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mercoledì, Aprile 24, 2024

Esercizi di ristorazione chiusi, ma devono pagare la polizza per gli infortuni sul lavoro!

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Il caso. Le compagnie si rifiutano di “scontare” quella parte del premio

Non solo sono chiusi da marzo e forse potranno riaprire dal 1 giugno, con aggravio di spese e riduzione della clientela. Sempre se il governo darà il benestare e sempre se saranno nella condizione di riaprire… Tanto che proprio in questi giorni non si contano le manifestazioni di protesta. Ma oltre al danno c’è anche la beffa, ovvero un ulteriore danno: gli esercizi di ristorazione (e non solo) sono costretti, in un momento di collasso economico in cui nulla entra nelle casse, a pagare l’intero premio della polizza assicurativa a suo tempo sottoscritta, anche per la parte che copre gli infortuni sul lavoro. Già, anche per questo periodo di chiusura, quando ovviamente non può verificarsi alcun infortunio visto che non si lavora! E le compagnie di assicurazione a quanto pare non sentono ragioni. In assenza di linee guida da parte del governo. L’ennesimo, gravissimo paradosso tutto italiano, una palese ingiustizia che colpisce ancora una volta gli imprenditori, abbandonati a loro stessi. Purtroppo questa emergenza sanitaria – ed economica – è costellata di misure restrittive caratterizzate da dimenticanze e correzioni sulla pelle dei cittadini.

C’è però chi non ci sta. E ha dato mandato al proprio legale di vederci chiaro. L’avv. Nicola De Siano di Forio ha così inviato una richiesta di chiarimenti al Dipartimento Affari Giuridici e Legislativi del governo, all’Ivass (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni) e alla compagnia di assicurazione interessata. Ma come evidenzia esplicitamente nella nota, il caso della società sua cliente, un bar, è uguale a tutti gli altri nell’intero territorio italiano. Il nodo centrale è l’operatività delle coperture assicurative responsabilità civile conseguenti ad infortunio di addetti all’impresa. Ma l’avv. De Siano va oltre. E chiede al governo un contributo a sostegno delle attività commerciali la cui attività è stata sospesa.

Nella missiva si descrive il caso: «La società da me assistita svolge una attività di “bar” ed  ha aderito ad un  ”Contratto di assicurazione per la copertura dei rischi del Commercio”, stipulato con (omissis) – numero di polizza (omissis); l’art. 1 co.2 D.P.C.M. 11 marzo 2020 statuiva che “sono sospese le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie)”; Il contratto di assicurazione stipulato dalla mia cliente tutela la stessa – anche in questo periodo di “sospensione stabilita per decreto” – da alcuni rischi, quali ad esempio: la responsabilità civile derivante dalla proprietà di fabbricati; eventi dannosi come atti vandalici etc.;

Pur tuttavia va evidenziato come la citata polizza, nel prevedere contrattualmente la copertura assicurativa “(…) relativa anche ai rischi di responsabilità civile conseguenti ad infortunio di addetti all’impresa soggetti ad assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro.”, di fatto – in virtù del menzionato D.P.C.M. – prevede una copertura assicurativa per un rischio che non può verificarsi, in quanto l’attività d’impresa è sospesa e chiusa sia al pubblico che ai dipendenti nonché al titolare».

QUESITI IN ATTESA DI RISPOSTA

Una contraddizione che il legale evidenzia a chiare lettere: «A parere dello scrivente, a causa della sospensione imposta dal decreto, la società assicuratrice non sta offrendo alla mia assistita, in questo momento, la prestazione indicata in polizza relativa alla responsabilità civile degli addetti all’impresa (sia chiaro non per sua volontà, ma in quanto trattasi di una controprestazione, di fatto sospesa per decreto). Tuttavia la mia cliente continua a corrispondere ingiustamente la parte del “premio” di cui parimenti suo malgrado non sta beneficiando».

Le compagnie di assicurazione però rifiutano di applicare uno “sconto”. Il problema non lo hanno creato loro e se ne lavano le mani… «La società che assisto – scrive infatti il legale -, mio tramite, ha rappresentato la situazione sopra esposta all’agente di zona, il quale ha dichiarato di non poter concedere nessuna riduzione di prezzo per la mancata prestazione da parte della compagnia assicurativa, tanto meno di poter sospendere la polizza relativamente alla responsabilità civile per le maestranze».

Ecco dunque partire le richiesta di chiarimenti: «1) Nel caso di specie (attività sospesa per decreto, ovvero in assenza di rischio da responsabilità civile conseguente ad infortunio di addetti all’impresa) è legittimo che la compagnia assicurativa pur non dovendo offrire una copertura (per essere l’attività cui il rischio inerisce sospesa per legge), percepisca comunque il corrispettivo come se stesse offrendo la prestazione? 2) Nel caso di sospensione dell’attività disposta per decreto, l’imprenditore non può interrompere il contratto di assicurazione. E’ legittimo che il costo della polizza, per le parti in cui sia rispettato il sinallagma, debba essere interamente a carico del cliente e non anche dello Stato, che ha determinato tale provvedimento?».

Domande più che legittime. E l’avv. De Siano conclude: «E’ necessario un urgente e puntuale riscontro ai quesiti su esposti: lo scrivente ha citato questa azienda a titolo di mero esempio, ma non c’è dubbio che la questione interessi tutti gli imprenditori interessati dai provvedimenti di chiusura di cui al DPCM citato».

Qualcuno risponderà? Lo Stato si farà carico di questa ulteriore spesa? Difficile prevedere l’esito e i tempi di intervento. A chiudere tutto e subito si fa presto. Ma i nodi da sciogliere poi sono tanti e non ci si raccapezza più. Così l’economia muore.

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