiltà condizioni indispensabili per quella crescita politico-culturale, così sconosciuta e deprecata in questo cosiddetto mondo nuovo.
Appartenere al passato, conoscerlo prendere spunto dalle cose fatte bene, non significa utilizzare il vecchio desueto e obsoleto, ma semplicemente avere conoscenza di ciò che è stato e capacità, spesso totalmente assente, di saperlo continuare e migliorare.
Un’ estate al mare, voglia di remare, voglia di ballare sotto l’ombrellone è quello che ci resta di tanta speranza.

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