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giovedì, Aprile 18, 2024

ETF, la sostenibilità non è ancora la parola d’ordine

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Nel mondo finanziario, sono sempre più gli investitori che votano il proprio trading sulla sostenibilità, premiando quindi attraverso gli Exchange Traded Fund socialmente responsabili quelle realtà aziendali attente sia alle tematiche ambientaliste che al rispetto delle norme umanitarie. Il 2017, però, non è iniziato nel migliore dei modi per questa categoria di ETF: a confermarlo sono i dati di raccolta forniti da Morningstar, che nel suo studio ha evidenziato una raccolta semestrale di poco più di 370 milioni di euro a fronte dei 57,4 miliardi di euro generati dall’intero mercato finanziario europeo. Le statistiche danno quindi ancora “ragione” ai fondi passivi tradizionali, in cui gli investitori continuano a nutrire fiducia in attesa di valutare a pieno pregi e difetti di un investimento sostenibile ora fermo allo 0.65%.

Negli Stati Uniti uno strumento su due è gestito, e in Italia sono in tanti ad aver scelto gli ETF, soprattutto in considerazione di un importante mix di caratteristiche. Gli Exchange Traded Fund consentono infatti uno scambio continuo durante le giornate di apertura delle borse internazionali, una spiccata versatilità nell’ottica della diversificazione del portafoglio, l’efficienza in materia di costi legata alle Commissioni Totali Annue – decisamente più contenute di quanto i risparmiatori pagano con gli altri strumenti finanziari – l’ottimizzazione legata alla gestione passiva, un invidiabile grado trasparenza e l’assenza di rischi legati alle insolvenze.

Nonostante questa serie di vantaggi, però, gli investitori sono ancora poco attratti dalle forme finanziarie più sostenibili, premiando i replicanti a reddito fisso rispetto agli Etf azionari. La discriminante nella scelta, è dovuta sia alle differenze dell’ampiezza dell’offerta a disposizione, sia della differente natura degli strumenti. È infatti altamente probabile che coloro che cerchino un approccio finanziario votato alla sostenibilità non siano così portati per gli scambi in tempo reale, ma preferiscono strategie di lungo periodo. Al contempo, la penuria di indici obbligazionari con strategia ESG non consente una valutazione a tutto tondo di proposte finanziarie a reddito non variabile e con un approccio sostenibile.

Sono quindi anche i numeri a giustificare tale approccio: gli ETF a reddito fisso hanno incassato nel 2017 300 milioni di euro, a fronte dei 70 milioni dei 29 Etf azionari. Il risultato più importante è però quello legato ai riscatti dell’ETF Easy MSCI Europe della BNP Paribas, che dal primo gennaio al 30 giugno 2017 ha raccolto oltre 500 milioni di euro risultando il più importante prodotto finanziario di tipo sostenibili tra quelli presenti sul mercato. Il successo di questa iniziativa transalpina è legato a doppio filo ai suggerimenti della AFG sul blocco dei finanziamenti alle società di gestione che fabbricavano munizioni a grappolo e mine antiuomo. Questo approccio ha incontrato il placet degli investitori, che hanno premiato la scelta sottoscrivendo in massa questo ETF.

Se invece guardiamo ai replicanti, il primato nel semestre gennaio-giugno 2017 spetta all’UBS MSCI EMU Socially Responsible UCITS ETF, così attento alla sostenibilità da utilizzare un benckmark filtrato con 241 componenti del Msci EMU per ottenere una lista di 58 titoli. Il futuro della finanza è senza dubbio maggiormente votato alla sostenibilità, ma le scelte risicate e i costi eccessivamente elevati fanno ancora pendere la bilancia verso strumenti meno sostenibili dal punto di vista etico.

 

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